“La bambina di nome Etna L’Etna raccontata ai ragazzi” è il nuovo libro di Marinella Fiume, pubblicato da Algra nella categoria “Narrativa, Bambini e Ragazzi”.
La trama. Nonno Jan, un botanico pacifista olandese in fuga dalla sua patria per il rifiuto di prestare servizio militare allora obbligatorio, capita in un villaggio tra le pendici etnee e il mare Jonio dove si ferma, mette su famiglia e un’azienda florovivaistica. Quando nasce la sua prima nipotina le impone il nome di Etna, in omaggio all’Eden di pace e fecondità che ha trovato vivendo ai suoi piedi. A lei, divenuta una bambina di 10 anni circa e per rispondere alle sue domande scaturite dal perché del suo bizzarro nome, racconta tutto di questo straordinario “catasto magico”, illustrando, attraverso favole mitologiche e storie contemporanee, colte e popolari, l’origine del Vulcano, le eruzioni storiche, i terremoti, la natura del suolo fertile, i vigneti, i muretti a secco e gli antichi mestieri, la flora, la fauna, fino all’istituzione del Parco e all’inserimento nell’World Heritage List da parte dell’UNESCO. Davanti alle minacce che incombono sul Pianeta, solo dall’alleanza tra tutte le ragazze e i ragazzi del mondo può venire la salvezza.
Un passo dal libro. Mi chiamo Etna e mio nonno è un olandese: Mi chiamo Etna, proprio così, lo giuro! Eppure tutti si stupiscono nel sentire il mio nome, pensano che io scherzi o che li prenda in giro, perché non si è mai sentito di una bambina battezzata con il nome di un Vulcano. E invece è proprio vero, è questo il mio nome all’anagrafe, il nome con cui fui battezzata dai miei genitori dieci anni fa, quando venni al mondo in un lindo e verde paesino siciliano situato in una pianura lambita dal mare Jonio ai piedi dell’Etna. Era stato mio nonno, il grande Jan, un botanico-genetista olandese, a scegliere il luogo nel corso delle sue peregrinazioni per il mondo alla ricerca di un posto pacifico dove il sole, il clima, l’abbondanza di acqua, la naturale fertilità del suolo potessero permettergli di coltivare anche all’aria aperta i suoi fiori: gli Hibiscus più belli e le Bouganvillee più varie del pianeta. Per i colori, le tonalità, le screziature, più belli di quelli della Florida, dove ogni anno i suoi fiori erano premiati per le varietà degli innesti in gara tra tutti i florovivaisti del mondo! Era fuggito dall’Olanda perché non aveva voluto fare il servizio militare, che allora era obbligatorio. A che gli sarebbe servito imparare a usare le armi se non voleva nemici da uccidere e guerre da fare? Non sono forse tutti uguali gli uomini e le donne del mondo a prescindere dal colore della pelle, dalla lingua, dalla cultura, dalla religione? Non sono forse tutti esseri umani? E non è forse la guerra quella che toglie loro l’umanità? Fece perdere le sue tracce, lo cercarono per un po’ e dopo lo dimenticarono. Non è che per questo lui non amasse la sua terra d’origine, ma non ci volle più tornare e si rifiutò per sempre di coltivare tulipani. Nella fuga si fermò qui perché rimase colpito dal paesaggio dominato sempre, dovunque ti girassi, dalla sagoma elegante del Vulcano, sempre fumante, ma nero d’estate e imbiancato di candida neve d’inverno. In primavera inoltrata, quando le nevi si scioglievano, le acque si ingrottavano nelle sciare e percorrevano sotterranee chilometri e chilometri fino a valle, dove spuntavano in forma di fiumi freddi come ghiaccio per sfociare a mare o in polle improvvise dall’aspetto di grosse caldaie che toglievano l’arsura ai terreni, agli uomini e alle bestie. E mentre nelle acque gelide crescevano gialli ranuncoli tipici dei climi nordici, intorno in superficie era tutto un fiorire di piante dei climi caldi come i papiri dei faraoni. Qui si fermò il mio grande nonno, in questo tratto pianeggiante di costa jonica con vista dell’Etna, vi si insediò, comprò un grande appezzamento di terreno e ci costruì una grande casa. Chiamò l’azienda “Isola del sole” perché questo è il nome della Sicilia, chiamata anche Trinacria, come simboleggia il suo emblema antichissimo e misterioso: la Triscele, che contiene la testa della Gorgone – una creatura mostruosa mitologica – cinta di saggi serpenti e le tre gambe piegate a formare una spirale, simbolo del cammino del sole lungo il cielo, mentre le ali indicano l’eterno scorrere del tempo e le spighe la fertilità della terra. Disse che qui gli uomini vivevano nella mitica età dell’oro e che qui aveva trovato i suoi “Tropici”, che questa era la “California d’Europa”. Infatti, poco dopo aggiunse alle sue colture tradizionali una pianta esotica bellissima dai fiori dai mille colori e profumatissimi: la Plumeria, nota anche come pomelia o frangipane, appartenente alla famiglia delle Apocynaceae. Diceva che la Sicilia è uno dei pochissimi luoghi in Europa dove è possibile trovare questa pianta originaria dell’America tropicale, dal Messico al Venezuela, ai Caraibi e alle Hawaii: sono fatte con questi fiori le collane che ti mettono sul collo per darti il benvenuto appena arrivi lì. Ma in Sicilia la puoi trovare ai lati opposti dell’isola, a Palermo, il capoluogo, e a Riposto, cittadina che è il porto dell’Etna ed è denominata “Città delle pomelie”. Pare anzi – diceva – che la Plumeria sia stata portata in Sicilia, nel 1810, da tal Fiamingo, un armatore ripostese, e da lì sarebbe giunta per misteriose vie all’Orto botanico di Palermo che la coltivò e la diffuse in tutta la città della Conca d’Oro, fino a diventarne un simbolo. Nonno Jan mi portava a passeggiare d’inverno per le strade di queste città perché, se alzi gli occhi, vedi che tutti i balconi sono pieni di vasi di plumelie lasciati all’aria aperta estate e inverno e per proteggerne i fiori che ne nasceranno, nei rari giorni di freddo le cime si ricoprono con un guscio d’uovo. Diceva che questa è una terra miracolosa dove cresce di tutto perché è ai piedi del vulcano che nei secoli la lava era arrivata tante volte fino a lambire il mare e infatti spesso trovi scogli come le “Pietre Nere” di Giardini-Naxos, spiaggette di pietre e sabbia nere come quella di San Giovanni li Cuti, una piccola borgata marinara della città di Catania.
L'Autore. Marinella Fiume, nata a Noto (Sr), laureata in Lettere classiche all’Università di Catania, dottore di ricerca in Lingua e Letteratura italiana, è stata per due legislature Sindaca del Comune di Fiumefreddo di Sicilia (Ct), cittadina sulla costa jonico-etnea dove risiede. Impegnata sul fronte della cultura della legalità e dei diritti delle donne, tra le sue pubblicazioni: la cura di Siciliane Dizionario biografico (2006), Sicilia esoterica (2013), Di madre in figlia – Vita di una guaritrice di campagna (2014), La bolgia delle eretiche (2017), i racconti Ammagatrìci (2019), Le ciociare di Capizzi (2020).
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