Quando i primi coloni fenici approdarono sulla costa settentrionale della Sicilia, rimasero affascinati dalla fertile conca attraversata da numerosi corsi d’acqua, un luogo ideale per l’insediamento. Tra questi, il fiume Kemonia spiccava per la sua rilevanza. Scendendo da Monreale e passando per la Fossa della Garofala a sud-ovest, il Kemonia attraversava il quartiere dell’Albergheria prima di sfociare nella Cala di Palermo. Con il suo regime torrentizio e le piene stagionali, che talvolta causavano inondazioni devastanti, il fiume era una risorsa cruciale per l’irrigazione e le necessità domestiche.
1. Ecco come doveva apparire l’area in cui sarebbe sorta Palermo, ai primi colonizzatori fenici nel VII sec. a.C.
Il promontorio che si estendeva tra le valli dei fiumi Kemonia e Papireto offriva un’area strategica per la fortificazione e lo sviluppo del primo nucleo urbano di Palermo. Protetto dai venti e dai nemici grazie alla posizione delle foci dei fiumi, questo promontorio divenne il cuore pulsante della città portuale. La futura Panormos (Πανόρμος), la “città tutto porto”, sorse proprio tra il Kemonia e il Papireto, in una zona ricca e fertile.
2. Si possono notare le faglie su cui si sono formate le valli fluviali dei fiumi Kemonia, Papireto e Oreto.
La valle del Kemonia prende il nome dal fiume che la attraversa, e la sua formazione è legata all’evoluzione tettonica della Sicilia occidentale. La faglia di Monreale, un graben che si sviluppa parallelamente alla linea di costa, ha avuto un ruolo fondamentale nella creazione di questa valle.
I movimenti tettonici hanno modellato la costa palermitana, formando valli lungo le fratture geologiche e creando un bacino idrografico che si estendeva da Monreale fino alla foce del fiume, presso la Cala. La stretta e profonda incisione della valle è il risultato dell’erosione intensa causata dalle acque torrentizie, alimentate da un vasto bacino che raccoglieva le piogge dalle montagne verso il mare.
Durante il periodo islamico, il Kemonia era conosciuto come Wādī al-Satāwi (fiume d’Inverno) e ha avuto un ruolo cruciale nella storia di Palermo, influenzando lo sviluppo urbano e l’economia della città. La sua evoluzione, segnata da eventi naturali e interventi umani, ha trasformato il fiume da risorsa vitale a elemento sotto controllo ingegneristico.
3. Pianta della città di Palermo intorno al X secolo d.C. Si può osservare il punto di confluenza dei fiumi Kemonia e Papireto (oltre via Roma) e come il paesaggio sia cambiato nel corso dei secoli.
Fino al Medioevo, la foce del fiume Kemonia si trovava nell’area compresa tra Piazza S. Anna e Piazza Borsa, caratterizzata da un ambiente estuariale. Durante le piene, il fiume trasportava grandi quantità di sedimenti che si accumulavano nella zona portuale. Questi depositi, provenienti sia dal Kemonia che dal vicino fiume Papireto, trasformarono progressivamente il paesaggio, contribuendo all’interramento della foce originaria, riducendo la dimensione del porto e spostando la linea di costa fino alla posizione attuale. Sondaggi recenti nelle aree di Piazza S. Anna e Piazza Borsa hanno rivelato spessori significativi di sedimenti alluvionali contenenti elevate percentuali di sostanze algali. Questi ritrovamenti suggeriscono che le acque marine penetravano nell’entroterra, mescolandosi con quelle fluviali del Kemonia e creando una sorta di laguna. L’ingresso al porto veniva progressivamente ostruito, trasformando l’area in un ambiente paludoso.
4. La Fossa della Garofala, l'antico alveo fluviale del fiume Kemonia.
Uno dei pochi resti dell’antico Kemonia è la Fossa della Garofala, oggi un ampio spazio verde di circa quindici ettari. Situata lungo l’antico alveo del fiume, la zona è caratterizzata da una conformazione infossata. Secondo lo storico Polibio, durante un episodio bellico, i Romani, guidati da Cecilio Metello, difesero Palermo contro le truppe cartaginesi di Asdrubale, che disponevano di elefanti da guerra. In questo luogo, i Romani costrinsero i Cartaginesi a guadare il fiume, dove furono facilmente bersagliati dai dardi e messi in fuga.
