Inaugurata ieri pomeriggio a Palermo la mostra di Patrizia Mussa “Teatralità - Architetture per la meraviglia”, a cura di Antonio Calbi (Villa Zito, 7 giugno – 8 settembre). Al suo interno una sezione dedicata alle incisioni d’epoca dal titolo “Teatri antichi di Sicilia nella collezione di stampe e disegni della Fondazione Sicilia”, a cura dello storico dell’arte Sergio Troisi. Accolti dalla nuova presidente della Fondazione Sicilia, Maria Concetta Di Natale, e dal vice presidente Guido Gianferrara, giornalisti e ospiti hanno visitato la mostra promossa dalla Fondazione Sicilia, prodotta da Studio Livio con il sostegno di Gemmo spa e il patrocinio del Comune di Palermo e dell’Assessorato comunale alla Cultura. Alla cerimonia inaugurale hanno preso parte il presidente emerito Raffaele Bonsignore, Susanna Gemmo, presidente dell’omonima impresa, e Giorgio Vinciguerra (responsabile dell’azienda in Sicilia).
Di formazione fotografa d’architettura, Patrizia Mussa ci mostra oltre 70 immagini di grande formato con interventi di coloritura a mano che restituiscono un percorso di analisi sulla teatralità in architettura e sulla qualità scenica dei teatri di tutta Italia. Luoghi deputati “ad esercitare l’immaginario”, come scrive il curatore, e che l’artista rilegge e riconsegna in una luce nuova e piena di incanto. Dai primi teatri non provvisori di Vicenza, Sabbioneta (MN) e Parma - che segnano il passaggio dai teatri di corte agli edifici veri e propri - al Teatro alla Scala di Milano, dal Teatro San Carlo di Napoli al Teatro La Fenice di Venezia, dal Teatro Regio di Torino al Teatro Argentina di Roma, dal Teatro della Pergola di Firenze al Teatro Massimo di Palermo, unitamente ad alcune architetture che testimoniano la vocazione “teatrale” di certa architettura civile italiana: come la Reggia di Venarìa, quella di Stupinigi, la Reggia di Caserta, Palazzo Grimani a Venezia.
(Foto di Patrizia Mussa)
In mostra non sono solo fotografie descrittive del sontuoso patrimonio architettonico teatrale, ma è l’idea stessa del teatro quale “agorà sociale”, luogo per la comunità in cui riunirsi, guardare ed essere guardati, sorta di tempio laico “dove può affiorare l’intangibile – spiega il curatore Antonio Calbi – e dunque sono ambiti dell’anima, della visione e dell’ascolto (…) “spazi liminali” dove è possibile superare il dato reale per provare a sfiorare il mistero che si nasconde dietro le cose”.
Concepita come mostra itinerante e ancora “in divenire” – l’artista ha infatti in programma di completare il progetto con altri celebri teatri italiani - per l’esposizione a Villa Zito il progetto “Teatralità – Architetture per la meraviglia” si arricchisce di altre nuove opere ancora inedite: sono il Teatro greco di Segesta (II sec. a C.), uno dei gioielli del patrimonio archeologico dell’isola; il Teatro Politeama di Palermo; la settecentesca Villa Palagonia di Bagheria, visitata e resa celebre da Goethe nel suo Viaggio in Italia e nota già da allora per le eccentriche sculture di mostri che la decorano; il Teatrino settecentesco che, a inizio ‘900, Ottavio Lanza di Branciforte, principe di Trabia, portò con sé a Parigi facendolo smontare da Palazzo Butera e che oggi è allestito della sede parigina dell’Ambasciata d’Italia (rue de Varenne) in Francia; infine, per la prima volta nella produzione dell’artista, anche un edificio sacro, la Chiesa del Gesù di Palermo, della quale Mussa ha colto la spiccata teatralità dei volumi e dei decori.
A completare il progetto espositivo su Palermo, sempre sul tema dei teatri, è il cameo della Fondazione Sicilia che, attingendo alla sua ricca collezione d’arte, squaderna ai visitatori una selezione di incisioni d’epoca con la sezione “Teatri antichi di Sicilia nella collezione di stampe e disegni della Fondazione Sicilia”, a cura dello storico dell’arte Sergio Troisi.
