Con all’attivo due romanzi gialli e due raccolte di racconti, Carlo Barbieri ha presentato il suo terzo giallo, interamente ambientato a Palermo, dal titolo “Il marchio sulle labbra”, Dario Flaccovio Editore. Anche questa storia vede come protagonista il commissario Francesco Mancuso della Omicidi di Palermo, che presta servizio proprio alla questura. Ad introdurre questo nuovo romanzo, alla Feltrinelli di Palermo, la giornalista Adriana Falsone che, insieme all’autore e al pubblico presente, ha commentato alcuni passi del libro, approfondendo quelli legati a particolari aspetti della nostra città e alla personalità del commissario Mancuso.
«Ne “Il marchio sulle labbra” le indagini sui due delitti - di cui uno compiuto al castello dell’Uscibene - porteranno alla scoperta di insospettabili verità che affondano le radici nel remoto passato, ma anche nel più tragico e attuale presente», è così che Carlo Barbieri introduce, per quel che può dire, la trama di questo avvincente ed ingarbugliato giallo, tutto palermitano.
Ad arricchire le vicende di questa storia, ritroviamo alcune delle caratteristiche tipiche dei racconti di Barbieri, c’è ad esempio il culto del cibo, quindi della nostra cucina, ci sono tante tracce della cultura e del mondo arabo, che l’autore ha avuto modo, in passato, di conoscere in prima persona, e non possono mancare i monumenti di Palermo, accompagnati da quelle che potremo definire situazioni di “palermitudine”, che ci fanno tanto sorridere e riflettere allo stesso tempo.
Trattandosi di un romanzo giallo, possiamo dire ben poco sulla trama, per non togliere la suspance e l’effetto sorpresa al lettore, così Palermomania.it ha intervistato Carlo Barbieri chiedendo alcune curiosità senza tanto addentrarci nella nuova indagine di Mancuso.
Riguardo a due aspetti, ormai ben noti, del commissario Mancuso, uno legato al rapporto con la sua Vice, e l’altro che lo vede analizzare ogni mattina un dettaglio nuovo della nostra Cattedrale, li ritroviamo ne “Il marchio sulle labbra”?
«Sulla Vice, ovviamente so la risposta, diciamo che ci sono delle sorprese, delle novità, e vorrei non anticipare nulla. In merito all’abitudine di Mancuso, di notare i nuovi dettagli della Cattedrale, la ritroviamo qui, addirittura stavolta c’è un ulteriore curiosità: il libro “di testo” che sta leggendo, e su cui si sta preparando, poiché il vicequestore lo ha incaricato di fare da guida ai colleghi dell’Interpol che verranno dal resto d’Europa, è un libro di Adriana Chirco, che esiste realmente, e si chiama “Palermo 3000 anni tra storia e arte”; la foto della copertina di questo libro lo intriga particolarmente, perché non riesce a capire cosa sia, poi gli viene un sospetto, e va a verificare, ed è un particolare della Cattedrale anche quello.»
Quando Carlo Barbieri scrive il suo nuovo giallo, individua sin dall’inizio i risvolti della vicenda, assassino compreso, o nomi e soluzioni vengono fuori man mano?
«Un libro nasce da un semino di idea, che può essere non necessariamente la macchina del delitto o della soluzione, può essere qualcos’altro e poi piano piano… E’ un processo che io assimilo un po’ a quello della perla, che nasce da un fastidio dell’ostrica, da un granellino; poi a questa cosa, piano piano, la mente gli mette attorno altri strati, aggiusta, trova, si inventa, e poi è difficile alla fine ritrovare il nucleo iniziale, cioè come è nato: so che è nato da un embrione di idea, però alla fine del libro non ricordo più come è successo. Diventa veramente un mosaico, e mai come in questo caso, in questo libro il mosaico è veramente complesso; e non tutte le verità le troverà Mancuso, poiché lui definisce due volte quello che sta succedendo e, parlando col suo capo, una volta dice: “è come le polaroid, quando le fotografie si sviluppavano sotto i nostri occhi”, ma non era convinto che lo sviluppo fosse finito perché, se aspettava un altro poco, veniva fuori qualche dettaglio che prima non si era visto. C’è quindi un processo di arricchimento della verità, che vede addirittura in un primo momento come un “arricchimento della verità in dettagli sempre successivi”, poi cambia idea, e dice alla fine: “più che una foto polaroid è diventata una matrioska, con verità sempre più vere e reali, contenute dentro la precedente”. Insomma, un processo di verità dopo verità, una specie di zoomata verso la verità, e alla fine ci sarà la soluzione finale con tutti i dettagli che vanno a posto, e addirittura con un detto siciliano che trova una sua possibile interpretazione storica, che non è vera naturalmente, ma che potrebbe esserlo… »
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