Un’epoca si distingue e si giudica dalle particolari vicende di costume e dalla cultura che produce ed esprime. Facile è dire della bassezza morale della nostra epoca se ci soffermiamo appena a considerare la vergognosa cagnara mediatica che si è sviluppata a proposito della vicenda Ronaldo, perché passato, alla Juventus dal Real Madrid: un affare che riguarderebbe il mondo del calcio, cioè lo sport, ma che ha funzionato come occasione per una specie di epopea universale, francamente sproporzionata, per il costo e il seguito. Le masse, l’opinione pubblica, tramite tutti i giornali, si sono sprecati in esaltazione dell’avvenimento e a celebrare la gloria di un personaggio, che tutto sommato ci pare umanamente un laqualunque che sa ben tirare calci. Si dirà: ma questo è il mondo d’oggi, quello del calcio che muove e promuove miliardi. Appunto. Sarebbe il mondo dove il business non vuole limiti morali, dove l’ex lotta sportiva ormai è piuttosto lotta tra chi ha più soldi. Ma proprio per questo sia lecito ed auspicabile che resti perlomeno qualche voce a manifestare il disagio e lo schifo che si prova.
Passiamo alla cultura. In prima fila ci sarebbero come sempre gli scrittori. Ebbene non ci pare che dal panorama di quel che ci si fa leggere oggi come prodotto letterario ci sia qualche caso che sfondi la mediocrità. C’è nell’editoria per lo più indulgenza ad un realismo da consumo, alla semicronaca sentimentale surrogata in abbondanza da giovanilismo femminile; o il favorire la tendenza alla crudezza del giallo. Non per nulla il primo piano come scrittore resta giustamente appannaggio di Camilleri, il creatore del Montalbano, che per gustosa ironia funziona come secoli fa ben funzionava Pulcinella. La questione è che la nostra età non produce rivoluzionari del pensiero, quelli che dal tempo estraggono una concezione analitica, in vista della condizione e del futuro dell’uomo universale, di quanto gli si para pro e contro. Insomma non si registra scrittura con profonda filosofia della vita o consapevole interpretazione di quanto potrà fare storia. Ne risente, a proposito, anche il discutere che si fa su quel che accade nelle cronache e il modo con cui vi si destreggia la politica. Si prenda per tutti il dramma planetario, inarrestabile, dei migranti, e si osservi se c’è qualche scrittore o opinionista che ci si sia impegnato in modo incisivo e sensato. Tutti bravi a dichiarare, tutti a recriminare e a insorgere in nome della facile pietà, dai politici, specie quelli trombati e corrivi, ai Monsignori, nessuno che abbia avanzato un progetto credibile, neppure un proclama o uno di quei manifesti che una volta perlomeno facevano un po’ di chiasso. Prendiamo spunto, a proposito, da un intervento dello scrittore Veronesi, che pure è tra quanti hanno merito d’intelligenza inventiva; questi, in un lungo articolo sul Corriere della sera, proponeva che sui barconi dei disperati si potessero vedere gli eroi del successo mediatico, un Totti, per esempio, un Benigni, ma nella sostanza si allineava al piagnisteo che tanto si fa per i morti in mare, per la crudeltà con cui si fa poca accoglienza o, specie ora, con cui si chiudono i porti. Ma come quello di Veronesi, è costante e uniforme il dichiarazionismo sul problema dei migranti, fatuo invece il modo di affrontarlo alla base, cioè di definirlo per quello che è, per come si presenta e come si alimenta; e con quali modi concreti lo si può sostenere se non proprio risolverlo. Siamo a questo punto: c’è l’industria che crea il disperato in vista di chi lo piange; e chi lo piange ci fa attorno l’industria, almeno finora ce l’ha fatta, e quelli del Partito democratico ne dovrebbero avere qualche informazione. La realtà del problema migranti è drasticamente questa, a parte le statistiche che dicono che non sia un problema, a parte la visione distorta o la cecità della falsa Unione europea. E questa realtà comporta centinaia di morti in mare, centinaia di bambini gettati allo sbaraglio, clandestini e criminali lanciati all’avventura, l’arricchimento di delinquenti e stupratori, scafisti e profittatori. La si vuole fermare o no questa realtà? C’è Salvini, eletto proprio per le promesse di affrontarla con forza, che ha perciò i suoi metodi; però se non va bene, quali metodi in alternativa si propongono? O le critiche significano che tutto deve restare com’era, con la sola Italia dove dovrebbero continuare a sbarcare i barconi e dove ci si commuove con tanti bei commenti sull’infelicità dei profughi? Perché è inutile venirci a dire che i migranti sono esseri umani, perché tutti lo sappiamo bene, e tutti soffriamo per loro, ma questo elude l’attenzione dal nocciolo del problema, che sta tutto nella crisi della civiltà occidentale, la quale non ha più idee e forza, dico anche forza militare d’intervento, a difesa dei valori umani nel mondo, tutta rappresa com’è a tutelare equilibri e interessi finanziari; per cui, anche rispetto a possibili sconvolgimenti planetari, si va avanti a tamponamenti, ad accordi di distribuzione per accomodo, a furberie per cavarsela un paese meglio dell’altro. Questo è infatti il guaio della povera Europa, messo in luce dal problema migranti. E non c’è cultura che generi distinzione e illumini le masse, che infatti oggi impazziscono per Ronaldo o per il cantante pop barbuto e scamiciato, mentre sul dramma storico dei migranti si attestano acriticamente e fatuamente pro o contro Salvini. A proposito del quale, però, giacché ci siamo, ci concediamo una digressione.
Non siamo tra coloro che possono recriminare sulla sua politica verso i migranti, giacché non abbiamo soluzioni miracolose da affermare e non stiamo tra i facili commentatori del relativo dramma; comunque a Salvini vorremmo raccomandare di moderare la visibilità fisica e verbale nell’operare, considerando lui per primo che, se dovesse cadere questo governo, di cui va tutelato il prestigio del capo, non gli resterebbe che tornare gregario del clan di Berlusconi. E’ un Governo l’attuale dove c’è di che dire un giorno si e uno no; né poteva accadere diversamente, data la sua impronta anticonformista che infastidisce troppi. Ma non sarebbe male se spesso si riassumesse il modo difficoltoso con cui è nato, quando era assolutamente necessario per tutti che nascesse; e, mentre ora lo si avversa, da parte di tutti ci si chiedesse anche cosa accadrebbe se cadesse, quali guai si prospetterebbero dati i tempi inquieti che attraversiamo. Forse in tutti ne verrebbe un po’ più di saggezza e utile desiderio di coesione.
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