Foto: Michele Pantano
Solo chiacchiere, tante chiacchiere, e zero riforme. Peccato che la Sicilia si governi con i fatti e non con le parole. Musumeci deve andarsene, per il bene dei siciliani”.
Lo afferma il capogruppo del M5S all’Ars, Giorgio Pasqua, che assieme agli altri 14 deputati 5 stelle ha messo nero su bianco la mozione di sfiducia al presidente della Regione, già annunciata qualche giorno fa in aula e che oggi sarà presentata agli uffici dell'Ars.
Dalla catastrofica gestione della cassa integrazione in deroga, al disastro del settore rifiuti; dalla mancata redazione dei piani di rientro del disavanzo, alla scriteriata gestione dei fondi europei, a quella, altrettanto fallimentare, delle partecipate; dalle nomine sbagliate, alla totale assenza delle tanto strombazzate riforme: l'azione dell'esecutivo Musumeci, secondo i parlamentari 5 stelle, è stata un rosario di fallimenti, una litania ininterrotta di tracolli, messi nero su bianco dal Movimento in otto pagine A4, ai sensi dell’articolo 10 dello statuto della Regione Siciliana.
“In Aula – afferma Pasqua – Musumeci, la scorsa settimana, ha fatto una sorta di autocelebrazione del nulla, peccato che la Sicilia che ha tratteggiato non esista nella realtà, e basta soltanto guardarsi attorno per potersene rendere conto”.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso ricolmo delle intollerabili inefficienze del governo Musumeci è stata la consegna, fatta dal presidente della Regione, dell'assessorato dei Beni culturali e dell'identità siciliana alla Lega, “un partito – affermano i deputati 5 stelle - che da sempre mortifica ed oltraggia il popolo siciliano. L’operazione è stata realizzata in base a mere convenienze politiche e a interessi che poco hanno a che vedere con l’interesse per il nostro patrimonio monumentale e artistico, e nonostante le reiterate e numerose proteste sollevate da tanti siciliani, etichettati da Musumeci come un gruppetto di poveretti con problemi personali e familiari".
“Tutto questo - dice Pasqua - a brevissima distanza dallo scandalo che ha travolto, con numerosi arresti, la sanità siciliana, evidenziando altre nomine sbagliatissime operate dall’esecutivo Musumeci, quelle di Candela e Damiani, colpevolmente collocati in posti chiave della sanità dell’isola, quando all’interno dello stesso esecutivo le perplessità su questi nomi non dovevano essere poche, visto che il primo era stato escluso dal novero dei manager della sanità e il secondo non doveva aver brillato ai vertici di quella Centrale unica di committenza che lo stesso governo giudicava fallimentare, tanto da volerla delocalizzare”.
“Anche volendoci sforzare - dicono i deputati del M5S sottoscrittori della mozione - al giro di boa della legislatura non troviamo veramente nulla di buono tra le cose realizzate, né c’è traccia delle riforme tanto strombazzate da Musumeci in campagna elettorale. In compenso sono tantissime le enormi criticità evidenziate dall’azione e dall’inazione del governo, delle quali, per praticità, abbiamo elencato solo le più importanti ed evidenti”.
Queste le principali motivazioni alla base della sfiducia.
Assessorato ai Beni culturali e all’identità siciliana alla Lega.
L’avere regalato ad un partito che ha sempre snobbato e dileggiato i siciliani l’assessorato che più di ogni altro rappresenta le radici della cultura isolana è inaccettabile per il M5S, come per tantissimi siciliani, che hanno protestato a gran voce ed avviato anche diverse petizioni on line per chiedere le dimissioni di Musumeci. “Il governatore- dicono i deputati -non solo ha fatto orecchie di mercante, ma anche avuto parole offensive per coloro che hanno manifestato il proprio legittimo disappunto”. Le recenti dichiarazioni di Salvini, secondo cui la Lega avrà il compito di gestire le Sovrintendenze del mare e quelle provinciali, secondo il M5S, dimostrano inoltre come il Carroccio stia puntando ad uno degli snodi chiave del potere della Regione.
Nomine Candela e Damiani, due clamorosi scivoloni.
Non c’è dubbio, secondo il M5S, che le nomine di Candela e Damiani, due tra le principali figure travolte dal recente scandalo che ha investito la sanità siciliana, siano un clamoroso scivolone del governo Musumeci. E questo nonostante all’interno dell’esecutivo non dovrebbero essere mancate le motivazioni a cassare queste figure. Infatti non si spiegherebbe altrimenti l’esclusione di Candela dal giro di nomine dei direttori generali, mentre Damiani, prima di approdare al timone dell’Asp di Trapani, non deve aver brillato ai vertici della Cuc, struttura della quale il governo Musumeci meditava la delocalizzazione per inefficienza.
