Un terrorista omicida o un perseguitato politico? Nel momento in cui scriviamo, Cesare Battisti è un uomo libero. Il verdetto del Supremo Tribunal Federal brasiliano ha respinto il ricorso presentato dall'Italia, l'ex membro dei Nuclei armati per il comunismo non è stato estradato. Tornato in libertà, lavora come traduttore in una casa editrice di San Paolo. La questone resta, però: Un terrorista omicida o un perseguitato politico? Se lo chiede fin da sottotitolo del suo libro Il caso Battisti (edito da Garzanti) Giuliano Turone. Il magistrato che ha istituito il primo processo sulle attività di Cosa Nostra al Nord, che ha portato all'arresto del super-boss di mafia Luciano Liggio e che, fra le altre cose, ha partecipato in modo significativo all'inchiesta sulla vicenda di Michele Sindona e dell'omicidio Ambrosoli (indagine che rivelò l'esistenza degli elenchi degli iscritti alla P2) ha riaperto i 53 faldoni dei processi contro i Pac, esamina e approfondisce le vicende che hanno portato alle sentenze contro Battisti, fino alla sua evasione dal carcere di Frosinone nel 1981. Una fuga dall'Italia che ha visto Battisti godere della protezione della Francia, ai tempi della Dottrina Mitterrand, che fino al 2003 concedeva diritto d'asilo in suolo francese a ricercati stranieri per crimini politici, per poi portarlo in terra brasiliana, dove ha riavuto la libertà. Una vicenda destinata probabilmente a non concludersi così, come ipotizza Turone, con cui abbiamo parlato del suo libro.Turone, non è detto che il caso Battisti sia chiuso con la sentenza dei giudici brasiliani?
"No, affatto. L'Italia pare stia sta attivando l'arbitrato con il Brasile, in base ad una convenzione che, circa controversie di particolare peso tra i due Paesi, prevede che si nomini una commissione composta da tre arbitri. Due hanno le nazionalità dei Paesi contendenti, il terzo è neutro. Il dissidio è tale da richiedere l'azione di questo organo, una strada che porta alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja, organo delle Nazioni Unite. Il riesame del dossier su Battisti potrebbe portare a rivedere totalmente la sua condizione di uomo libero, e abilitare l'Italia ad avanzare una nuova richiesta di estradizione. Insomma, lui vivrà ancora per parecchio tempo con la classica spada di Damocle sulla testa, le premesse ci sono tutte".Il fatto che Battisti, appena tornato in libertà, abbia rilasciato dichiarazioni perché si abbassassero i toni della discordia e ci si potesse confrontare in modo più conciliante, significa che teme, se mai dovesse essere estradato in Italia, una vendetta a mano armata contro di lui?
"Ma figuriamoci. In Italia non c'è animosità contro gli ex terroristi, soltanto il desiderio che ciascuno si prenda le proprie responsabilità. Come è stato dimostrato dagli altri ex membri dei Pac, che hanno scontato le loro condanne e sono rimasti in vita. In tutto questo tempo il modo di fare di Cesare Battisti è stato provocatorio, prima con le sue fughe verso la Francia e e il Sudamerica, poi con le sue dichiarazioni, dal 2004 fino al gennaio 2011, quando ribadì di considerarsi un perseguitato, e cercò di ingraziarsi Berlusconi, scagliandosi contro quelli che definì come giiudici comunisti autori di un golpe antidemocratico. Per cui l'Italia di oggi sarebbe identica a quella degli anni Settanta: Democrazia Cristiana al potere e Pci all'opposizione con ruolo di sabotaggio per mezzo della casta dei magistrati. E' proprio dagli atteggiamenti che bisognerebbe ripartire".Giuseppe Cruciani, giornalista e scrittore, è autore di un altro libro sulla vicenda di Cesare Battisti. A suo tempo ci ha detto che sarà impossibile riportare in Italia l'ex terrorista. Secondo lui è troppo forte la protezione che gli garantisce una lobby di intellettuali che ha grande presa sull'opinione pubblica e le istituzioni politiche. La lista di nomi è lunga: Fred Vargas, Bernard Henry Levy, fino ai nostri De Luca, Evangelisti e Scarpa. Lei che ne pensa?
"Mi sembra una lettura un po' esagerata. Indubbiamente Battisti, approfittando della Dottrina Mitterand, ha saputo conquistare la benevolenza di intellettuali e scrittori con la sua abilità di autore noir. Ma da qui a sostenere che esista una sorta di casta di operatori culturali che possa imbrigliare le mani di giudici e Stati sovrani ce ne passa. Il fatto è che nel tempo tutta la vicenda si è molto ingarbugliata e surriscaldata. Nel mi libro cito il commento del giornalista francese Eric Jozsef, il quale mette in evidenza come l'opinione pubblica all'estero possa far fatica a immaginare un ex terrorista estradato per fatti risalenti a trent'anni fa e ricercato da un Paese il cui premier non perde occasione per screditare il ruolo dei giudici, il tutto mentre l'opposizione grida al regime".Insomma, torniamo alla nostra immagine di Paese screditato all'estero.
"Il Brasile ha a sua volta una storia di lotta, anche armata e sanguinosa, contro i regimi e le dittature. Che le nostre istituzioni, specie sotto Berlusconi, finiscano per richiamare certe immagini del passato, rende più difficile il dialogo internazionale sul caso Battisti. Ma non dimentico di fare notare come lo stesso Joszef metta in evidenza che ad essere ancora più intollerabile è l'atteggiamento dell'ex membro dei Proletari armati per il comunismo, il quale si ostina a considerarasi una vittima innocente, nonostante le testimonianze e i verdetti a suo carico. Tutto ciò determina l'ipersensibilità sulle vicende che riguardano Battisti, è più che comprensibile".Dunque come valuta le parole del presidente Napolitano sulla nostra incapacità culturale e politica di far capire cosa accadde nei tormentati anni di piombo?
"Non credo che il capo dello Stato si riferisse alle modalità con cui è stata avanzata la richiesta di estradizione, quanto piuttosto al colmare la lacuna della conoscenza e della metabolizzazione di quel periodo pieno di conflitti e di sangue. Anni che ci sentiamo ancora addosso, soprattutto perché non si tiene abbastanza conto della sensibilità dei parenti delle vittime del terrorismo. E con certe sue sparate ad effetto Battisti non fa che peggiorare le cose".Da dove ripartire allora, in attesa degli sviluppi del caso Battisti?
"Sempre nel mio libro parlo di Sabina Rossa, figlia di Guido, il sindacalista assassinato dalle Br. La Rossa si è adoperata perché l'omicida di suo padre, Vincenzo Guagliardo, dopo 31 anni di carcere terminasse la sua detenzione. Un percorso condiviso, nel segno di un vero dialogo, della necessità di ravvedimento e di confronto tra chi ha causato sofferenza e i parenti delle vittime del terrorismo. E' l'unica strada percorribie per andare oltre il risentmento e la vendetta. Ma naturalmente il comportamento di Guagliardo è stato ben diverso da quello di Battisti".
Fonte: tiscali
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