Ellen Roth è una giovane psichiatra. Come tante altre persone è un po' stanca e sotto pressione dopo quattro anni di lavoro come terapeuta in una clinica. La sua è la situazione ideale: un bel lavoro che la accomuna al compagno Chris. Quest'ultimo è partito per una vacanza in Australia affidandole un compito delicato: seguire il caso della paziente della stanza 7, una giovane donna ricoverata da qualche giorno, in pessime condizioni fisiche, che rifiuta ogni contatto con il mondo esterno. Al primo approccio di Ellen, la donna è terrorizzata e sotto shock. Poi, sparisce nel nulla e la dottoressa, che vuole aiutarla, inizia un viaggio nel disperato tentativo di ritrovarla. Al suo fianco si trova un altro collega, Mark. Ma la ricerca si complica perché nessuno ha visto uscire la paziente. Il viaggio sarà lungo e con numerosi colpi di scena. Il suo libro d'esordio ha avuto un successo strepitoso in Germania (è stato il caso letterario del 2009 con 100mila copie vendute in tre mesi), proseguito in Italia (100mila copie in due settimane). Se lo sarebbe immaginato?
"Non avrei mai pensato una tale risposta dei lettori. Non avrei mai osato. Come principiante assoluto, avrei considerato un successo solo il fatto di essere pubblicato da una casa editrice".
Secondo lei da che cosa dipende?
"Penso che dipenda dal fatto che ha riscosso l'interesse dei lettori, che ha incontrato il loro gusto. E ne sono felice perché questo è il primo obiettivo di uno scrittore".
Vuole spiegare cosa sta dietro il suo lavoro? Un ingrediente segreto o una semplice trasposizione della sua esperienza di logopedista in una clinica psichiatrica?
"Quando si scrive un libro, non c'è niente di più difficile che pianificarne il successo. Qui non c'è nessun ingrediente segreto, ma c'è semplicemente lo sviluppo di un'idea, di una storia".
Quanto è importante la sua professione per la sua scrittura?
"L'esperienza professionale mi ha aiutato molto non solo per le conoscenze scientifiche, ma anche per i contatti e le conoscenze del settore che mi hanno aiutato nel lavoro di ricerca bibliografica per la stesura del libro".
Leggendo la storia, ad un certo punto, si prende conoscenza, con paura, del fatto che una simile esperienza potrebbe capitare a chiunque. E' questo il messaggio che ha voluto dare col libro?
"Di base, con la mia scrittura, non cerco di dare messaggi. Ma se proprio vogliamo darne uno, faccio questa riflessione. La mente è un'area costituita da infiniti punti. Tutti abbiamo un angolo buio che a volte emerge. La nostra mente è un organismo estremamente fragile al punto che può capitare che un evento qualsiasi possa indurlo a modificare i propri comportamenti. Io ne deduco che si debba guardare molto dentro di sè. Cercare di conoscersi".
Pur avendo evidenziato questa precarietà dell'esistenza umana, mi sembra di cogliere nella Psichiatra una nota di ottimismo. Lei è un ottimista?
"Se questo significa credere che nella vita esistano sempre delle possibilità, allora sì, sono ottimista. Lo stesso accade nella mia storia. Nel libro c'è un piccolo happy end, un progresso nella vicenda"
Ora che ha raggiunto la celebrità, lascerà la sua professione per dedicarsi solo alla scrittura?
"No, anche se meno rispetto a prima (due, tre giorni la settimana) continuo a lavorare in clinica. E' una cosa che mi diverte molto e che sarebbe difficile lasciare. Le due cose possono coesistere".
Dopo
"Da un certo punto di vista, sì. Però si tratta di un romanzo autonomo, non sarà il prosieguo della Psichiatra ma, in qualche parte, si ricollega a questo. Chi ha letto il primo riconoscerà alcuni personaggi. Ma non è necessario avere letto il primo per accedere al secondo. Ora sto scrivendo il terzo psicothriller. Ma non so dove mi condurrà".
Vuole fare una trilogia come Stieg Larsson?
"No, nessuna trilogia".
Quali sono i suoi modelli letterari di riferimento? Quando scrive si ispira a qualcuno?
"Non ho dei modelli diretti. Ma tutto ciò che leggo - classici, thriller, biografie, ultimamente ho letto molte biografie - mi fornisce modelli su cosa si deve e non si deve fare".
Che cosa non fare lo scrittore?
"Non deve mai annoiare. Per il resto, in letteratura è tutto ammesso".
Fonte: tgcom
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