Tredici furono i giorni che Joe Petrosino trascorse a Palermo, prima del suo brutale assassinio, avvenuto a piazza Marina il 12 marzo del 1909, nella cornice di una città difficilmente riconoscibile da come oggi la potremmo immaginare.
Dopo il grande successo di “Palermo nascosta” e di “Palermitando”, in cui si racconta e si vive il capoluogo siciliano a 360° tra aneddoti, storie, racconti e leggende, Fabio Ceraulo torna ad appassionare i suoi lettori con un romanzo, appena pubblicato, dal titolo “Il tredicesimo giorno” (Milena Edizioni).
Naturalmente alla base c'è una storia che si intreccia sempre alla città di Palermo, così l'autore, partendo dai fatti storici legati agli ultimi giorni di vita di Joe Petrosino, in cui visse proprio qui a Palermo, ospite del famoso Hotel de France, costruisce la figura del suo protagonista: un giovane cameriere che lavora in un caffè-ristorantino di piazza Marina, dove in quei pochi giorni, Joe Petrosino era solito andare. Durante la sera del 12 marzo 1909, il giovane assiste all’uccisione del poliziotto, arrivato sin qui dall’America. Ecco che il romanzo prende forma e si arricchisce dello scenario di una Palermo dei primi del ‘900, tra problematiche socio-politiche ed episodi di puro folclore, tipici dei palermitani di un tempo, e forse ancora di oggi.
Palermomania.it ha incontrato Fabio Ceraulo, durante la prima presentazione del suo nuovo lavoro letterario, che ha così risposto alle nostre domande, anticipandoci qualche dettaglio:
Sei partito col raccogliere e mettere insieme una serie di racconti su Palermo, arrivando ad un romanzo che comunque è sempre palermitano. Ti senti di essere rimasto fedele al tuo modus operandi?
«Assolutamente si, la protagonista è sempre Palermo nel bene e nel male. Questo romanzo infatti nasce dalla costola di un racconto che doveva far parte di Palermitando, e che era partito dalla testimonianza di un conoscente che raccontava di un suo antenato che sentì gli spari della pistola che uccise Petrosino. E visto che questo racconto si andava espandendo, da lì è nata l’idea di abbinare una fiction alla realtà».
È stato facile poter intrecciare ad un fatto storico così importante un racconto di fantasia?
«Il tutto è nato come conseguenza di quello che si andava scrivendo e che andava maturando, poi c’è stato chi ha sentito quella sera gli spari, e pare che piazza Marina fosse in quel momento totalmente al buio. Così mi sono chiesto, visto che c’era la fermata del tram, un caffè molto importante di cui si parla anche nel romanzo, se qualcuno avesse visto. Ed allora ho inventato la storia di un giovane cameriere che lavora proprio in quel caffè, dove Petrosino si recava nelle sere in cui è stato ospite a Palermo. E da qui poi è nato tutto il resto e l’intrecciare la vita di questa persona, che avrà una svolta dal momento in cui accade questo delitto».
Questo tuo omaggio ad un pezzo di storia e ad un personaggio dimenticato, rappresenta anche un riscatto per riportarlo alla luce?
«Poco tempo fa ho avuto modo di confrontarmi con una scolaresca, con studenti molto giovani, e non c’è stato nessun tipo di riscontro positivo sulla figura di Petrosino, perché quasi nessuno lo conosce. Joe Petrosino è stato colui che ha aperto la pista a tante cose legate alla lotta contro la criminalità, è stato uno che ha fatto certe cose cento anni fa, il resto poi lo hanno fatto nomi come Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa e tanti altri martiri. Lui fu il primo a capire che qualcosa non quadrava nei rapporti tra Sicilia e Stati Uniti, che c’era questo flusso che andava e veniva, di persone con fedine penali non proprio pulite. E’ stato un uomo il cui mito dovrebbe essere sempre conosciuto soprattutto dalle nuove generazioni proprio per questi motivi».
Oltre alle vicende storiche legate a Petrosino, c’è anche tanta storia della Palermo dei primi del ‘900. Come si sono svolte le tue ricerche?
«Mi sono chiuso per qualche giorno in biblioteca e ho sfogliato tutti i giornali dell’epoca, oltre ai fatti legati al delitto Petrosino ci sono delle piccole cose che vengono fuori nel romanzo come aneddoti anche divertenti, legati a come si viveva in quel periodo. C’è ad esempio una lite in cui è coinvolto un venditore di gazzosa, oppure la figura di un personaggio che ho definito “l’adoratore”, ossia uno di quelli che si metteva a fare le corrispondenze private per conoscere una donna. Queste ultime erano un po’ le forme di approccio di quel tempo, che sono state inserite nel romanzo. Troviamo, insomma, lo spaccato di vita di quella Palermo di inizio secolo, anche se poi il romanzo va comunque progredendo nel corso degli anni».
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