“Noi eravamo infinito, adesso siamo passato”, una frase anonima campeggia su un muro di via Resuttana a Palermo, angosciosa nel suo colore purpureo, ora presagio di sangue, ora passione tormentosa per una città dai mille volti.
Ci vuole cuore per amare le proprie origini, ragione per vincerne le debolezze. Sembra questo il monito del gran bel romanzo “Palermo criminale. Il grande romanzo della città” (AA.VV., pp.273, €16,50, Laurana Editore, ottobre 2014) a cura dello scrittore palermitano Antonio Pagliaro, che ritorna dopo il suo ultimo libro “La notte del gatto nero” (Guanda, 2012) con un’antologia di storie noir sulla città tutto – porto, descritta a metà tra euforie di rinascita e ritorni al passato.
“C’era la speranza che tutto cambiasse”, in quel 2004 in cui il Palermo volava verso la serie A spinto dai gol di Toni e Corini, simbolo di un riscatto culturale e civile, “ma ormai è solo un ricordo”, stralciato dal sangue di una città dove la mafia, sullo sfondo, domina senza sparare un colpo, dove le cose tornano sempre al loro posto, per quella regola inesorabile della polvere di ferro attratta dalla calamita.
Omicidi, sparizioni, regolazioni di conti col passato e incidenti stradali che stravolgono le vite familiari, conditi con quel tanto di suspense e mimesi grottesca che non guastano mai, sono gli ingredienti dei dodici racconti che capitolo dopo capitolo descrivono l’anima nerissima di Palermo e dei suoi quartieri, una città che dietro la festa per la promozione della squadra del cuore nasconde pericolose ferite.
Vie del centro, chiese, finestre, pub e ristoranti caserecci diventano il quadro di un racconto corale e dolente, dove tutti i personaggi finiscono per diventare protagonisti. Si comincia con la signora Enza stanca di quella monotona vita matrimoniale al sesto piano del condominio di via Resuttana, e poi ancora con l’arcana sacrestia di padre Ginepro, con l’amore estremo di un serial killer per la sua prossima vittima e, infine, con il festino per la Santuzza che finisce nel sangue di un amore indicibile. Sono solo alcune delle storie che i dodici autori del libro (blogger, scrittori, giornalisti, insegnati) raccontano sotto l’egida dell’attento curatore Pagliaro, ultimo narratore dell’opera, con la storia – unica liberamente ispirata a fatti realmente accaduti - agghiacciante e commovente di una diciannovenne alla scoperta del proprio passato.
Scene forti, a tratti violente, personaggi che fanno rigirare su e giù il lettore dalla sedia, storie spiazzanti che scivolano dal previsto al colpo allo stomaco con una scrittura leggera e scorrevole. L’insieme dei racconti, pur distinto nelle sue parti, li accomuna quasi fossero pezzi di un unico puzzle, di un unico grande giallo di ordinaria criminalità con più assassini, ma perfettamente coerente.
Potrebbe sembrare l’ennesimo racconto di una Palermo incriminata per i suoi delitti, non solo di mafia - e del resto già iper-scrutata da numerosi autori nel corso della letteratura meridionale dal secondo Novecento ad oggi – ma c’è qualcosa che disturba e stuzzica in questa “Palermo criminale”, tessuta attorno allo struggente binomio passato-futuro, che poi non diventa altro che maggiore consapevolezza del proprio presente.
Ed è allora che il pessimismo del primo impatto alle storie si trasforma nel lettore in un caparbio tentativo di nuovo dialogo con la propria città, con la propria “palermitanità”: in fondo, tutti noi siamo deboli, ma la vera forza sta nel riconoscere le nostre debolezze. Ignorarle sarebbe stoltezza.
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