Giovedì 17 ottobre, a partire dalle 18,00, ci sarà il terzo incontro della rassegna "Un tempo troppo grigio per rinunciare ai colori". Questa volta, ospite negli spazi del Bar Pickwick di via Alessandro Paternostro 49 a Palermo, sarà la scrittrice Mari Accardi con il suo libro "Non ho tempo per andare a mare" edito da Nutrimenti nel giugno di questo anno. A discutere con l'autrice Davide Ficarra del Bar Pickwick.
Mari Accardi (1977) è nata a Palermo dove insegna. Suoi racconti sono apparsi su diverse riviste e sull’antologia Quello che hai amato (Utet) curata da Violetta Bellocchio. È stata selezionata da Granta per il numero Che cosa si scrive quando si scrive in Italia dedicato ai nuovi autori del nostro paese. Ha già pubblicato, Il posto più strano dove mi sono innamorata (finalista al Premio Settembrini) e Ma tu divertiti, entrambi con Terre di Mezzo Editore.
Per Matilde non è più possibile rimandare i conti con le proprie insicurezze. Forse è il momento di farsi ‘guida’ fino in fondo: della sua famiglia e di sé stessa. Giocando con i toni della commedia e con il loro rovescio, in cui sempre risuona il tragico, Mari Accardi mette a fuoco la fatica stupefacente dell’essere turisti – audaci ma non troppo – nel paesaggio imprevedibile delle nostre vite.
Dopo il fallimento del sogno di sceneggiatrice e di ritorno da una fuga all’estero, per Matilde c’è un solo piano B: tornare in Sicilia e improvvisarsi guida turistica. Dovrà guidare per le strade e i vicoli di Palermo drappelli di settantenni per lo più stranieri e su di giri, lasciandosi contagiare dal loro entusiasmo. E se arrivasse a considerarli una famiglia alternativa? In una rappresentazione del turismo di massa disegnata sempre sul filo dell’ironia, e a tratti esilarante, Mari Accardi racconta il destino personale di una giovane donna siciliana. Bisogna allentare qualche difesa, polverizzare la diffidenza e guardare con lucidità alla famiglia d’origine. Quella vera.
Un padre impegnato in un fitto colloquio con i gatti, chiuso in una vecchia Audi come in un bunker, una madre le cui colonne d’Ercole sono la chiesa e il supermercato di quartiere. E una nonna che proietta la sua angoscia dominante – l’invadenza degli estranei – perfino nel post mortem. E se le occupassero la tomba? L’unica persona di fiducia è la badante di origini rumene, Adela. Peccato che all’improvviso faccia perdere le sue tracce, generando una turbolenza quasi ingestibile. Tutto si complica, tutto sembra andare all’aria: famiglia vera, famiglia presunta.
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