Sgombriamo il campo dai tradimenti, dal livore della frattura con il Pdl, dall'espulsione dal partito e dalla nascita di Futuro e libertà e analizziamo con serenità il fenomeno politico in continuo divenire che Gianfranco Fini rappresenta. E' questa l'idea del giornalista de Il Foglio Salvatore Merlo che al presidente della Camera dei deputati ha dedicato un libro dal titolo emblematico: La conversione di Fini. Viaggio in una Destra senza Berlusconi (Vallecchi editore, 2010).
Una "conversione" radicale per un leader politico che è riuscito a passare con disinvoltura da dichiarazioni come "Mussolini è il più grande statista del secolo" a "il fascismo è il male assoluto", dal professarsi cristiano durante le elezioni per sindaco di Roma nel 1993 al recente "non ho il dono della fede". In attesa di scoprire quale sia la linea di Fini e di Fli, tornano alla mente le dichiarazioni di Bettino Craxi che lo definì "vuoto incartato" o, per restare più vicini alla destra, quelle di Tommaso Staiti di Cudia che lo paragonò a "una rutilante corazza che riveste il nulla assoluto". Abbiamo parlato con Merlo dell'ex delfino di Almirante nel Msi, ex fondatore di Alleanza nazionale, ex cofondatore del Pdl e attuale "icona" dei militanti di Futuro e libertà, quelli che la stampa ha ribattezzato "futuristi" ma che poco hanno a che fare per numeri e qualità con il vasto movimento artistico del Novecento italiano.
Merlo partiamo dalla fine: la costituzione di un partito autonomo Futuro e libertà. Nel suo libro non viene analizzata questa fase, ma ci sono tutti i passaggi che hanno portato alla nascita di Fli. Si aspettava questa conclusione?
"C’erano tutti i passaggi, ma nel libro c'era anche la speranza che Fini non andasse via dal Pdl. La creazione della fondazione Futuro e libertà, suona male dirlo, è stato un ripiego e una mossa da sconfitto. Il progetto di Fini era quello di entrare e installarsi dentro il Pdl, anche se idealmente a distanza da Berlusconi, e giocarsi dentro la sua lunga partita per la successione alla guida del centrodestra. Questa operazione è fallita e non solo per ragioni politiche, ma anche personali ed emotive nei rapporti con Berlusconi. Ma è stata una sconfitta per entrambi perché il Pdl nasceva con l’idea di costruire e dare corpo al grande rassemblement dei liberali moderati e costituzionalizzare il berlusconismo trasformandolo in una categoria vera della politica. Un qualcosa quindi che non solo andasse oltre a Berlusconi, ma sopravvivesse al suo fondatore. Questa cosa non ha funzionato e adesso entrambi giocano di rimessa. Fli è la scialuppa di salvataggio che Fini si è dovuto costruire con quel manipolo di fedelissimi che non l’hanno abbandonato".
In una sua intervista su Il Foglio Veneziani ha dichiarato: "Fini poteva essere il vice di Berlusconi, adesso può fare il vice di Casini". Finirà per il diventare il numero due anche in un terzo polo centrista?
"Non glielo auguro. Credo che Fini sia in difficoltà in questo momento perché per lui è impossibile andare a sinistra. Quelli che paventano questa grande alleanza o unione sacra tra il Pd di Bersani e Fli sbagliano. Non ha senso che Fini vada a sinistra perché non è la sua collocazione politica dato che è un uomo di destra. Al tempo stesso sembra molto complicato, se non impossibile, che lui riesca a ricostruire un rapporto con il centrodestra a trazione berlusconiana. Trovo molto difficile che si faccia questa operazione del grande centro. In tre diverse dichiarazioni Casini, Montezemolo e lo stesso Fini hanno smentito questa ipotesi. Casini ha detto di essere pronto a rientrare in un rapporto organico con il Pdl a patto che venga esclusa la Lega. Montezemolo ha smentito per l’ennesima volta il suo ingresso in politica, dopo aver dato segnali diametralmente opposti. Anche Fini con il suo videomessaggio ha sorpreso tutti archiviando la richiesta di dimissioni del Presidente del consiglio e sostenendo invece che Berlusconi deve essere più responsabile".
Facciamo un passo indietro. C’è chi sostiene che Fini dopo aver annacquato le battaglie di An sia stato costretto a confluire nel Pdl. Qualche sondaggio dava An al 7 per cento al momento della fusione. E’ andata così?
"La trovo una analisi ingiusta e falsa. L’ingresso di Fini nel Pdl è stato, per la prima volta, un gesto coraggioso. Nella sua storia politica non ha mai brillato per coraggio essendo stato un pollo di batteria almirantiana che è stato cooptato al vertice del partito dove ha vivacchiato ottenendo certamente qualche successo con Alleanza nazionale. An era un partito che aveva raggiunto la vetta del 14 per cento, Fini poteva tenere il suo partito, coltivare una rendita politica e non sarebbe successo nulla di tutto questo. Lui però ha deciso di mollare il suo partito, la sua classe dirigente e ha fatto tutto questo scommettendo su una formazione che in Italia non c’era. Allora si parlava del Berlusconi e del Pdl come di De Gaulle e del gollismo, ma poi è finita male. Negli anni Fini ha cambiato i suoi convincimenti ed è cambiato molto".