Disastro della cassa integrazione in deroga e mancato avvio concorsi per potenziamento centri per l’impiego.
I clamorosi ritardi della cassa integrazione in deroga hanno rappresentato un vero e proprio calvario per i siciliani, che hanno dovuto aspettare molto di più dei lavoratori delle altre regioni per riscuotere quanto loro dovuto. Basti pensare che la Sicilia è stata la diciottesima regione italiana ad inviare all’Inps i flussi e che la lavorazione delle pratiche ha viaggiato sempre a ritmi lentissimi e, pertanto, inaccettabili. A velocizzare la lavorazione delle pratiche, secondo il M5S, avrebbe potuto contribuire il personale previsto per il potenziamento dei centri per l’impiego, se solo i concorsi relativi (che avrebbero potuto determinare ben 1135 assunzioni in una terra affamata di lavoro) fossero stati portati a compimento, come avvenuto in altre Regioni.
Piano rifiuti inadeguato e ricco di criticità.
Una delle principali criticità del piano rifiuti presentato da Musumeci nel 2018 è quella di essere legato a quanto previsto in un ddl mai approvato dall’Ars e non, come dovrebbe essere, a precise normative vigenti. Il piano, inoltre, non contiene alcuna determinazione in tema di prevenzione e riduzione dei rifiuti, di gestione di rifiuti speciali e di bonifiche e si caratterizza per l’assenza di una vera pianificazione impiantistica, E’ vago, inoltre, sugli inceneritori, la cui realizzazione non viene esclusa. A ciò va aggiunta l’assenza di un piano regionale di gestione dei rifiuti urbani aggiornato.
Spalmatura disavanzo certificato da Corte dei conti non credibile.
Il governo Musumeci non si è mai mostrato credibile agli occhi del governo centrale sul versante della spalmatura del disavanzo certificato dalla Corte dei Conti (1 miliardo e 26 milioni circa) per l’esercizio finanziario 2018 e definito dalla magistratura contabile il più alto della serie storica in contabilità armonizzata. Per tale disavanzo, lo Stato, con decreto legislativo n.158 del dicembre 2019, ha concesso alla Regione Siciliana , evitandone il default, la spalmatura in 10 anni, a condizione che venissero sottoscritti impegni precisi per il rientro. Tale periodo poteva essere ridotto a tre anni, qualora Stato e Regione avessero sottoscritto un accordo contenente specifici impegni di rientro. Nonostante tale prescrizione il governo Musumeci non ha mai varato un piano di riforme tale da far intendere al governo nazionale la reale volontà di sanare il bilancio.
Gestione fallimentare delle società partecipate.
L’operato del governo Musumeci in ordine alla gestione delle società partecipate è privo di coerenza sotto l’aspetto finanziario, economico e patrimoniale, ma, soprattutto, è inidoneo ad assicurare una efficiente programmazione strategica, sia nel breve che nel lungo periodo. La Regione continua, infatti, a rimanere vincolata ad inutili logiche di soccorso finanziario, sganciate da serie valutazioni sull’effettiva capacità delle società a rimanere nel mercato e a realizzare condizioni di equilibrio economico. Allo stesso tempo, come evidenziato dalla Corte dei Conti, non è stata mai compiuta un’analisi in ordine ai contributi erogati dalla Regione, non sempre in linea con il dettato normativo. Il giudice contabile ha, altresì, messo in luce, in più occasioni, come le società partecipate dalla Regione si siano dimostrate geneticamente prive di sostenibilità economica.
Fondi europei, macchina ferma.
Il governo Musumeci non ha saputo mettere in moto la macchina dei fondi europei, raggiungendo con enormi difficoltà i target di spesa minimi alla fine di ogni anno, e non riuscendo ad utilizzare pienamente l’unico volano di sviluppo della Sicilia. Ogni anno sono stati raggiunti, con enormi difficoltà e con sotterfugi tecnici, i target di spesa annuali minimi. Per il PO Fers la spesa certificata dalla Sicilia è stata di appena il 28,47% della dotazione, mentre per il PO FSE di appena 23,35%. La spesa dei fondi europei è ferma al dicembre del 2019 e non si spiega il perché quella poca spesa certificata avviene sempre e solo a dicembre. Su 1.216.500.000 euro di finanziamento dell’asse relativo all’innovazione e alla ricerca, solo il 5% della dotazione prevista è stato speso. Per molte somme non spese non c’è nemmeno impegno di spesa, cioè non si è attuata nessuna procedura per utilizzarle. Un quadro per nulla positivo che sarebbe addirittura peggiore se le percentuali di quanto speso fossero depurate dai progetti ‘retrospettivi’, che vengono utilizzati come un mero ‘artificio contabile.
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