Quando, nel 1964, Ruth Glass, sociologa inglese di origine tedesca, conia il termine “gentrification”, ( dall’ inglese “gentry”, nobiltà rurale), intende descrivere le trasformazioni di alcuni quartieri operai di Londra, prossimi al centro città.
Al contempo, Ella si riferisce, con una certa dose di ironia tipicamente inglese, ai sistemi di valori, non tanto della nobiltà di campagna, quanto di quella piccola borghesia, che, a partire dalla seconda metà del novecento, impiegandosi nel terziario, era andata a stabilirsi in quei quartieri, divenuti economicamente insostenibili per gli operai, che fino ad allora, vi avevano abitato.
Questa mobilità residenziale è resa possibile dal capitale, inteso nella sua accezione completa, quale complesso di risorse economiche, sociali, culturali, e simboliche, che incidono sul posizionamento sociale degli individui ( Bordieu 1986/2011). Per Sonia Vives Mirò, giovane geografa spagnola, “si tratta di un processo in cui la questione di classe è al centro della strategia urbana”.
Viene ad instaurarsi un processo, che, da un lato altera la fisionomia, e la percezione dei predetti quartieri, a causa delle ristrutturazioni edilizie, e delle nuove attività, dallo altro ne modifica la composizione sociale.
Gli studi sulla gentrification, provenienti da diversi ambiti disciplinari (geografia, sociologia, economia, urbanistica, pianificazione, architettura,… ), a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, conoscono un particolare sviluppo nelle città angloamericane “globali”, in particolare New York, e Londra, cioè in spazi urbani nei quali la globalizzazione, e l’ espansione dell’ economia dei servizi risultano particolarmente marcate.
Storicamente, si fa riferimento a tre periodi di sviluppo della gentrification:
il primo riguarda le città dei paesi a capitalismo avanzato, tra il 1968 e il 1973, prima della crisi fordista. Si hanno casi specifici e sporadici di gentrification, incoraggiati dalle autorità locali attraverso investimenti nei centri urbani per contrastare il declino economico e rinvigorire il mercato immobiliare” ( Lee, Slater, e Wyly, 2008). Questo processo ha riguardato quartieri di grandi città dell’ Australia, dell’ Europa occidentale, del nord est degli Stati Uniti ;
Il secondo periodo di questo processo avviene tra il 1978 e il 1988. Non sono più casi isolati, ma un vero e proprio processo di ristrutturazione urbana, sempre più esteso, ed integrato. Al contempo si affermano le politiche neoliberiste, tramite le quali, le città diventano centrali nelle logiche di accumulazione economica. Esempi significativi sono, per esempio, i quartieri di Soho, e Tompkins Square Park a New York ;
Dall’ inizio degli anni 90’, nel terzo periodo, la gentrificazione, con nuove alleanze tra imprenditori privati e amministrazioni locali, oltre alle aree centrali, coinvolge quelle precedentemente disabitate, risultanti dalla riconversione industriale, o dalla conversione di ex uffici in case.
E’ necessario porre in evidenza che le cause, e le conseguenze della gentrificazione sono differenti a seconda dei luoghi in cui avviene, e delle interconnessioni che si sviluppano tra i soggetti che la generano.
A differenza delle città americane, organizzate su un impianto ortogonale, a maglie larghe, poco denso, con un alto tasso di sostituito del costruito, la città europea è più complessa. Ha una urbanizzazione densa e compatta, di matrice radiale, che, dall’ area centrale, di più antica fondazione, si disperde in corrispondenza delle aree periferiche, mostrando, in genere, uno sviluppo urbano, frutto di diverse epoche storiche, di cui conserva le testimonianze.
In Europa, la figura centrale dello scenario urbano non è la grande metropoli, ma la città di medie dimensioni, cioè una città tra i 200.000 e 1.500.000 abitanti, presenti nell’ “area urbana funzionale”, che comprende sia l’ agglomerato urbano che lo interland.
Nel vecchio continente, poi, dove, assai più che in America le istituzioni hanno storicamente indirizzato e strutturato la vita sociale, la considerazione dello intervento pubblico è un fattore di primaria importanza nell’ analisi delle trasformazioni urbane.
Contrariamente a quanto avvenuto in altri paesi, la parola “gentrificazione” è stata per lungo tempo assente dal dibattito italiano. Un termine scomodo, che rimanda all’ emersione di diseguaglianze, conflitti sociali, allontanamenti dei soggetti deboli dai quartieri.
