A trentasette anni di distanza dall’assassinio di Leonardo Vitale, secondo pentito credibile di mafia (il primo lo era stato nel 1937 ma per motivi diversi), avvenuta a Palermo il 2 dicembre 1984 per mano della mafia, viene riproposta una singolare biografia, poiché punta sulla sua conversione e ravvedimento. L’autore è Salvatore Agueci, il titolo: Leonardo Vitale. La mia battaglia l’ho vinta, QUICK Edizioni, Prefazione di Giovanni Spagnolo, docente, scrittore e poeta, apprezzato per la sua vasta produzione.
L’autore nell’Introduzione, volendo fare affiorare l’opera che Dio ha compiuto in lui, sostiene: «Lo scopo è di far emergere l’azione della Grazia: “La bontà di Dio spinge alla conversione” (Rm 2, 4), dono gratuito di Dio, e come questa abbia prodotto un rinnovamento radicale, a costo della stessa vita, da farlo rinascere a “esistenza nuova”. Ha fatto risplendere la luce della fede, genuina e coinvolgente, in una situazione non facile di drammaticità».
Senza volere riesumare il passato, ma lasciando alle spalle l’esperienza pregressa, Agueci mette in risalto la conversione del Vitale, come traspare dalle numerose lettere inviate dalle carceri e dai manicomi criminali alla madre, alla sorella, alla società tutta e agli stessi mafiosi. «La fede in Cristo – scrive alla madre - mi ha ridato la vita, la gioia quella vera. Avevo tanto bisogno di Dio, solo ora me ne rendo conto, senza di Lui niente è possibile a questo mondo. Anche vivere diventa un’assurdità. Gli uomini che non temono Dio sono dei pazzi e quelli che fanno il male in nome di Dio sono pure anche dei pazzi criminali, perché Dio è amore, amore significa volersi bene, non compiere atti disonesti e delitti contro i propri simili. Io c’è stato un momento che mi sono illuso. Ho creduto di essere cruento nel modo sbagliato per cui, miserabile essere, davo di ciò la colpa a Dio. Che pazzo sono stato! Avevo Tutto e non me ne rendevo conto, o non avevo niente e Dio è venuto in mio aiuto ancor prima di quanto io possa immaginare».
Giovanni Spagnolo coglie l’importanza della biografia e lo addita come figura di riscatto per l’intera Isola: «Eppure qualcosa si muove, qua e là, perché, ed è anche lo scopo di questa biografia, la figura di Leonardo Vitale, al netto dei crimini commessi, dei debiti pagati alla giustizia umana e al sacrificio della sua giovane vita, sia restituita alla verità storica nel contesto di un fenomeno atavico in Sicilia come quello della mafia».
L’autore lo presenta agli uomini odierni come una ricchezza umana e spirituale dalla quale poter attingere: «La sua figura, così com’è vissuto, nel male e nel bene, può essere icona dell’uomo di oggi che vive le sue contraddizioni. A lui si possono ispirare, uomini e donne di buona volontà, per il coraggio con il quale seppe retrocedere da una vita non conforme alle indicazioni dettate da Gesù e rese vivibili dalla Tradizione e dalla stessa Parola di Cristo».
Guardando a successivi sviluppi che potranno mettere in risalto il percorso spirituale di Vitale, Agueci esprime una certezza misericordiosa: «Non importa quello che sarà il percorso per un riconoscimento del suo gesto “eroico” da parte dell’autorità competente, quello che a noi preme è mettere all’attenzione degli uomini di oggi che il bene, qualunque siano i presupposti negativi, alla fine trionferà perché Dio non abbandona mai i suoi umili figli che, come il Figliol prodigo, facendo un passo indietro, si rivolgono a Lui per procacciarsi perdono e l’ottengono: “In cielo si fa più festa per un peccatore che si converte che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”».
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