A quanto pare in Italia le cose non stanno migliorando poiché la violenza sulle donne è stabile e ancora molto diffusa, la percentuale di chi denuncia è bassa. Picchiate, sfruttate, violentate o uccise spesso tra le pareti domestiche, le donne, oggetto di violenza di genere, riempiono ancora oggi le statistiche della soppressione fisica per mano assassina. Il movente principale riferito è quello passionale, cui seguono il raptus, le liti, i disturbi psichici dell’autore e la condizione di grave disagio fisico, mentale o sociale della vittima. La violenza all’interno della famiglia si esprime in atti di aggressione fisica tramite schiaffi, pugni, calci e percosse, abuso psicologico (intimidazione, svalutazione e umiliazione costanti) rapporti o pratiche sessuali forzati, isolamento dalla famiglia d’origine e dagli amici, controllo dei movimenti, limitazione economiche.
Di questo cancro sociale che occupa troppo spesso le pagine dei giornali, ne parliamo con il magistrato Mirella Agliastro, Consigliere della Corte di Cassazione a Roma, alla quale rivolgiamo alcune domande:
Le vittime ed i loro aggressori hanno un particolare identikit?
Assolutamente no. Appartengono a tutte le classi sociali e culturali, a tutti i ceti economici, e gli abusi e le violenze sono commessi nella maggior parte dei casi all’interno della famiglia: per mano del padre, fratello, marito, suocero e genericamente dai membri della società in cui vivono. Gli odierni flussi migratori, poi, hanno grande peso nell’evoluzione dei modelli familiari, con l’emergere di due situazioni: la famiglia immigrata (o di immigrati) e la famiglia multietnica, entrambi portatrici di particolari problematiche e rischi. Il primo modello è rappresentato da nuclei familiari poi trasferitisi in Italia. Fra i tanti fattori che possono innescare fenomenologie violente ha un forte rilievo il confronto fra culture, che può divenire scontro. Le famiglie multietniche o “miste” a differenza di quelle immigrate, compiono a priori una scelta nei confronti della multiculturalità, anche se poi nella realtà del vissuto quotidiano possono emergere o esplodere le conflittualità inizialmente represse o minimizzate. Non si accetta la presenza della donna in tutti gli ambiti della società, non si accetta la valorizzazione del ruolo e della soggettività femminile. E allora l’uccisione di una donna in quanto tale, non è affatto frutto di un raptus o di un delitto passionale, ma ha come movente “l’essere donna” che l’aguzzino deve dominare perché sente assai spesso verso di essa un senso sotterraneo, ma da lui percepito, di inferiorità.
L’espressione “ruota della violenza” cosa vuol significare?
Indica in psicologia un fenomeno endofamiliare di sorprendente ciclicità, secondo cui, ad un episodio di esplosione di violenza segue la fase delle scuse, del pentimento, in cui l’uomo cerca di impietosire la compagna con promesse e corteggiamento in cui da entrambe le parti si ricrea un clima idilliaco, nella speranza di dimenticare l’episodio violento e la donna si ripromette di evitare le situazione di conflitto. Ma quando l’uomo percepisce di avere di nuovo la donna in pugno, il “ciclo della violenza” ricomincia più aggressivo di prima, le fasi acute e critiche si ripetono ad intervalli sempre minori, e la ruota riparte. A tale alternanza può corrispondere la presentazione della querela ed il successivo ritiro o la remissione prima del processo, o in corso di indagini. È per questo che la nuova legge (n.119/13 di conv. del D.L. n.93/13) prevede che la revocabilità della querela per il reato di atti persecutori e violenza sessuale debba essere attivata solo in presenza di determinati requisiti: la remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art. 612 co.2 c.p. (il reato di maltrattamenti, al contrario, è perseguibile d’ufficio).
Quali sono le statistiche sulla violenza di genere?
Statistiche affidabili rivelano che il delitto avviene, nella maggior parte dei casi (33,3%), all’interno dell’abitazione della donna o comunque in un luogo familiare alla donna. L’arma del delitto può essere: arma da taglio nel 30% circa dei casi, arma da fuoco nel 25%, percosse nel 5%, armi improprie, come oggetti contundenti, asce, accette nel 15%, asfissia nel 10%, altre modalità nel 5%.
Quanto al movente, le cause e le percentuali sono le seguenti: separazione, 14% dei casi, conflittualità, 21%, raptus,4%, gelosia dell’autore, 10%, rifiuto relazione/rapporto sessuale, 3%, vendetta, 3%,questioni economiche/lavorative, 7,50%, malattia fisica/psichica della donna, 4% problemi psichici dell’autore, 3% circa.
Gli autori del delitto sono spesso: marito (30% dei casi), convivente (6%), ex fidanzato (9%), fidanzato (5%), ex marito (4%), ex convivente (3%) figlio (6%), ex datore di lavoro (0,83%), fratello (21%), ex genero (0,83%), compagno (4%), consuocero (0,83%), amante (0,83%), amico (1,67), cliente (1,67%), collega di lavoro (2,5%), padre (1,67%), vicino di casa (1,67%), sconosciuto (3,33%), nipote (2,5%) genero (0,83%).
La Sicilia è tra i primi posti per violenza sulle donne?
