Ecco le tradizioni culinarie legate alla Pasqua.
Si usa cucinare l’agnello (in diverse ricette che variano da città a città), offrire e mangiare le uova, si prepara una grande varietà di dolciumi e, legato al lavorìo in cucina durante il periodo di Pasqua, è nato il detto "Aviri cchiù cchì fari di lu furnu di Pasqua". Le pecorelle di pasta reale sono diventate un classico così come le uova colorate. Si preparano i cosiddetti pupi ccù l’ova, panierini di pasta di pane che contengono, immersi o affioranti, delle uova colorate. Le forme di questi dolci casalinghi sono tantissime e spesso curiose così come i nomi con i quali vengono indicati.
Su tutti i dolciumi, su tutta la pasticceria spopola la cassata, divenuta quasi un mito e famosa in tutto il mondo. La Cassata costituiva, almeno fino all’epoca in cui veniva preparata solo per Pasqua, il punto di arrivo per una completa e appagante celebrazione delle festività. Si praparano cassate di ogni forma e dimensioni tutte gonfie di ricotta addolcita, decorata e farcita di frutta candita e marmellata di albicocca, il tutto ricoperto da glassa colorata.
La cassata è il dolce che in tutto il mondo si identifica con la pasticceria siciliana. L’origine di questa prelibatezza è araba: il quas’at era una specie di zuccotto di tuma fresca dolcificato con zucchero. L’attuale cassata, la fsua fisionomia e il suo gusto, si deve, a quanto pare, alle suore del Monastero di Valverde di Palermo che, intono alla metà del 1700, modificarono, in parte, la ricetta araba, aggiungendo il pan di spagna e la glassa colorata.
Pupi cull’ova: In Sicilia, i dolci pasquali divenuti ormai in molti comuni delle vere e proprie opere d’arte della pasticceria tiradizionale storicamente nascono quali ‘pani speciali’ diversi da quelli di consumo quotidiano. Al simbolismo originario della Pasqua come rito di rinascita della natura si riconnettono i dolci che contengono ad esempio l’uovo, elemento centrale che con l’avvento del cristianesimo ha assunto in sé il significato simbolico della resurrezione e della speranza, e che campeggia in molte preparazioni pasquali e non solo siciliane. La nascita di questa tradizione va ricercata nelle origini della stessa Pasqua, che si celebrava tra il 14 e il 15 del mese di “nissan”, che corrispondeva all’equinozio di primavera nel calendario ebraico, rappresentando nello stesso tempo anche il principio dell’anno. Poi, come stabilì il Concilio di Nicea, la Pasqua cristiana venne regolata in modo che cadesse la domenica dopo il plenilunio di primavera, ma ciò fece sì che la Pasqua non coincidesse più con l’inizio dell’anno. Rimasero però i riti dell’inizio dell’anno tra i quali i pani con le uova.
I pupi cull’ova sono dei particolari pani o paste dolci di diversa grandezza e con forme di bambola, di pupattola, di prete, di mostro o altro, sopra ed entro le quali forme vengono racchiuse delle uova sode. Generalmente vengono preparate nel periodo pasquale e sono diffusi in tutta la in Sicilia.
Le origini risalgono al periodo in cui non erano ancora largamente commercializzate e diffuse le uova di cioccolato. Assumono nomi diversi a seconda della località in cui sono preparati, (“campanaru” o “cannatuni” a Trapani, “pupu ccù l’ovu” a Palermo, “cannileri”nel nisseno, “panaredda” ad Agrigento e e Siracusa, “cuddura cull’ovu” a Catania, “palummedda” nella parte sud occidentale dell’isola) e diverse forme (panierini, di colombe, di cavallucci, di cuori). e sono anche l’esempio di come l’evolversi dei pani pasquali in dolci abbia comportato una sempre più massiccia utilizzazione di ingredienti estranei alla panificazione tradizionale: all’olio è subentrata la sugna e al lievito l’ammoniaca.
Si sono inoltre introdotte sovrastrutture decorative sempre più elaborate in cambio dei tradizionali semi di sesamo o di papavero. L’attuale pane dolce viene così ricoperto da una semplice glassa di zucchero, albume e limone (marmurata, vilata, allustrata o jelu, a seconda delle parlate), che un tempo veniva stesa con una penna di gallina.
Le uova che si inseriscono generalmente sode, possono essere colorate di rosso, il colore della fertilità. La colorazione può essere ancora oggi rudimentalmente ottenuta mettendo a bollire le uova in un infuso ottenuto da una speciale radice, la rùggia. Più frequentemente si usa strofinare sul guscio dell’uovo della carta velina resa leggermente inumidita. diversi nomi
Ingredienti
- 1 kg di farina
- 300 gr di zucchero
- 250 gr di strutto
- 3/4 uova
Esecuzione
Impastare gli ingredienti con acqua fino a raggiungere la consistenza della pasta del pane, poi formare la figura che si vuole e nel centro inserire l’uovo sodo.
