Come si potrebbe definire un Mod? La risposta più immediata sarebbe: il protagonista di un movimento adolescenziale britannico. Oppure, affidandosi alla sociologia, si potrebbe dire che è il soggetto di una sottocultura giovanile. Per essere meno scolastici allora è più semplice sostenere, come ha fatto Terry Rawlings, che "i Mod sono difficili da definire". E dato che Rawlings è stato contagiato dalla febbre "modernista" alla fine degli anni Settanta e che da allora non è mai guarito, non resta che credergli. Nonostante la difficoltà della sua missione lo scrittore ha dato alle stampe Mod. Vita pulita in circostanze difficili (Aracana edizioni, 2010).Non solo Who e Quadrophenia - Oltre alla citazione del padre spirituale dell'autore, Pete Meaden, contenuta nel titolo, il libro offre una variegata ricostruzione del fenomeno Mod dalle origini negli anni Sessanta fino ai giorni nostri, con tantissime foto e una capitolo conclusivo dedicato alla scena italiana scritto da Luca Frazzi che cura anche l'intera edizione. Se, come dice Frazzi, "Ci sono gli Who, Quadrophenia, Jam e Lambrette. Ma il Mod è anche altro", questo libro cerca di scandagliare questo "altro". Giovani sospesi tra individualità e gruppo - I primi Mods sono figli del Welfare State del dopoguerra, una generazione che sfugge alla leva obbligatoria e che all'impegno politico preferisce portare avanti una "rivolta dello stile". E' una ribellione del singolo, non priva di edonismo e individualismo, che però dilaga rapidamente nella working class britannica e non solo. I riferimenti dei primi Mods vanno dal R'n'B americano a Jean Seberg e Jean Paul Belmondo, da Soho ai locali come il Marquee, dai vestiti italiani alla passione per il ciclismo e ovviamente gli scooter Lambretta o Vespa.Radici musicali - Mentre la Gran Bretagna degli anni Sessanta si divide tra Beatles e Rolling Stone, i giovani Mods "odiano" i primi e considerano la banda di Mick Jagger "un gruppo di sciattoni". Nel 1961 i giovani bianchi subiscono il fascino dei locali frequentati da immigrati delle Indie Occidentali e imparano ad amare ska e bluebeat. Dopo un periodo caratterizzato da una forte esterofilia musicale e grazie all'influenza del programma tv Ready Steady Go!, compaiono sulla scena i primi gruppi Mod. A guidare la carica furono Small Faces e gli Who con un sostanziale differenza: Gli Who sembravano i classici tipi che incontri al pub. Avevano una credibilità da strada". Se Pete Townshend e compagni sono il massimo riferimento dei Mod originali, Paul Weller e The Jam incarnano la band musicale della ripresa del movimento alla fine degli anni Settanta.Mods contro Rockers, spazio all'azione - I Mods sono ricordati anche per la rivalità storica con i loro coetanei rockers. Lo stile inteso come "antitesi al grigiore del mondo reale" finisce per incarnare anche l'azione. Nel 1964 si registrano le battaglie tra i due gruppi a Clacton, a Brighton e ad Hastings. I disordini sulle località costiere diventano un rituale che trova ampio risalto anche sulla stampa. La rabbia giovanile si rivolge anche contro la polizia il motto dei Mods è riassunto in una frase: "Se vogliono una rissa, noi gliela diamo".Lo scooter come simbolo - Ultimo, ma non in ordine di importanza, elemento che identifica il Mod è lo scooter. Anche in questo caso si guarda fuori dall'Inghilterra per trovare nell'industria meccanica italiana non solo un mezzo di trasporto ma un simbolo. La Lambretta e la Vespa vengono acquistate e subito personalizzate con un numero incredibile di accessori. Il più comune sono le lettere adesive con il proprio nome attaccate sul parabrezza. I Mods si dividono subito in due partiti: i fan della Lambretta TV 200 e quelli della Vespa GS 160. La distanza tra i due gruppi non era di natura tecnica perché la velocità non era un valore da Mod, ma estetica. Per spiegare questa divisione interna che tutt'oggi permane tra lambrettisti e vespisti Rawlings usa un parallelo calcistico: "Come accade nel tifo davvero infrequenti erano i casi in cui si passava alla marca rivale".
Fonte: tiscali
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