La nascita di un bambino è un evento straordinario e meraviglioso per ogni genitore…anche quando ad arrivare al mondo non è un bambino sano, ma un bambino diversamente abile.
Si tratta di un cambiamento che coinvolge l’intero sistema familiare e di un viaggio entusiasmante ma anche faticoso….Se poi siamo di fronte ad un bimbo diversamente abile le difficoltà per i genitori sicuramente si moltiplicano e le situazioni da dover affrontare diventano fonte di stress e frustrazione…
Ma cosa accade realmente ad una coppia di genitori quando viene comunicata la disabilità del loro bambino?
Innanzitutto il modo con cui una diagnosi viene comunicata ha sicuramente un impatto non indifferente sulla coppia di neo genitori, i quali dovranno cercare di superare lo shock iniziale per trovare insieme le risorse per affrontare questa situazione.
Il momento in cui viene data la diagnosi ed il successivo periodo di adattamento della famiglia restano determinanti per avviare una relazione con il bambino e con gli operatori che forniranno un sostegno terapeutico.
Generalmente alla primissima fase di sgomento si passa ad una di incredulità per giungere a quella dell’accettazione e dell’adattamento. I genitori si trovano quindi a dover elaborare la perdita del bambino atteso, sano e pieno di vita che avevano già fortemente sognato e ad investire le cariche affettive sul figlio reale.
Il distacco dal “bambino interno” ovvero il bambino desiderato è fondamentale per la relazione del bambino con l’ambiente e quindi per il suo sviluppo. La mancata elaborazione della perdita può portare alla messa in atto di meccanismi di difesa come il diniego, la proiezione, la rimozione.
Così, al trauma iniziale, può seguire una totale mancanza di speranza che può portare i genitori a nutrire aspettative estremamente basse nei confronti del figlio. È anche possibile che i genitori rifiutino il bambino, lo trascurino, o non si preoccupino del deficit. I genitori, e in particolar modo la madre, possono avvertire un enorme senso di frustrazione, che può sfociare in crisi depressive, aggravate dalla dipendenza da terze persone..Il senso di fallimento vissuto dalla coppia determina ansia e insicurezza, che si riflettono nei rapporti interpersonali, e sugli altri membri della famiglia.
Altra possibile reazione è l’iper protezione: la madre vive e fa vivere il figlio in un’atmosfera di continuo timore che sfocia in isolamento, poiché vengono evitati i contatti con i coetanei nel timore che gli facciano male, non viene data al bambino l’opportunità di esplorare oggetti, di provare nuove esperienze, di sviluppare l’autonomia in aree quali il nutrimento, l’igiene personale, la scoperta dell’ambiente. Inoltre, spesso il genitore lotta con la paura o la certezza che il bambino non cresca come dovrebbe. Ciò lo può portare a spingere e sollecitare il bambino prima che sia pronto, ad esagerare il confronto con gli altri, a non tener conto delle caratteristiche e dei ritmi personali, a sottolineare troppo le mancanze, i ritardi, anziché le conquiste, le acquisizioni, le capacità.
Nel contempo, il padre, tende ad avere un atteggiamento più sfuggente, i "doveri" del singolo coniuge divengono più rigidi e distanti. Il partner non è avvertito come fonte di sicurezza e serenità. Mai come in questi momenti la famiglia ha bisogno di un supporto informativo in merito alle problematiche sanitario-riabilitative, pedagogico-educative, e legislativo burocratiche. La famiglia del disabile si sente, ed è, più sola delle altre. Questo circolo vizioso non fa che incidere negativamente sulla probabilità di verificarsi di errori nell'ambito educativo del bambino da parte dei genitori. . La diffusione di progetti di Parent Training di certo agevola il modo in cui si affrontano simili problemi. Il processo di normalizzazione ed educazione del bambino disabile richiede un costante e cosciente intervento della famiglia. A tal proposito gli interventi dedicati alle famiglie si sono andati via via evolvendo, sino alla definizione di alcuni modelli, brevemente qui riassunti:
Sembra infine che i sentimenti e le reazioni dei genitori alla nascita di un bambino diverso dall’attesa siano simili in tutti i contesti sociali e culturali (Polletta, 1986) e siano in qualche modo indipendenti dai caratteri fisiognomici della disabilità, come se il trauma fosse così forte, improvviso, da superare ed annullare le differenze individuali e transculturali!
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