L'umana avventura, così come è stato definito ogni percorso di vita umana, non manca mai di sorprenderci, con la varietà degli accadimenti che sempre la caratterizzano e la infinita serie di casualità che la rendono comunque interessante oltre che alternativamente piacevole o spiacevole.
In questi nostri tempi poi tanto sfortunati, con questa pandemia che ci ha tutti mascherati e ci ammutolisce di giorno in giorno, logico che se ne siano visti e se ne vedano di tutti i colori. Può capitare, come è capitato, che in una struttura adatta a casa di riposo per anziani, entri di soppiatto per qualche distrazione, il terribile virus, sicché la struttura tutta venga posta in quarantena e quindi si trasformi in una specie di prigione a tempo, dove gli ospiti quieti e incolpevoli debbano restare reclusi. Ma la conseguenza più singolare dell'accaduto è stata che il personale ivi addetto, quello di maggiore pratica si sia trovato fuori per varie faccende, ed ora per 15 giorni non può rientrare, per cui la struttura resta in mano a chi c'era, cioè i giovani gestori su cui cade tutto l'inumano lavoro di mantenimento e funzionalità. Partono, com'era dovuto, le richieste di aiuto, accorrono le auto del 118 alle grida disperate di soccorso, qualcosa viene, ma per controlli e moduli da riempire, per la necessità, quali il rifornimento del vitto, nulla. L'episodio rimane indicativo di una situazione che investe l'organizzazione della vita pubblica e che andrebbe discusso tra le esperienze da incasellare, anche per il futuro. E non ci può essere opinione che diverga: le emergenze nella società globale e multirazziale sono ormai da mettere nel conto della frequenza e molto c'è da rivedere nei ministeri competenti e nelle prerogative di Regioni e Comuni. Ma in questa sede, a noi interessa soprattutto rilevare dall'episodio in sé non i dati di cronaca, ma quanto può essere oggetto di valutazione critica. Anzitutto sotto il profilo giornalistico. Da quel che è accaduto come sopra descritto, sono partiti i titoli dei giornali e, senza le opportune verifiche, la struttura in questione è risultata incriminata oltre misura, quando un giornalismo d'informazione diretta, con constatazione in loco e intervista, avrebbe dato la verità, cioè che la struttura ha subìto inconvenienti ma è rimasta funzionale; non è chiusa, non c'è la catastrofe che colpirebbe delle economie. Inoltre dall'accaduto desumiamo due considerazioni da affidare alla pubblica opinione, per quel che possa contare.
La prima sarebbe un suggerimento. Visto il numero di anomalie e di incidenti che capitano, specie a causa di questo imperversare epidemico, come si può far danno esagerando una notizia, non sarebbe male creare un inventario di quel che accade, in modo che si abbia una casistica utile al consulto celere e facile per possibili necessità future.
L'altra è addirittura l'apertura di una vera e propria campagna per combattere quella che definiamo la burocrazia dell'emergenza. Chiariamo.
Quando si verifica, come nel caso denunciato, un'emergenza, quel che soprattutto occorre è fare presto, specie se si tratta di liberare dai guai l'essere umano colpito. Invece suole succedere che, a fronte di richiesta di soccorso, spesso vengano rimandi telefonici assurdi, con l'uso di una prassi non idonea alla varietà dei casi. Sicché può ben capitare che una struttura che ha in carico anziani, debba ottenere interventi a forza di sussurri e grida, o soffrire il disinteresse specie se gli addetti interpellati hanno finito i loro turni orari e se ne vanno via in ogni caso. E' successo pure che in ospedale qualche malato colpito da immobilità, abbandonato da chi ha finito il turno, sia stato lasciato per lunghe ore tra i suoi escrementi ed ha addirittura dovuto telefonare ai carabinieri per fare accorrere qualcuno a liberarlo. Ecco, quello che non va non è l'ordine burocratico, ma il rigore burocratico anche nell'emergenza, il che non è né logico né umano. Perché tra le cose umane c'è l'imprevedibile e questo non vuole l'efficienza burocratica ma l'efficienza di un responsabile che sia sempre disponibile lì dove c'è da sapere quel che c'è da fare e come. Un responsabile che risponda e paghi l'omissione. Il che vuol dire che la responsabilità viene prima della prassi e del protocollo. Un concetto questo che fa opinione e che non prevede contraddizioni.
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