Gli esperti di estetica e i critici d'arte raccomandano, con termine francese, il recule per poter comprendere davvero un'opera d'arte. E' la distanza giusta dall'oggetto esaminato, quella che permette di coglierne la totalità come i dettagli. Vietato stare troppo vicini, dunque, regola che vale anche quando si parla di un intero Paese. In questo caso, il Belpaese, con le sue suggestioni e le molteplici contraddizioni. Mariano Sabatini, giornalista, autore e critico televisivo, ha deciso di spostare lo sguardo sulle cose di casa nostra, e di incrociarlo con i corrispondenti delle maggiori testate stampa estere. Come vedono l'Italia del 2010 gli stranieri che devono scriverne per mestiere, raccontandola ai loro connazionali? La risposta è in parte nel titolo del libro a più voci L'italia s'è mesta, edito da Perrone. Nel libro parlano gli editorialisti di The Herald, Le Figaro, Frankfurter Allgemeine, Cnn, Bbc e altri autorevoli mezzi di informazione. Noi ne abbiamo parlato con Sabatini.
Mariano, L'Italia s'è mesta perché non è desta, se vogliamo insistere sul gioco di parole attorno all'inno nazionale. Ma giusto per cominciare dagli stereotipi: è tutta colpa di Berlusconi?
"Berlusconi non viene da un altro pianeta, le dinamiche che gli hanno permesso di prendere il potere e di esercitarlo tanto a lungo sono specifiche del nostro Paese, delle sue inefficienze, degli squilibri politici e mediatici. Riguardano tutti, è arrivato il momento di esaminarle e capirle, alla larga dai campanilsmi".
Due o tre particolari che rendono il nostro Paese speciale, in vario modo, agli occhi degli osservatori di altri Paesi?
"Alcuni particolari hanno a che fare con quello che noi avvertiamo come uno stereotipo. Gli stranieri continuano ad amare il nostro bel clima, il cibo, il sole, ma anche la nostra ospitalità e la capacità creativa di adeguarci al cambiamento improvviso delle circostanze. Fra queste c'è proprio la trasformazione dei nostri luoghi comuni: la tradizione gastronomica è sempre più minacciata dalla contraffazione, e il clima del Belpaese vive una brusca mutazione".
Cos'è che colpisce negativamente i giornalisti esteri, di questo nostro Paese?
"La burocrazia antica e asfissiante, che rende tutto molto lento e difficile. E la presenza delle mafie, sempre ingombrante ed emblema dell'anomalia italiana. Senza dimenticare la disaffezione alla vita politica, al dibattito civile, che ci rende un popolo pericolosamente individualista. Stiamo perdendo il rapporto con le istituzioni nell'illusione di curare maggiormente i nostri interessi privati. Ma cattive istituzioni determinano un peggioramento dell'esistenza di ciascuno di noi. Nel libro questa riflessione viene fatta da Constanze Reuscher della Zfd così come dallo storico inglese Denis Mack Smith. Qualcuno potrà obiettare: vengono fuori sempre le solite cose. Ma bisogna deporre il facile nazionalismo ed essere disposti a riflettere sull'italianità".
Più o meno esplicitamente torna l'assunto secondo cui siamo un Paese a democrazia condizionata da Berlusconi.
"Ma è proprio così, guai a pensare che lo si dica solo perché è facile sparare al bersaglio grosso. Il presidente del Consiglio si rivolge direttamente alla gente comune dal suo grande pulpito mediatico e invita a non leggere, a non informarsi, a non fidarsi dei giornali. E' una cosa gravissima. Ma per non concentrare tutto il fuoco a nostra disposizione su Berlusconi, non dimentichiamo l'anomalia assoluta che l'Italia incorpora, la chiesa cattolica con il suo condizionamento del dibattito politico, della mentalità e del confronto su importanti temi etici".
In una serie di recenti interviste per questa rubrica, personaggi diversissimi tra loro, da Ferruccio Sansa a Massimo Fini, hanno messo l'accento sull'incupimento degli italiani, dovuto anche allo scempio del territorio e dei nostri beni archeologici. E' d'accordo?
"Nel mio libro questo tema viene soltanto accennato. Ma basta ricordare che il crollo dell'armeria dei gladiatori a Pompei ha avuto grande eco ed è stato commentato come uno scandalo all'estero. Beni archelogici come quello erano la ragione per cui intellettuali, filosofi, letterati, fra il 1500 e il '700, facevano a gara per fare il cosiddetto gran tour del Belpaese. Venivano e vengono per ammirare il genius loci, ma lo trovano vilipeso. A nessuno piace stare in un posto che diventa sciatto, con un territorio sempre più instabile dal punto di vista geologico. Mi augurerei una mano molto più pesante conto gli ecomostri, non un abbattimento ogni tanto, che diventa puro spettacolo mediatico".
Se trattiamo così le testimonianze del passato vuol dire che l'Italia sta perdendo la memoria di sé?
"Da questo punto di vista la percezione degli osservatori stranieri è che ci manca proprio la coscienza collettiva, non siamo diventati mai italiani. Siamo rimasti veneti, sardi, romani, campani, l'individualismo che ci contraddistingue diventa campanilismo, non patriottismo. Però esistono segnali positivi, vedi il caso della trasmissione Vieni via con me, che tenta il recupero del dialogo civile, della testimonianza, nel rispetto della nostra storia. Che è quella che si concretizza in una delle carte costituzionali più considerate da storici e giuristi all'estero. La nostra Costituzione viene considerata un modello a cui ispirarsi, qui invece non si parla che di cambiarla, mentre chi governa non nasconde affatto il proprio fastidio rispetto alle regole istituzionali".
Fonte: tiscali
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