In mostra sono stampe, disegni e volumi di viaggio (Jean Houel e Peter de Wint) che nella stagione tra fine Settecento e inizi Ottocento – l’epoca d’oro del Grand Tour - diedero un contributo decisivo alla riscoperta dei siti archeologici siciliani (Catania, Calatafimi, Segesta, Siracusa, Taormina), consegnando alla moderna cultura europea forme e modelli dello spazio scenico del mondo classico. Accanto a celebri vedutisti come Houel e ai taccuini di viaggio di Spencer Compton, figurano incisioni mai esposte di pittori, paesaggisti e litografi del XVIII e XIX secolo come Benoist, Berthault, Chatelet, Coiny Debris, De Morogues, Gigante, Leicht e Marinoni.
“Sono felice di inaugurare il mio mandato - afferma Maria Concetta Di Natale, nuova Presidente della Fondazione Sicilia - con una mostra fotografica di eccellenza, che ripercorre la storia e la trasformazione dei teatri non dimenticando le meraviglie della Sicilia. Una mostra arricchita da preziosi disegni e stampe sui teatri antichi dell'isola, di cui la Fondazione è custode e che in questa occasione sarà ancora più conosciuta dal pubblico per una maggiore diffusione e conoscenza”.
Dopo Palermo, la mostra di Patrizia Mussa “Teatralità - Architetture per la meraviglia” - che ha debuttato a Milano (Palazzo Reale) nello scorso dicembre - proseguirà il tour a Roma, Vicenza e, nella primavera 2025, a Parigi, nelle sale del settecentesco Hôtel de Galliffet, sede dell’Istituto Italiano di Cultura.
La mostra è accompagnata da un volume edito da Silvana Editoriale & Studio Livio, con testi di Antonio Calbi, Gabriel Bauret, Giovanna Calvenzi, Nicola Fano, Simone Percacciolo.
Visite dal giovedì alla domenica, dalle 10 alle 20 (ultimo ingresso ore 19).
Biglietti: intero 5 euro, ridotto 3.
LA MOSTRA
Nelle sue fotografie, Patrizia Mussa adotta un linguaggio che sembra, a prima vista, di natura oggettivante, per l’uso della luce naturale, la visione frontale, il fuoco totale, che si inseriscono in una calibrata “narrativa”, razionale e cristallina. Ma la fotografia è, per l’artista, solo il punto di partenza. Dopo aver fissato la veduta e realizzato la stampa su carta cotone, Patrizia Mussa interviene infatti con i pastelli colorati per ripercorrere i dettagli - rendendola molto simile a un dipinto o a un arazzo -, marcando così una distanza definitiva dal linguaggio meramente fotografico per approdare in un campo artistico ancora senza nome dove l’atto fotografico si unisce al gesto pittorico: “E la bella parola che definisce la scrittura con la luce, per il suo lavoro, non è sufficiente. Servirebbe un neologismo”, scrive infatti la storica della fotografia Giovanna Calvenzi nel suo testo in catalogo.
“Ne risultano figurazioni inedite – aggiunge il curatore Antonio Calbi – che appartengono alla concretezza dell’esistente e del suo dato storico e allo stesso tempo se ne emancipano, assumendo dimensioni altre, quasi metafisiche. […] I teatri fotografati e rielaborati da Patrizia Mussa sono quintessenze formali, poesia visiva, esistenzialismo pittorico senza figure umane”.
L’intento di questa particolare ricerca dell’artista non è restituire una catalogazione dell’architettura dei teatri italiani, quanto rivivere e restituire un’esperienza personale attraverso il gesto artistico: “Un lavoro di rigore e ripensamento – spiega la fotografa –, uno sguardo ad occhi socchiusi, l’innesco di un processo onirico, di smagliatura, di impoverimento, la ricerca di una radice, di un’anima, di un altro significato; una sorta di radiografia, di istantanea retinica o corticale, impressa su un velo sottile”.
Ciò che Patrizia Mussa offre al pubblico non sono quindi solo fotografie descrittive del sontuoso patrimonio architettonico teatrale italiano, ma l’idea stessa del teatro quale luogo per la comunità, in cui riunirsi, guardare ed essere guardati, sorta di tempio laico costruito “per l’immaginario – dichiara ancora Calbi –, luoghi dove può affiorare l’intangibile e dunque sono ambiti dell’anima, della visione e dell’ascolto, della realtà replicata in scena, affinché si possa meglio osservarla, e allo stesso tempo sono “spazi liminali” dove è possibile superare il dato reale per provare a sfiorare il mistero che si nasconde dietro le cose”.
Fonte Immagine: Palazzotto
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