Ha ragione. Fini ha cambiato idea su tante di quelle cose che è difficile comprendere quale possa essere il suo prossimo giro di valzer politico.
"Solo i cretini non cambiano idea. In questo caso bisogna scindere ciò che sembra, da ciò che è. Ciò che è non lo sapremo forse mai, e quindi dobbiamo basarci su ciò che sembra. Davanti a noi c’è la parabola di un uomo che ha cambiato molte posizioni e diventa interessante proprio per questo. Fini si lancia con coraggio nel mercato delle idee e dice delle cose che non appartenevano al vocabolario della destra da cui proveniva ma che forse in Italia nessuno diceva. Recupera posizioni che appartengono al conservatorismo europeo, si ispira ad Angela Merkel e a Sarkozy e ancora a Cameron o a Westerwelle, il liberale dell’Fdp. E' sbagliato ridurre tutto questo alla banalità del concetto di tradimento, dal punto di vista berlusconiano, nei confronti del Pdl. Significa non capire e minimizzare e così facendo Berlusconi e il suo partito sono arrivati al punto di non avere più la maggioranza. Fini è un fenomeno che va preso sul serio e soprattutto va capito. Non è un caso che Gianni Alemanno, forse l’unico nella sua compagine, stia ponendo il problema in questi termini".
Qual è la linea di Gianni Alemanno?
"Il sindaco di Roma dice: 'Io non condivido quello che dice Fini, ma non lo sottovaluto. Berlusconi è un grande leader ma anche Fini è il leader di un certo popolo di destra che esiste. Fini ha fatto proprie delle battaglie che storicamente appartengono alla destra come la legalità, il senso dello Stato, il patriottismo, la cittadinanza ma le ha declinate scimmiottando la sinistra'. In sintesi i fenomeni non possono essere analizzati con il piglio della revanche, ma vanno capiti. Fini è un fenomeno che in questo momento si sta perdendo in una serie di ambiguità dovute a giochi di palazzo, liturgie stantie e triangolazioni incomprensibili, richieste di dimissioni archiviate. Questo denota un momento di difficoltà, che non è solo di Fini ma anche di Berlusconi".
Lei dedica molto spazio al lento distaccamento dai “colonnelli”. Comprensibile quello di Alemanno date le diverse radici correntizie, molto meno Gasparri e La Russa. Anche in questo caso non possiamo parlare di tradimento?
"E’ stato un divorzio consensuale. Quando Fini decide di entrare nel Pdl decide di lasciare liberi tutti e i colonnelli di An si adeguano a questa novità. Esistevano dei rapporti personali che erano già logori e c’era una distanza di vedute sugli orizzonti politici futuri. Gasparri e La Russa sono sati coerenti con quello che pensavano, così come lo stesso Fini quindi non si può parlare di tradimento".
La gente comune però continua a percepire il tradimento anche perché nessuno ha capito dove sta andando Fini. Questo, a quanto riportano i sondaggi, si riflette sul consenso che riscuote.
"Non è detto che Fini stia perdendo voti per il semplice motivo che ancora non si è misurato con il consenso sulla sua persona sin da quando è nato il Pdl. I sondaggi sono una bestia strana ma nello specifico sia Fini che Vendola hanno una forbice molto ampia. Alcuni gli attribuiscono l’8 per cento".
Ieri Fini aveva un partito radicato nel territorio, oggi c’è un leader con un movimento "deideologizzato" sostenuto da figure di secondo piano dell’ex An. In sintesi Fli è Fini.
"Fini in questo momento sta giocando di rimessa e questo è evidente. Il suo punto di partenza è una sconfitta ovvero il fallimento del Pdl. Tutto quello che è successo dopo l’espulsione di Fini dal partito è stato un gioco di rimessa. Sorprende però come quest’uomo che è stato cacciato dal Pdl, deriso, pubblicamente aggredito, con una campagna di stampa legittima ma decisamente aggressiva sulla casa di Montecarlo, sia rimasto in sella, abbia fondato un partito, abbia recuperato una sua centralità all’interno del Palazzo e sia tornato a vivere una sorta di momento magico. Ma, detto questo, è vero che non si capisce cosa sia Fli. E’ una formazione che vive di evidenti contraddizioni interne tra la posizione laica riformista di Benedetto Della Vedova a quella di Antonio Buonfiglio che viene dalla destra sociale romana ipercattolica. Bisogna ancora capire cosa vogliono fare e il loro posizionamento politico. Non sappiamo se sono degli antiberlusconiani di destra o qualcos'altro. Non so se Fini riuscirà ancora a giocarsi la sua partita a destra per ottenere la leadership di Berlusconi. In questa fase si muove, suo malgrado, con molta ambiguità politica".
Fonte: tiscali
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