5. A sinistra, la deviazione del fiume Kemonia verso il fiume Oreto in una mappa del 1780; a destra, la diga di Ontìgola, così doveva apparire la Diga del Maltempo, costruita per proteggere Palermo dalle piene del Kemonia.
Nel XVI secolo, le frequenti piene del Kemonia divennero una minaccia per la sicurezza di Palermo, spingendo il Senato cittadino ad adottare interventi di canalizzazione. Tra i più significativi vi fu la costruzione della “Diga del Maltempo”, situata a circa 3 km dalle mura della città, progettata per proteggere Palermo dalle inondazioni deviando le acque del Kemonia verso il fiume Oreto. Tra il 1554 e il XVII secolo, nella parte urbana, il fiume venne deviato e tombato, trasformandosi in un corso sotterraneo con la realizzazione di uno smaltitoio in muratura, il Canale Porta di Castro, che divenne in parte una cloaca sotterranea per convogliare le acque verso la Cala.
6. A sinistra, il canale Porta di Castro e la tombatura del Kemonia in una mappa di fine Cinquecento; a destra, il corso del Kemonia in una mappa di fine Settecento, che, entrando in città attraverso Porta di Castro, scorreva ormai sotterraneo.
Nonostante questi interventi, le inondazioni continuarono a devastare le aree circostanti durante le piogge intense. Nel 1557, un’alluvione disastrosa causò circa quattromila morti, spingendo il Senato a realizzare ulteriori opere di bonifica, come la costruzione del Canale Badami, per agevolare il deflusso delle acque verso il fiume Oreto. Nel 1666, un’altra alluvione portò alla creazione dei “fossati del Maltempo”, canali scavati lungo le mura meridionali della città per facilitare il deflusso delle acque verso il mare. Tuttavia, come riportato dal Marchese di Villabianca, questi fossati non diedero l’aiuto previsto a causa dell’accumulo di detriti gettati dai cittadini “che sono nemici delle opere pubbliche” (evidentemente nel corso dei secoli, noi palermitani non siamo cambiati molto, n.d.a.) e della scarsa manutenzione, compromettendo il loro funzionamento.
Con la costruzione di Via Maqueda nel XVII secolo, parte delle paleovalli furono colmate per livellare la superficie della città. Questo progetto offrì al governo viceregio l’opportunità di bonificare le aree insalubri attorno ai fiumi Kemonia e Papireto. Tuttavia, nonostante i tentativi di modificare l’assetto idrografico, durante le piogge intense le acque tornavano (e tornano! n.d.a.) a incanalarsi nei vecchi alvei del Kemonia, evidenziando come le antiche valli fluviali continuino a influenzare il comportamento idraulico della città.
7. Del Kemonia non rimane ormai che qualche traccia e ricordo nella toponomastica.
Sebbene il fiume Kemonia non sia più visibile, alcuni toponimi ne ricordano la presenza storica. Via Ponticello, ad esempio, prende il nome dal ponte che un tempo attraversava il corso d’acqua. Un’altra strada che evoca il passaggio del Kemonia è Via Giardinaccio, situata tra Via Maqueda e Via Roma. L’area tra Ballarò e Porta Termini (oggi Via Garibaldi), un tempo caratterizzata da giardini, paludi e piccoli torrentelli, era nota come “giardinaccio”, da cui deriva il nome moderno della via.
Il fiume Kemonia ha avuto un ruolo cruciale nella storia e nello sviluppo di Palermo, contribuendo alla formazione della città e alla sua economia. Sebbene oggi il fiume scorra nascosto sotto le strade della città, la sua eredità storica e le trasformazioni idrauliche che ha subito rimangono una parte fondamentale del patrimonio di Palermo, segnando un legame indissolubile tra il passato e il presente della città.
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