Per queste ragioni, le trasformazioni che negli ultimi 40 anni hanno coinvolto il cuore delle città italiane, pur essendo il più delle volte assimilabili a processi di gentrificazione, hanno spesso assunto il nome di “rivitalizzazione”, “riqualificazione”, e, in ultimo, “rigenerazione”.
In realtà, questa sostituzione del termine avviene anche in altri paesi europei. A partire dagli anni 80’, la gentrification diviene gradualmente un obiettivo di molte politiche urbane narrate con una terminologia accattivante.
Nello scenario globale post fordista, le città vengono gestite sempre più come aziende. In questo senso, “le nuove funzioni di queste città diventano la promozione, e il marketing, attirare investimenti, il miglioramento della competitività e l’ impulso alla creazione di nuove imprese all’ interno della stessa località” ( Gonzalez Ceballos 2000 ).
Il turismo, in sostanza, nelle città, diventa funzionale alla gentrification, e viceversa.
Infatti la “gentrification è una delle strategie di marketing dell’ urbanistica neoliberistica per attrarre investimenti nel turismo. Al contrario, senza gentrification, il mercato urbano è assai scarso, per cui non vi è ascesa della città nelle gerarchie urbane globali, quindi non c’è attrazione di flussi di capitale e turistici. ( Sonia Vives Mirò ).
Così, a Palma di Maiorca, città fondata dai Romani col nome Palma ( ripreso dal 2008), con il progetto Urban, a partire dagli anni 90’, il quartiere della Gerreria, nel centro della città, subisce un violento processo di gentrificazione, che consente la riconversione di quello spazio urbano in zone di consumo e d’ ozio, attrattive per il turismo, ed in grado di determinare l’ ascesa della città nella gerarchia globale.
Ma, come già detto, l’intervento statale nell’accesso alla casa può influenzare le declinazioni, e gl’impatti della gentrification ( Kazepov, 2005 ).
A questo proposito, infine, ci piace ricordare Palermo, dove nel corso degli ultimi trent’ anni, l’ Amministrazione Comunale, sorretta da una visione di società che debba tutelare i più deboli, operando una pianificazione urbanistica contraria alla logica del profitto, ha evitato che gl’ immigrati, e altri soggetti, socialmente fragili fossero allontanati, a causa di una gentrificazione, dal centro storico dove risiedevano.
Quando, nel 1964, Ruth Glass, sociologa inglese di origine tedesca, conia il termine “gentrification”, ( dall’ inglese “gentry”, nobiltà rurale), intende descrivere le trasformazioni di alcuni quartieri operai di Londra, prossimi al centro città.
Al contempo, Ella si riferisce, con una certa dose di ironia tipicamente inglese, ai sistemi di valori, non tanto della nobiltà di campagna, quanto di quella piccola borghesia, che, a partire dalla seconda metà del novecento, impiegandosi nel terziario, era andata a stabilirsi in quei quartieri, divenuti economicamente insostenibili per gli operai, che fino ad allora, vi avevano abitato.
Questa mobilità residenziale è resa possibile dal capitale, inteso nella sua accezione completa, quale complesso di risorse economiche, sociali, culturali, e simboliche, che incidono sul posizionamento sociale degli individui ( Bordieu 1986/2011). Per Sonia Vives Mirò, giovane geografa spagnola, “si tratta di un processo in cui la questione di classe è al centro della strategia urbana”.
Viene ad instaurarsi un processo, che, da un lato altera la fisionomia, e la percezione dei predetti quartieri, a causa delle ristrutturazioni edilizie, e delle nuove attività, dallo altro ne modifica la composizione sociale.
Gli studi sulla gentrification, provenienti da diversi ambiti disciplinari (geografia, sociologia, economia, urbanistica, pianificazione, architettura,…), a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, conoscono un particolare sviluppo nelle città angloamericane “globali”, in particolare New York, e Londra, cioè in spazi urbani nei quali la globalizzazione, e l’ espansione dell’ economia dei servizi risultano particolarmente marcate.
