"Malanova" in dialetto calabrese significa portatrice di sventura. Anna Maria Scarfò viene ancora apostrofata così da chi non ha potuto accettare che svelasse il terribile segreto che le aveva rubato l'adolescenza. Sono mamme, sorelle, fidanzate, mogli. Donne che davanti alle violenze perpetrate per tre lunghi anni dai propri uomini su una ragazzina di tredici anni non hanno dubbi: Anna Maria è solo una "puttana" che ha osato rompere il muro di omertà e accusare tredici persone (di cui sei già condannate con sentenza definiva ndr), normali nelle apparenze, che hanno ripetutamente e con ferocia abusato di lei. Violenza che si aggiunge a violenza. Malanova è anche il titolo del libro (Sperling & Kupfer, 17 euro) scritto a quattro mani dalla stessa Anna Maria Scarfò con Cristina Zagaria, giornalista e, come lei stessa sottolinea, donna del Sud. "Anna Maria è una ragazza di oggi, italiana, cresciuta in una realtà molto tradizionalista quale è quella calabrese", dice l'autrice.
"Sì, questa è la storia di una bambina - perché a 13 anni non si è donne - che non fa notizia pur essendo una tragedia quotidiana. La storia di Sakineh ha mobilitato il mondo e il nostro Paese, Facebook, le istituzioni. La tragedia di Anna Maria, che oggi ha ventiquattro anni, accade oggi in Italia, in Calabria. Il suo è il volto, l'emblema, il nome di tutte quelle donne costrette a subire violenza che non riescono ad affermare la propria personalità e i loro diritti di donna".
La ragazza con le sue denunce ha sfidato un intero paese, San Martino di Taurianova, pagando un prezzo altissimo. E' un dramma che riguarda solo il Sud del nostro Paese?
"Se devo dare una risposta netta è no. Perché queste cose succedono in qualunque piccola comunità dove tutti conoscono tutti. Poi ovviamente questa storia essendo tutta calabrese, ha delle connotazioni calabresi. Com'è nel Meridione dove le tradizioni sono un po' quelle e il ruolo della donna è ancora molto legato ad una visione tradizionalista. Però queste, in un processo, si chiamerebbero aggravanti".
"Il mio corpo non mi apparteneva più era diventato loro", scrive Anna Maria nel libro. E' riuscita a dire "basta" solo quando gli aguzzini hanno reclamato la sorella più piccola. Che prezzo ha dovuto pagare per la sua ribellione?
"Minacce, insulti, emarginazione. Lei ovviamente non pensava che ci sarebbe stata questa reazione. Questa storia l'ho raccontata perché mi ha stupito il fatto che le sorelle, le mamme, le findazate degli stupratori invece di condannare i loro mariti, invece di prendere una posizione al femminile - del resto si trattava di una bambina -, si sono schierate dalla parte degli uomini e sono state loro poi a minacciare Anna Maria. E' stato il paese a condannarla, nonostante ci sia una sentenza del tribunale che dica tutt'altra verità. Questa è stata la sua seconda battaglia".
Colpisce la solitudine nella quale Anna Maria si è trovata durante quei terribili anni. Anche quando, dopo la prima violenza, è andata in chiesa a cercare aiuto.
"Anna Maria ha trovato tutte le porte chiuse come accade a molte donne: anche quella della chiesa. Per ignoranza soprattutto. Ovviamente parliamo di uomini perché ogni istituzione è fatta di uomini. Lei in quel momento ha trovato quel prete e quella suora che erano più preoccupati dello scandalo, del fatto che potesse essere rimasta incinta, che non della sua disperata necessità di essere aiutata. La chiesa agisce sul territorio come la scuola e pertanto ha delle responsabilità. A inventarla una storia così, scriverci un romanzo, mi avrebbero detto che era poco credibile".
Quando poi è cominciato il processo e la storia ha avuto eco anche sulla stampa, il paese ha reagito. Che reazione è stata?
"Hanno fatto una fiaccolata con un primo striscione contro la violenza e un secondo, un po' dietro, in difesa del paese. Diceva: "Siamo tutti innocenti". Senza mai preoccuparsi di Anna Maria, insomma. Perché era più importante difendere l'onore del paese. Per carità, il territorio di Taurianova è fatto di tanti abitanti, non sono tutti stupratori e non è solo gente che minaccia e che vuole attentare alla vita di Anna Maria. Però è anche vero che in tutti questi anni, anche ora che è uscito il libro, nessuno è andato a bussare alla sua porta per dirle 'io sto dalla tua parte'. C'è ancora una forma di silenzio, nonostante la tanta gente per bene. Il silenzio è una presa di posizione, è il non schierarsi e il creare isolamento intorno ad Anna Maria".
Nel suo blog racconta che durante una presentazione del libro una signora si alza in piedi e dice di aver "sentito forte la voce delle donne". "Quando si parla di violenza, abuso, sottomissione - ha detto la signora -, le donne si interrogano, si incoraggiano l'una con l'altra, si nascondono (talvolta) tra di loro o si impegnano pubblicamente. Ma gli uomini? Cosa ne pensano gli uomini?". Giro la domanda a lei: cosa ha visto negli uomini che ha incontrato dopo la pubblicazione?
"Da parte di un uomo di Taurianova la lettura è molto forte. In genere si vergognano, si sentono responsabili e questo è bello perché almeno fa scattare l'autocoscienza e l'autocritica. Mi piacerebbe sapere come reagiscono gli uomini di San Martino. In genere si scatena un bel dibattito perché paradossalmente si sentono violentati da un libro che mette in discussione il loro essere maschi. E un conto è essere maschi, un conto è essere bestie. In tanti mi scrivono, molti sono giovani, la maggior parte calabresi. Apprezzano la parte positiva del libro, dove vince il coraggio e la voglia di rompere certi luoghi comuni della Calabria".
Dal libro emerge chiaramente il trauma che ha colpito Anna Maria nel suo essere donna: quanto è difficile recuperare la propria identità?
"Anna Maria vive sotto scorta. Non è ancora una donna libera, però ha scelto di vivere in Calabria. Per un periodo ha vissuto fuori poi è voluta tornare perché le mancava la sua famiglia e perché dice di voler essere libera fino in fondo e di voler scegliere. Il processo per ritrovare la sua identità è lungo e difficile. Non può lavorare e non può gestire il proprio tempo e il proprio spazio".
La diffidenza nei suoi confronti continua.
"Sì, il libro è stato gestito in maniera tale da non sovraesporre Annamaria: lei non è mai apparsa, non è mai venuta alle presentazioni del libro e questo per una scelta, per non renderla personaggio, per tutelare la sua sicurezza. Però ovviamente il libro ha acuito i malumori del paese. Sono stata lì a San Martino poco tempo fa e ho visto la situazione: la macchina dei carabinieri sotto casa, Annamaria rinchiusa che passa le sue giornate in attesa di veder l'acredine uscire dal suo passato per poter finalmente vivere il futuro. Però non è assolutamente facile".
Fonte: tiscali
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