Le ultime elezioni amministrative in importanti province e città hanno dato la misura di quanto i rifiuti urbani e la loro gestione siano sempre più uno dei nodi da sciogliere.
Napoli, invasa dall'immondizia e impantanata tra discariche abusive, inceneritori inefficienti e differenziata che non decolla, ma anche Cagliari dove la raccolta porta a porta non va oltre il 30 per cento e Milano che, a fronte di tassi che in provincia sfiorano il 70 per cento, fa la differenziata solo - dati del 2010 - per il 39. Inutile dire che non è un caso che tutti i candidati sindaci e presidenti di provincia abbiano introdotto il punto tra quelli essenziali del proprio programma. E il motivo è abbastanza intuitivo: da una parte l'Europa che lo impone, certo, ma dall'altra è proprio da lì che parte la "buona pratica" del vivere bene e del vivere civile. "Freniamo gli entusiasmi: nessuno degli eletti farà niente", spiega Stefano Montanari, direttore scientifico dell'Istituto Nanodiagnostics di Modena, che nel suo libro Rifiuto: Riduco e Riciclo per vivere meglio (Arianna editrice) cuce con il filo conduttore delle "buone pratiche" i contributi di diversi esperti in materia di rifiuti e riciclo, tra cui Gianni Tamino (docente di Biologia generale presso l'Università di Padova), Paul Connett (docente della St. Lawrence University in Usa, ricercatore e teorico della strategia "rifiuti zero") e Maurizio Pallante (teorico della decrescita felice), tanto per citarne alcuni. "Quello dei rifiuti è un argomento che si tira fuori in campagna elettorale, ma poi...". E i motivi, spiega Montanari, sono tanti: "In primis l'ignoranza crassa dei candidati che non hanno la più pallida idea di cosa fare".
Insomma, lei dice, i rifiuti sono solo un argomento per attrarre voti. E questo vale anche per Napoli? De Magistris si è giocato tutta la campagna sui rifiuti.
"In passato scrissi per il suo blog un articolo su rifiuti, riciclo e inceneritori, ma poi non si è fatto più sentire. Voglio vedere cosa salterà fuori: tenga conto del fatto che lui dell'argomento non sa nulla".
Nelle parole dei candidati, soprattutto quelli di sinistra, la soluzione che va per la maggiore è quella della raccolta differenziata.
"Anche qui dimostrano di non aver capito niente. La raccolta differenziata non serve assolutamente a nulla se quello che lei differenzia non va poi a finire in maniera virtuosa da qualche parte. E' inutile che io cittadino metta in sacchetti separati la plastica, il vetro e così via se poi va a finire metà in discarica e metà nell'inceneritore, come succede di norma: è inutile nascondersi dentro un dito. La raccolta differenziata in sé non serve a niente: ci vuole anche altro".
Il passo successivo qual è?
"Utilizzare questo materiale. Per esempio il vetro. In Canada le bottiglie di birra vengono riutilizzate di norma almeno 18 volte che vuol dire ridurre di 18 volte questa produzione di vetro che è un inquinante: noi non lo facciamo. Dalla plastica si possono fare tante cose: dai tappeti robusti per le stazioni e aeroporti ai dissuasori di velocità per le strade fino ai tessuti come il pile. Ma noi preferiamo bruciarla quella roba e il cittadino si scoccia: il cittadino differenzia se sa che serve a qualcosa".
Nel suo libro individua la soluzione nel binomio "riciclare-ridurre".
"La riduzione dei rifiuti è assolutamente indispensabile. Noi produciamo dieci volte di più di quanto effettivamente dovremmo fare. Buttiamo via delle quantità enormi di materiale ancora ottimo, riutilizzabile. Una cosa fondamentale che deve fare la politica - e che fino ad ora non si è fatta - è imporre quella che si chiama 'responsabilità aziendale'. Cioè: voi aziende fabbricate un prodotto poi voi aziende una volta che questo non serve più avete l'obbligo di ritirarlo e smaltirlo. Quindi le aziende pagano per la discarica, per l'inceneritore insomma per l'incomodo che date. Se l'azienda è obbligata a fare questo è chiaro che costruisce il suo prodotto in maniera tale da poter essere riutilizzato: per esempio smontandolo e riutilizzando le parti utili. In Germania si fa da tre o quattro anni: le fabbriche di automobili sono autorizzate a fabbricare automobili solo che siano recuperabili al 100 per cento, dal volante, al sedile e al motore. Altrimenti non ottengono l'omologazione. E se lo fanno i tedeschi lo possiamo fare anche noi".
In molte parti del mondo si parla addirittura di "rifiuti zero": è possibile fare questo anche in Italia?
"Certo, si può fare anche in Congo e in Alaska. Rifiuti zero in senso stretto non è umanamente possibile; per essere chiari, non si può recuperare la carta igienica dopo che la si è utilizzata. Però il 95 per cento di quello che produciamo si può recuperare. Ci sono alcune migliaia di città del mondo che lo stanno già facendo con successo. San Francisco per esempio si è dotata di una grande azienda che seleziona i rifiuti e poi li vende facendo tanti quattrini. Mio figlio abita a Sydney in Australia: 4 milioni e duecentomila abitanti, nessun inceneritore e una discarica che sembra quella di Casal Pusterlengo: recuperano tutto. Nel 2020 la Nuova Zelanda diventerà interamente a rifiuti zero: tutta la nazione a rifiuti zero".
Perché loro sì e noi no, cosa osta?
"Siamo pigri e furbi. E la furbizia si sa è il miglior surrogato dell'intelligenza. Quel che è certo è che è una questione di cultura. Anche perché per fare tutto ciò non c'è assolutamente nessun problema tecnico: è solo una questione di cervello".
Professore, se dovessimo dare un consiglio ai nuovi sindaci e ai politici nazionali cosa potremmo suggerire loro?
"Dare consigli è estremamente semplice, però purtroppo è molto più complicato: sotto il giro dei rifiuti c'è un giro di denaro che è immenso. E quindi c'è una corruzione enorme. Solo con gli inceneritori c'è un giro di miliardi che finisce nelle tasche di amministratori o personaggi più o meno loschi che fanno affari. Quello che dovremmo fare noi cittadini è quindi tanto per cominciare trovare degli amministratori onesti che sappiano rimanere tali. Se noi avessimo degli amministratori onesti basterebbe fare cultura. Semplice no? Basta spiegare alla gente come consumare meno, in maniera più intelligente e come fare la spesa, perché anche questo è fondamentale. Un esempio: se noi compriamo il tetrapack, che non si può riciclare, facciamo una cosa che non è amica dell'ambiente. E poi basta usare i sacchetti di plastica, anche quelli riciclabili perché inquinano comunque. Cominciamo da qui: andiamo a fare la spesa con la sporta della nonna".
Fonte: tiscali
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