Nel 2023 in Italia quasi 430mila persone si sono trovate in condizioni di povertà sanitaria, e hanno dovuto chiedere aiuto a una delle realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure.
Un dato che, secondo l'11esimo rapporto "Donare per curare - Povertà sanitaria e donazione farmaci", è aumentato del 10% rispetto allo scorso anno, quando le persone in situazioni di povertà sanitaria erano state 386mila. I dati sono stati presentati in un convegno promosso da Banco Farmaceutico e Aifa.
Mentre la spesa farmaceutica delle famiglie aumenta, la quota a carico del Servizio sanitario nazionale diminuisce. Nel 2022, infatti, la spesa sanitaria totale è pari a 22,46 miliardi di euro, 2,3 miliardi in più (+6,5%) rispetto al 2021 (quando la spesa era di 20,09 miliardi). Tuttavia, solo 12,5 miliardi di euro (il 55,9%) sono a carico del Ssn (erano 11,87 nel 2021, pari al 56,3%). Restano 9,9 miliardi (44,1%) pagati dalle famiglie (erano 9,21 nel 2021, pari al 43,7%). Significa che, rispetto all'anno precedente, le famiglie (povere e non solo) hanno pagato di tasca propria 704 milioni di euro in più (+7,6%). In sei anni (2017-2022), la spesa sanitaria e farmaceutica carico delle famiglie è cresciuta di 1,84 miliardi di euro (+22,8%).
A sostenere di tasca propria l'aumento sono tutte le famiglie, non solo quelle povere, che devono pagare interamente il costo dei farmaci da banco a cui si aggiunge - salvo esenzioni - il pagamento dei ticket. "Quest'anno - ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Ets - ci preme sottolineare che tante persone in condizioni di povertà non riescono ad accedere alle cure non solo perché non hanno risorse economiche, ma anche perché, spesso, non hanno neppure il medico di base, non conoscono i propri diritti in materia di salute, o non hanno una rete di relazioni e di amicizie che li aiuti a districarsi tra l'offerta dei servizi sanitari".
A compromettere lo stato di salute delle famiglie povere in difficoltà economiche contribuisce la rinuncia a effettuare visite specialistiche, che è cinque volte superiore al resto della popolazione. "Senza gli enti del Terzo settore (e, in particolare, senza le migliaia di istituzioni non profit, di volontari e di lavoratori che si prendono cura dei malati) - ha aggiunto Daniotti - non solo l'Ssn sarebbe meno sostenibile, ma il nostro Paese sarebbe umanamente e spiritualmente più povero".
Il rapporto in proposito ricorda che le non profit attive prevalentemente nei servizi sanitari sono 12.578 (e occupano 103 mila persone). Di queste, 5.587 finanziano le proprie attività per lo più da fonti pubbliche. Tenendo conto di questo solo sottoinsieme, il non profit rappresenta almeno un quinto del totale delle strutture sanitarie italiane (oltre 27.000), generando un valore pari a 4,7 miliardi di euro.
Si conferma, infine, la relazione circolare tra povertà di reddito e povertà di salute: la percentuale di chi è in cattive o pessime condizioni di salute è più alta tra chi si trova in condizioni economiche precarie rispetto al resto della popolazione (6,2% rispetto al 4,3% nel 2021). La qualità della vita legata a gravi problemi di salute, inoltre, è peggiore per chi ha meno risorse rispetto a chi ha un reddito medio-alto (25,2% rispetto al 21,7%). Le risorse economiche non preservano, di per sé, da gravi patologie (specie all'aumentare dell'età), ma consentono di fronteggiarne meglio le conseguenze.
Fonte: TGCOM24
Fonte Immagine: Freepik
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