«Sarò sempre grata all’Italia, agli italiani e a tutte le persone che nel mondo hanno espresso solidarietà e dato accoglienza al nostro popolo». A parlare è Anna, una delle 77.212 donne ucraine accolte nel nostro Paese dopo essere fuggite dalla guerra scoppiata nel 2022. Assieme alle madri ci sono 45.628 bambini, che hanno trovato rifugio sul territorio nazionale grazie all’opera di tanti volontari: tra questi ci sono quelli dell’associazione Arca senza confini di Messina che il 1° aprile 2022 accolse 19 bambini fuggiti dall’orfanotrofio comunale bombardato di Chernihiv, a nord di Kiev, assieme alla direttrice dell’istituto e loro tutrice, Lidia Yaroshenko.
A ripercorrere il grande abbraccio è il giornalista e influencer di LinkedIn Filippo Poletti nel libro “Ucraina: grammatica dell’inferno”. Furono Carmelo Portogallo e la moglie Alfina Lombardo, volontari dell’associazione Arca senza confini, a lanciare l’appello in Sicilia per trovare un tetto ai piccoli giunti a Mascali.
51 RACCONTI DI DISPERAZIONE: 24 FEBBRAIO 2022 INIZIO DELLA FINE
Presentati in 51 grandi racconti, i principali fatti della guerra in Ucraina (dalla strage di Borodyanka a quelle di Bucha, Irpin, Kharkiv, Kramatorsk, Mariupol e Zaporizhzhia) sono commentati dalle profughe tra i 33 e 50 anni, accolte in Italia dalla fondazione Progetto Arca e indicate con il solo nome di battesimo così da rispettare la loro richiesta di non diffondere il cognome e renderle riconoscibili: «In Ucraina lavoravano – spiega Poletti, per anni firma delle pagine di cronaca di oltre 15 testate giornalistiche –. C’è chi faceva l’imprenditrice, chi l’ingegnere, chi la farmacista, chi la biologa, chi l’insegnante di danza, chi la traduttrice, chi la cassiera o la commessa, chi l’addetta alla reception. Il 24 febbraio 2022 hanno perso tutto».
IL GRAZIE ALL’ITALIA E IL SOGNO DI UN MONDO GOVERNATO DAI BAMBINI
A scaldare il cuore dei profughi è stata l’accoglienza ricevuta nel nostro Paese: «Grazie: questo è il primo pensiero che mi viene in mente. Grazie all’Italia e all’Europa che dicono di no, in tutti i modi, a questa guerra», confida Giulia.
Anche Aliona racconta la vicinanza del popolo italiano: «Solidarietà: ho sperimento e vissuto questa parola sulla mia pelle. Sono scappata passando da Leopoli e poi, tramite la Polonia, sono arrivata in Italia. Ho sperimentato la corsa alla solidarietà che, quando non hai più nulla, ti porta a sperare in una nuova umanità: un’umanità di vita e non di morte, di pace e non di guerra».
Da Natalia arriva questa proposta rivoluzionaria: «Se il mondo fosse in mano ai bambini, la guerra non esisterebbe. Sono un insegnante di una scuola materna che si trova vicino a Mariupol. Lavoro con i bambini da 18 anni: loro sanno che la guerra è brutta e che basta incrociare le mani e gli sguardi per fare la pace. Il mondo deve essere dei bambini».
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