“Stato di diritto, democrazia, diritti fondamentali e legalità sono grandi valori dell’Unione Europea messi in pericolo da gruppi criminali sempre più attivi su scala transfrontaliera e a fronte di questo, malgrado i progressi della legislazione europea negli anni recenti, permangono lacune e differenze tra le normative degli stati membri di cui la criminalità organizzata è la prima ad avvantaggiarsi. È indispensabile un’azione di contrasto unitaria a livello europeo, a cominciare dall’introduzione di una nuova nozione giuridica comune di criminalità organizzata e di un obbligo di incriminazione delle organizzazioni criminali che si avvalgono di condotte collettive violente, intimidatorie e corruttive”.
Così ieri sera al Parlamento Europeo, a Bruxelles, Caterina Chinnici ha introdotto la conferenza “I valori europei nel settore sicurezza, libertà e giustizia”, organizzata dall’eurodeputata di S&D in occasione del 95° anniversario della nascita del padre Rocco. Sui risvolti contemporanei dell’impegno di Rocco Chinnici, ideatore del pool antimafia e precursore dei metodi di indagine dell’antimafia moderna, ucciso dalle cosche il 29 luglio del 1983, si sono soffermati Věra Jourová, vicepresidente della Commissione Europea con deleghe ai valori e alla trasparenza, il presidente della commissione Libe Juan Fernando López Aguilar, Giovanni Chinnici, presidente della Fondazione Rocco Chinnici e anche lui figlio del giudice che fu a capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, e ancora il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho.
“Rocco Chinnici comprese che con le indagini patrimoniali si poteva contrastare la mafia, quella forte, quella che stringe i legami con la politica – ha detto Cafiero De Raho – e per questo creò un gruppo nel quale volle con sé Giovanni Falcone, che a quel tempo nel processo civile si occupava di fallimenti e bilanci delle società. Incontri come questo ci fanno pensare agli uomini come Rocco Chinnici che hanno creduto nello Stato, così come noi crediamo nell’Europa, e che hanno posto la libertà di tutti davanti alla propria vita: su questo occorre riflettere, perché i buoni devono essere messi in condizione di lottare per raggiungere, con il contributo e lo sforzo di tutti, l’obiettivo che quegli uomini ci hanno indicato e per il quale hanno dato la vita”.
Il procuratore nazionale antimafia ha poi parlato di criticità nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata su scala europea. “Oggi l’organizzazione più forte è la 'ndrangheta – ha detto Cafiero De Raho – perché la mafia ha voluto ingaggiare una guerra con lo Stato, e chiunque faccia questo è perdente: quando lo Stato vuole indebolire o annientare un’organizzazione criminale riesce a farlo, basta impegnarsi e mandare gli uomini migliori. Questo è stato fatto per indebolire «cosa nostra» e si sta ora cercando di farlo con la 'ndrangheta che nel frattempo, da quando ha messo da parte l’idea di attaccare lo Stato, si è allargata sempre di più, arricchendosi grazie al traffico di droga e ad altre attività attraverso reti internazionali che vanno dall’Italia all’Olanda, dal Canada all’Africa, reinvestendo poi il denaro ricavato per entrare in molti paesi, per esempio Germania e Belgio”.
“La capacità di contrasto non è proporzionata – ha proseguito Cafiero De Raho – e quasi non c’è la giusta sensibilità in Europa. Lo dimostra fra l’altro il mantenimento di certe barriere. Le legislazioni interne di alcuni paesi consentono l’arrivo degli investimenti dell’economia mafiosa, si tratta di paradisi normativi e ne troviamo anche in Europa, e a questi paesi l’Unione Europea dovrebbe dire di adeguarsi a determinati standard. Ci sono stati passi in avanti ma per alcuni aspetti sembra non ci si renda conto delle debolezze che l’Europa ha di fronte alla criminalità organizzata. Per esempio, si porta avanti sempre e comunque la protezione dei dati personali come panacea di ogni male quando invece sulla protezione dei dati personali la mafia, la corruzione e ogni forma di criminalità si ingrassano. La tecnologia avanza, con il 5G le comunicazioni non sono più intercettabili, i service provider non danno assistenza ma l’Europa ancora non si impone. Ora se ne sta occupando, ma con dei limiti: se il provider o service prende sede in un paese, solo l’autorità giudiziaria di quel paese acquisisce i dati, mentre le autorità degli altri paesi per averli devono passare da una rogatoria. Spazio di giustizia non significa creare una doppia barriera costituita dal service provider e dall’autorità giudiziaria locale. Problema analogo sussiste per le segnalazioni di operazioni sospette in materia di riciclaggio, e anche in questi casi prevalgono segretezza e riservatezza: perché queste segnalazioni non diventano patrimonio comune di tutti i paesi? Non va dimenticato che la libertà è anche quella economica – ha concluso il procuratore nazionale antimafia – e ogni violazione commessa indebolisce l’economia sana a vantaggio di quella mafiosa. Se non convinciamo l’Europa a intervenire su questo, consentiremo alle mafie di impadronirsi dell’economia e in tal modo gli uomini non saranno liberi ma servi”.
L’evento si è concluso con il “Concerto per la legalità” della Fanfara del 12° Reggimento Carabinieri Sicilia, diretta dal maresciallo maggiore Paolo Sena. Presente anche il generale Carmelo Burgio, nuovo comandante interregionale “Culqualber”.
Capo dell’Ufficio istruzione del tribunale di Palermo, Rocco Chinnici fu ucciso in un agguato mafioso il 29 luglio 1983: un’automobile imbottita di tritolo fu fatta esplodere davanti all’abitazione del giudice, appena uscito da casa per recarsi al lavoro. Con lui morirono anche i Carabinieri Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, addetti alla sua tutela, e Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile. Rocco Chinnici è considerato tra i padri dell’antimafia moderna per gli innovativi metodi di indagine con i quali si oppose alla criminalità organizzata: la visione d’insieme e multilivello applicata alle inchieste sui fatti di mafia, la costituzione del gruppo di lavoro poi denominato pool antimafia nel quale condividere le informazioni sui singoli fascicoli, le prime indagini patrimoniali e bancarie, l’assunzione del coordinamento delle attività investigative svolte dalla polizia giudiziaria.
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