Una storia che affascina da sempre è quella di Laura Lanza, la Baronessa di Carini, come altrettanto nota è la ‘’mano insanguinata sul muro’’, testimonianza del suo sacrificio, ad opera del padre, in nome dell’onore. La sua uccisione per molti è considerata il primo “femminicidio” d’Italia, e narrato dai cantastorie sin dalla notte dei tempi e restituita al pubblico con lo sceneggiato del 1975, con la straordinaria partecipazione di Ugo Pagliai e Janet Agren. Luigi Natoli è stato anche un grande autore che ha ricordato la sua storia. Con ‘’LauraLanza, la Baronessa di Carini-Romanzo di Cappa e Spada’’, (Bonfirraro Editore), Pietro Trapassi, ne ripercorre invece le origini con un appassionante racconto storico che diventa narrazione di una forte passione.
Un viaggio in quella che fu la dominazione Aragonese - quando l’onore, inteso nel senso più rigido, ha la precedenza sui sentimenti: niente può macchiarlo, pena la decadenza della rispettabilità della persona e del casato, che deve conservare integro il suo prestigio e la sua potenza. Innumerevoli gli spunti di attualità, considerando che il “delitto d’onore” nella penisola è stato abolito soltanto nel 1981.
Laura, infatti, è purtroppo il mezzo per fare aumentare il prestigio del casato: occorre uno sposo, almeno di pari grado nobiliare. L’autorità paterna la spunta sulla scelta, che cade sul figlio, Vincenzo, della famiglia La Grua, baroni di Carini. Ma Laura ama Ludovico Venagallo: i due devono tacere i loro sentimenti e diventano amanti. Scoperta la relazione, il barone di Carini, consigliato da un parente religioso, riesce a fare intervenire don Cesare per avere soddisfazione del tradimento della moglie. La storia ci consegna, infatti, l’atto di morte della baronessa, redatto il 4 dicembre 1563, conservato nell’archivio della Chiesa Madre di Carini, insieme a quello di Ludovico.
«Si è scelto di intitolare il romanzo proprio alla ragazza – dicono congiuntamente l’editore Salvo Bonfirraro e l’autore – perché abbiamo voluto dare rilievo a questa figura fiera di donna del Rinascimento che paga con il proprio sangue la sua verità, il suo essere sua e di nessun altro».
Una scelta completamente coerente con la linea tematica di Bonfirraro, che si prefigge di riservare “al femminile” un ampio spazio della propria produzione editoriale e un’attenzione particolare proprio alle pubblicazioni dal carattere di denuncia nei confronti di qualsiasi forma di maltrattamenti e di ingiustizie e di lottare per l’affermazione di valori ritenuti inalienabili.
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