Inizia sabato 24 febbraio “Lo sguardo consapevole” la nuova mostra per Ciminna Contemporanea, la rassegna di arti visive curata da Vito Mauro. E’ una personale dell’architetto nisseno Luca Iannì, Artista della fotografia rielaborata in post produzione e del cortometraggio.
“Lo sguardo consapevole” diventa così un viaggio alla scoperta degli universi possibili, che si aprono davanti a noi quando passiamo dalla banalità del guardare ad una osservazione intuitiva e libera di creare.
Al vernissage, sabato 24 febbraio 2024 ore 16:30 nel Polo Museale di Ciminna, interverranno: Vito Filippo Barone, Primo Cittadino di Ciminna; Michele Avvinti, Assessore alla Cultura; Nicola Vernuccio, Direttore Generale Città metropolitana di Palermo; Lorenzo Fruscione, Direttore Energia e Ambiente Città metropolitana di Palermo; Domenico Passantino, Docente di Lettere e scrittore; Massimiliano Reggiani Critico d’arte.
La mostra, a ingresso gratuito, rimarrà aperta fino al 10 marzo 2024
Di seguito la presentazione critica di Massimiliano Reggiani:
L’Artista nisseno Luca Iannì presenta, per Ciminna Contemporanea, “Lo sguardo consapevole”: un percorso visivo sul viaggiare, sul radicamento e sulla forza dell’immaginazione creativa. Iannì è architetto paesaggista, ha un talento per la fotografia, un’intuizione felice nel postprodurre le immagini, una cura attenta per la documentazione audiovisiva. Come normale nella sua professione s’interroga sullo spazio, sul movimento dell’osservatore e sulla sua capacità di penetrare e comprendere il messaggio.
“Lo sguardo consapevole” va visitato così: come un viaggio interiore che ci permette di rinnovare e acuire la visione; sicuri - nelle prime sale - di afferrare il senso della ricerca ci si accorge via via che l’osservare non ci appartiene, perché distratti da orizzonti vaghi, da un continuo muoversi che permette di sfiorare tutto senza trovare mai la vera meta.
La mostra parte con una splendida anteprima dalla ricerca “Lesioni”: fotografie rielaborate di fratture e fessurazioni che Iannì astrae dagli intonaci e da vecchi muri diroccati in una visione digitale virata al negativo che fa dell’ombra luce e di ogni granulo una piccola stella di una galassia immaginaria. Vi è un valore simbolico - il degrado che si trasforma in bellezza - lo straniamento per un segno greve che si trasforma in una danza libera da ogni peso visivo.
Si passa poi alla serie “Rinaturazione”, stampata su carta Hahnemühle di antica tradizione e sericea bellezza, in cui lo sguardo viene accompagnato verso la natura minimale, quella che cresce tra asfalto e marciapiede, sui terreni nudi di cantieri abbandonati, nella campagna troppo brucata, cotta dal sole e sfibrata dagli incendi di ogni estate. L’Artista trova nelle venature delle foglie, nel tripudio dei piccoli fiori inosservati, nelle spine protese, nelle tele di ragno, quella grazia e complessità che fa della composizione un trine, un ricamo, tracciato con la forza di un’acquaforte e la dolcezza di una velatura di colore.
Infine, dopo questa serie che fu esposta a Palermo ai Cantieri culturali alla Zisa e poi al Museo Antonio Pasqualino, ecco altri lavori ma non sono stampati: brevi audiovisivi, anteriori alle altre ricerche, montaggi che scorrono in successione, ripresi prima del lockdown pandemico e presentati al Museo d’arte contemporanea di Caltanissetta nel 2019. Erano stati definiti “… invito al passaggio” e diventano la chiave di lettura dell’attuale mostra. Dalla loro riflessione, dall’intuizione che il nostro sguardo sia viziato per abitudine dalla superficialità, dal disinteresse, dal preconcetto, Luca Iannì approda alle immagini recenti, allo “Sguardo consapevole” che buca il quotidiano e libera l’energia creativa individuale.
Anche il visitatore subisce questo precipitare fino alla nuova coscienza; è un viaggio catartico che culmina davanti ad uno schermo retroilluminato: una scatola nera, elettronica e tecnologica; è quasi una scultura con il mondo dentro. Lo schermo diventa così lo specchio rivelatore, che implacabile ci riflette e denuda.
“Naufrago” è il primo dei tre cortometraggi, voci raccolte dalla Capitaneria nel tumulto di un salvataggio in mare che si sovrappongono allo scorrere incessante del nostro viaggiare: in autostrada o ferrovia le due realtà si sovrappongono. Noi naufraghi benestanti, loro terrorizzati e stanchi, tutti accomunati da un correre cieco verso mete sconosciute: la speranza di un benessere che è al contempo scopo e miraggio.
“Fata Morgana” improvvisamente trova un significato al muoversi incontenibile: tutto si svolge, all’alba del giorno, sullo Stretto di Messina. I traghetti e le genti approdano sull’altra sponda, i mercantili attraversano, i pescatori attendono che arrivi la stagione del pesce spada. Ogni gesto si fa cadenza, una melodia si snoda accomunando ogni cosa: sarà la voce della Fata ora regina degli abissi? O il semplice canto del suo eterno divenire? Se il mito sostiene e avvolge, incanta e protegge, preserva e culla questo paesaggio sensibile che si apre come un fiore sul corpo lucente dell’onda, il nostro sguardo semplicemente ammira, ma ancora non comprende, solamente preserva.
Infine “17.13” due numeri per tradizione infausti, l’ora esatta del distacco, l’atterraggio fra campagne brulle di un volo di linea che si stacca dall’isola e porta l’Io narrante lontano, in una società diversa, estranea, remota. All’aeroplano che nella sua meccanica funzionalità rifugge il sentimento si contrappone un passeggero chino sul proprio ricordo. È una riflessione amorevole, protettiva - quel mare lontano, il calore e la battigia, l’acqua salsa e i profumi dell’orizzonte - sono la radice e diventano la forza, l’identità, il modello, il valore e l’ideale. Le tonnellate di acciaio e carbonio sono tenute in equilibrio dalla potente immaterialità di un ricordo.
Conoscere, identificarsi, comprendere e appropriarsi del proprio spazio, trovare il limite nell’estensione del gesto, avere nel corpo la misura, nello scopo l’equilibrio, nella piccolezza l’immensità e la pienezza della vita: sono alcuni elementi del guardare consapevolmente. Senza indulgere sulla nostalgia, senza delegare al mito o alla fiaba, senza necessariamente travalicare il fazzoletto di vita che ci è dato: basta una fessura per immaginare, una foglia per ricomporre uno spazio, un prato fiorito per smarrire il senso del tempo. L’Arte di Luca Iannì è filosofia espressa in righe e colori, è un’estetica del rinnovamento che sa trovare l’infinito dove quasi nessuno lo aveva cercato.
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