Assolutamente no. I casi di violenza riguardano maggiormente il centro nord. Poi ci sono anche luoghi particolarmente violenti come ad esempio in Messico, precisamente a Ciudad Juàrez dove, dagli anni novanta del secolo scorso, sono state centinaia le donne uccise da uomini e altrettante sono quelle scomparse. Ciudad Juàrez è considerata la città più pericolosa al mondo, per le donne e non per vicende legate al narcotraffico e ai poteri illegali, bensì perché le vittime sono donne in un paese dove dominano gli uomini. Gli studi dicono che la violenza sulle donne non è solo frutto di una insoddisfazione personale o di coppia, ma affonda le radici in modelli culturali arcaici di cui gli uomini sono portatori, e la violenza è soprattutto un modo distorto per riappropriarsi di un "ruolo gerarchicamente dominante". Le radici della moderna violenza stanno altresì nella fragilità dei ruoli e della relazione. Si parla oggi di rapporti “liquidi”, facilmente sgretolabili alle prime difficoltà della vita di coppia o connesse alle responsabilità genitoriali, o ai problemi lavorativi.
È possibile che ancora oggi in molti Stati le ragazze siano vittime di matrimoni coatti, matrimoni riparatori o costrette alla schiavitù sessuale, oppure vengano indotte alla prostituzione forzata o siano vittime di tratta?
Purtroppo è ancora una triste realtà. Esistono tuttora forme di violenza arcaiche, quali le mutilazioni genitali femminili, in paesi quali Egitto, Eritrea, Gibuti, Guinea, Mali, Sierra Leone, Somalia, Sudan del Nord, insieme ad altri tipi di mutilazioni e violazioni dei diritti umani come l'uso dell'acido per sfigurare i volti, lo stupro di guerra o etnico, etc..
La donna, inoltre, da sempre è vittima della tratta a fini di prostituzione e nella maggior parte dei casi, ciò configura una schiavitù realizzata privando le vittime dei documenti e minacciando pesantissime ripercussioni sui loro parenti in caso di ribellione. Alle forme tradizionali della tratta, si è poi aggiunto il turismo sessuale che al posto di portare le donne ai clienti, porta i clienti alle donne. Quanto al problema delle mutilazioni, la gravità è testimoniata anche dalla necessità di istituire la Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili che ricorre il 6 febbraio di ogni anno.
In questi ultimi tempi, più che mai si parla della tratta degli esseri umani. Un fenomeno in espansione, perché costituisce una delle fonti di reddito più interessanti per il crimine organizzato trans nazionale e da considerare secondo soltanto al business illecito globale del narcotraffico.
Secondo la Caritas e altre organizzazioni umanitarie lo sfruttamento e la tratta degli esseri umani colpisce prevalentemente i migranti irregolari ed in particolare le nigeriane le quali vengono picchiate, violentate e soggiogate con modalità che possono essere definite vere e proprie torture, (minori a cui viene tolto lo scalpo, donne con segni di bruciature di sigarette o da ferro da stiro etc.), ed ancora rumene, albanesi , sudamericane, marocchine e cinesi.
Poiché per migrare occorrono oltre a 70.000 euro, queste donna dovranno guadagnare offrendo il proprio corpo a tutte le ore del giorno e della notte. Lo sfruttamento a fini sessuali sembra essere la forma di tratta degli esseri umani maggiormente presente in Italia, seguito dal traffico per motivi di lavoro.
Si parla spesso del dramma delle spose bambine che comincia a risvegliare le coscienze. Di cosa si tratta?
Succede in Afganistan dove le donne vengono promesse in sposa già da piccole e non possono ribellarsi alla richiesta di rapporto sessuale, secondo una legge rivolta alle donne di religione Sciita (la comunità Sciita ha un diritto di famiglia separato).
Di fatto il 52% delle mogli afgane sono bambine. E più il marito è anziano più l’età delle spose si abbassa. A tale dovere di prestazione sessuale si affianca il divieto imposto alle donne di uscire, cercare lavoro e andare dal medico senza il permesso del marito.
L’ultima concessione degli organi del governo era stato l’innalzamento dell’età minima per il matrimonio da 9 a 16 anni. Lo stesso profeta Maometto sposò Aishia quando aveva 9 anni.
Spesso sono l’ottava, la nona o la decima moglie, e poi costrette a parti precoci.
Un’altra novità normativa sempre nel paese afgano è che la violenza del marito non sono considerate un crimine ed ora una nuova legge vieterà alle mogli di denunciare coniugi e parenti. Infatti in Afganistan la violenza sulle donne è un diritto.
Quest’ultima legge già approvata dal Parlamento locale, non permetterà neppure alle donne di testimoniare contro mariti e parenti, né sorelle e figlie potranno più denunciare i familiari che le torturano. E ciò in omaggio alle leggi dei potentissimi talebani.
Secondo l’osservatorio delle N.U. Womens e Right sono 127 i paesi al mondo che non condannano la violenza sulle mogli, tra cui Cina, India Pakistan, Afganistan, Arabia Saudita, ma anche nei paesi quali la Russia o l’Ungheria. In quest’ultimo paese il maltrattamento in famiglia è reato solo dal luglio 2013.
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