Storicamente, si fa riferimento a tre periodi di sviluppo della gentrification:
il primo riguarda le città dei paesi a capitalismo avanzato, tra il 1968 e il 1973, prima della crisi fordista. Si hanno casi specifici e sporadici di gentrification, incoraggiati dalle autorità locali attraverso investimenti nei centri urbani per contrastare il declino economico e rinvigorire il mercato immobiliare” (Lee, Slater, e Wyly, 2008). Questo processo ha riguardato quartieri di grandi città dell’ Australia, dell’ Europa occidentale, del nord est degli Stati Uniti ;
Il secondo periodo di questo processo avviene tra il 1978 e il 1988. Non sono più casi isolati, ma un vero e proprio processo di ristrutturazione urbana, sempre più esteso, ed integrato. Al contempo si affermano le politiche neoliberiste, tramite le quali, le città diventano centrali nelle logiche di accumulazione economica. Esempi significativi sono, per esempio, i quartieri di Soho, e Tompkins Square Park a New York ;
Dall’inizio degli anni 90’, nel terzo periodo, la gentrificazione , con nuove alleanze tra imprenditori privati e amministrazioni locali, oltre alle aree centrali, coinvolge quelle precedentemente disabitate, risultanti dalla riconversione industriale, o dalla conversione di ex uffici in case.
E’ necessario porre in evidenza che le cause, e le conseguenze della gentrificazione sono differenti a seconda dei luoghi in cui avviene, e delle interconnessioni che si sviluppano tra i soggetti che la generano.
A differenza delle città americane, organizzate su un impianto ortogonale, a maglie larghe, poco denso, con un alto tasso di sostituito del costruito, la città europea è più complessa. Ha una urbanizzazione densa e compatta, di matrice radiale, che, dall’ area centrale, di più antica fondazione, si disperde in corrispondenza delle aree periferiche, mostrando, in genere, uno sviluppo urbano, frutto di diverse epoche storiche, di cui conserva le testimonianze.
In Europa, la figura centrale dello scenario urbano non è la grande metropoli, ma la città di medie dimensioni, cioè una città tra i 200.000 e 1.500.000 abitanti, presenti nell’ “area urbana funzionale”, che comprende sia l’ agglomerato urbano che lo interland.
Nel vecchio continente, poi, dove, assai più che in America le istituzioni hanno storicamente indirizzato e strutturato la vita sociale, la considerazione dello intervento pubblico è un fattore di primaria importanza nell’ analisi delle trasformazioni urbane.
Contrariamente a quanto avvenuto in altri paesi, la parola “gentrificazione” è stata per lungo tempo assente dal dibattito italiano. Un termine scomodo, che rimanda all’ emersione di diseguaglianze, conflitti sociali, allontanamenti dei soggetti deboli dai quartieri.
Per queste ragioni, le trasformazioni che negli ultimi 40 anni hanno coinvolto il cuore delle città italiane, pur essendo il più delle volte assimilabili a processi di gentrificazione, hanno spesso assunto il nome di “rivitalizzazione”, “riqualificazione”, e, in ultimo, “rigenerazione”.
In realtà, questa sostituzione del termine avviene anche in altri paesi europei. A partire dagli anni 80’, la gentrification diviene gradualmente un obiettivo di molte politiche urbane narrate con una terminologia accattivante.
Nello scenario globale post fordista, le città vengono gestite sempre più come aziende. In questo senso, “le nuove funzioni di queste città diventano la promozione, e il marketing, attirare investimenti, il miglioramento della competitività e l’ impulso alla creazione di nuove imprese all’ interno della stessa località” ( Gonzalez Ceballos 2000 ).
Il turismo, in sostanza, nelle città, diventa funzionale alla gentrification, e viceversa.
Infatti la “gentrification è una delle strategie di marketing dell’ urbanistica neoliberistica per attrarre investimenti nel turismo. Al contrario, senza gentrification, il mercato urbano è assai scarso, per cui non vi è ascesa della città nelle gerarchie urbane globali, quindi non c’è attrazione di flussi di capitale e turistici. ( Sonia Vives Mirò).
Così, a Palma di Maiorca, città fondata dai Romani col nome Palma ( ripreso dal 2008), con il progetto Urban, a partire dagli anni 90’, il quartiere della Gerreria, nel centro della città, subisce un violento processo di gentrificazione, che consente la riconversione di quello spazio urbano in zone di consumo e d’ ozio, attrattive per il turismo, ed in grado di determinare l’ ascesa della città nella gerarchia globale.
Ma, come già detto, l’ intervento statale nell’ accesso alla casa può influenzare le declinazioni, e gl’ impatti della gentrification ( Kazepov, 2005 ).
A questo proposito, infine, ci piace ricordare Palermo, dove nel corso degli ultimi trent’ anni, l’ Amministrazione Comunale, sorretta da una visione di società che debba tutelare i più deboli, operando una pianificazione urbanistica contraria alla logica del profitto, ha evitato che gl’ immigrati, e altri soggetti, socialmente fragili fossero allontanati, a causa di una gentrificazione, dal centro storico dove risiedevano.
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