Quando nella stessa annata escono Salman Rushdie, Martin Amis, Ian McEwan, e -quantomeno nella traduzione italiana - Thomas Pynchon (e poi Don Winslow, Joe Lansdale, e diverse altre cose sostanziosissime) vuol davvero inequivocabilmente dire che la letteratura se la sta passando splendidamente. Quella letteratura - voglio dire - che invece di arrovellarsi aggrottando la fronte intorno ai tormenti dell’umana esistenza preferisce scatenare l’energia inventiva, la vitalità della scrittura, la forza delle sue visioni.
Prendiamo in particolare Salman Rushdie e il suo nuovo Luka e il fuoco della vita (uscito adesso per Mondadori). Perché in questa favola per ragazzi senza limiti di età - scenari mitologici, principesse, animali immaginari, tutti i frutti della più sfrenata immaginazione - Rushdie conferma di essere il più straordinario narratore puro della nostra epoca, l’erede più compiuto di una spettacolare tradizione di storie fantastiche tanto raffinatissime quanto pop (più di tutti mi viene in mente Ludovico Ariosto) che incantano al tempo stesso gli occhi, la mente, il cuore e i sensi.
Ecco, se volete mostrare a qualcuno - soprattutto ai ragazzi giovani - che la scrittura può essere non più profonda e colta e intelligente - tutte queste sono retoriche ovvietà - ma più avvincente, più colorata, più trascinante del cinema o dei videogames, questo è il libro su misura. Perché la scrittura di Rushdie - lussureggiante, vertiginosa, esplosiva - sfida e vince gli spettacoli visivi sul loro stesso terreno. Qui la scrittura fa davvero festa a ogni scena, a ogni frase, a ogni combinazione di parole. Non si tratta semplicemente di strepitoso talento letterario: tutta questa ricchezza linguistica nasce dal terreno stesso dei valori.
Qui come nelle altre opere di Rushdie - in particolare Harun e il mar delle storie, che è il fratello maggiore di questo libro - a spingere le fantasmagoriche onde narrative c’è una forte corrente di grandi temi, dal rapporto fra la vita e la morte, a quello fra realtà e immaginazione, e così via. E’ così che –proprio come tutta la grande letteratura, da Omero a Shakespeare Rushdie lo possiamo leggere sempre a diversi livelli, dal puro intrattenimento alla danza delle parole alla sostanza dei valori di fondo. Perché è soltanto nelle menti e nelle opere più limitate, che profondità e giocosità sono in contraddizione.
Allo stesso modo, non c’è la minima contraddizione - Rushdie lo evidenzia splendidamente - fra la letteratura fantastica e in generale l’universo dell’immaginazione e i videogiochi e in generale l’universo neotecnologico: proprio come un gioco elettronico, questa storia si evolve e passa a un livello superiore man mano che il giovane protagonista supera difficoltà e sfide. Da maestro del paradosso, Salman Rushdie sa e dimostra che le cose funzionano tanto meglio quando si combinano al di là degli schemi. E’ così che questa sua favola classica se non antica è quanto di più contemporaneo e avanzato.
Fonte: tiscali
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