Un incontro interlocutorio. Laconiche le valutazioni che emergono sul colloquio al Quirinale tra il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ieri sera salito al Colle per riferire al Capo dello Stato le sue valutazioni dopo la due giorni a Camera e Senato conclusasi con l'incasso della fiducia, al di sotto della maggioranza assoluta però a Palazzo Madama. L'incontro è durato poco meno di un'ora, Conte è poi rientrato a Palazzo Chigi.
Il premier avrebbe esposto quanto emerso durante il vertice di maggioranza con i capi delegazione e i leader di partito, vale a dire la volontà di allargare il perimetro della coalizione. Un obiettivo che richiede naturalmente un lavorio di alcuni giorni, durante il quale il capo dell'esecutivo sarebbe intenzionato a mantenere l'interim all'Agricoltura, prima di prendere decisioni complessive sulla squadra di governo.
Mattarella avrebbe soprattutto ascoltato, anche se la posizione del Capo dello Stato è nota: geloso custode del suo ruolo di arbitro e rispettoso delle dinamiche politiche e istituzionali relative al rapporto tra governo e Parlamento, non può tuttavia evitare di sottolineare la necessità di non perdere tempo, perché il Paese ha bisogno di un esecutivo con una maggioranza coesa, in grado di rispondere ai drammatici problemi posti dalla pandemia sul piano economico, sanitario e sociale. Un'esigenza che, come affermato più volte, chiama in causa la responsabilità di tutte le forze politiche, sociali ed istituzionali, ciascuno nel suo ruolo.
Quindi Conte verifichi se effettivamente ci sono margini per poter continuare la sua esperienza a palazzo Chigi, ma certo l'attesa non può essere infinita. Anche perché il centrodestra continua a premere sul Capo dello Stato, pronto a chiedere udienza al Quirinale per "rappresentare al Presidente della Repubblica il proprio punto di vista sulla situazione che è ormai insostenibile".
Non solo. Esponenti dell'opposizione continuano a ripetere che all'indomani delle elezioni non fu consentito al centrodestra di verificare la possibilità di formare un governo, come ha ricordato oggi Fabio Rampelli, riportando quanto i leader affermarono durante le consultazioni. Altri, invece, come Maurizio Gasparri, sottolineano che nel 2011 Silvio Berlusconi fu sollecitato a dimettersi, dopo che alla Camera il governo aveva ottenuto il via libera sul rendiconto generale dello Stato con 308 voti, al di sotto della maggioranza assoluta.
Fonte: Adnkronos
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