Decorare a piacere con granella di zucchero, glassa e fantasia. Infornare in una teglia unta fino a cottura.
Le pecorelle. "I picureddi" sono dolci a base di pasta reale, a forma di agnello con una posa classica ovvero sdraiato su un fianco, sopra un prato verde disseminato di confettini multicolori, con una banderuola rossa simile a quella che nell’iconografia sacra è in mano a San Giovanni, infilzata sul dorso”. Queste forme ad agnello sono realizzate con la pasta reale detta anche Martorana, poiché furono le suore del Monastero della Martorana a tramandare l’arte di questi frutti di marzapane dalle forme e dai colori più disparati, lucidati con gomma arabica. La pasta reale altro non è che un composto realizzato con pasta di mandorle dolci, albume d’uovo e zucchero. Il nome deriva dall’arabo Mauthaban che originariamente indicava una moneta, poi un’unità di misura, quindi lo stesso contenitore del marzapane.
Preparazione. Bisogna innanzi tutto procurarsi le forme di gesso. Si prepara quindi la pasta reale, si spolverano le due metà della forma all’interno con un po’ di farina e si riempiono di pasta reale (nell’agrigentino soprattutto, sono famose le pecorelle di Favara). E’ usanza farcire l’interno con una pasta di pistacchi ottenuta, amalgamando sul fuoco, pistacchi pelati e tritati e zucchero in pari quantità. Si chiudono quindi le due metà della forma, poi si staccano cercando di far venir fuori la pecorella tutta intera.
Normalmente la pecorella così ottenuta viene infilzata con una bandierina rossa sul dorso e sistemata in un panierino sopra un foglio verde, che funge da prato, sul quale si trovano sparpagliati confettini colorati.
Ingredienti: Dosi: Farina di mandorle kg 1, zucchero kg 1, vaniglia mezza bustina, acqua g 250.
La Pasta Reale è fatta di Marzapane, una preparazione dolciaria più o meno consistente, costituita da pasta di mandorle finemente suddivisa ed amalgamata con albume d'uovo e zucchero, riconosciuta prodotto tipico della regione Sicilia.
In origine in Sicilia veniva unita ai frutti freschi per far gioire i bambini. Si racconta che a Palermo al convento della “Martorana” da cui appunto prenderebbe il nome, le monachelle attendevano la visita di un illustre prelato e per abbellire il giardino pensarono di rimpiazzare i frutti ormai raccolti con i dolci di marzapane a forma e colore di arance, mandarini e limoni, fu un grande successo. Poi con la fantasia e la bravura dei pasticcieri Siciliani vennero realizzate tante altre coloratissime forme.
La colomba. Insieme all’uovo di Pasqua, fa parte della tradizione gastronomica Pasquale dell’Italia intera; le sue origini vanno ricercate verso la metà del VI secolo quando, durante l’assedio di Pavia da parte di Re Alboino, lo stesso si vide offrire un dolce a forma di colomba in segno di pace. La storia recente e forse quella più realistica, vede nei primi del Novecento l'azienda milanese Motta, creare un dolce simile al panettone, ma con un aspetto decisamente legato alla Pasqua: nasce così la colomba come la conosciamo oggi, un morbido dolce lievitato, con canditi e una croccante ricopertura di glassa e mandorle. Preparazione. La difficoltà di preparazione della colomba pasquale stà nella sua lavorazione, che è piuttosto lunga e laboriosa; l’importante è non avere fretta per permettere all’impasto la giusta lievitazione.
Primo impasto: impastate 100 gr di farina 00 con poco latte e il lievito, facendo riposare l’impasto al caldo per 30 minuti coperto con un panno.
Secondo impasto: Aggiungete all’impasto gli altri 100 grammi di farina 00 con il restante latte, eventualmente diluendolo con poca acqua tiepida fino a raggiungere un impasto morbido che lascerete riposare e lievitare altri 30 minuti coperto e al caldo.
Terzo impasto: Unite ora 150 grammi di farina Manitoba, 60 grammi di zucchero ed incorporate lentamente 80 grammi di burro, formando una pasta uniforme ed elastica che lascerete riposare per 2 ore circa, sempre coperta e sempre al caldo.
Quarto impasto: All’impasto lievitato, unite ora uno alla volta tutti gli ingredienti rimasti , iniziando dai 150 gr di farina Manitoba, i 170 gr di burro, impastando fino a che il burro non sarà completamente assorbito.
Aggiungete un pizzico di sale, i 60 grammi di zucchero rimasti, la vanillina, la buccia degli agrumi, il miele e, una ad una, le uova cominciando dai tuorli; amalgamate bene tutti gli ingredienti aggiustando eventualmente con qualche cucchiata di farina se l’impasto risultasse troppo appiccicoso. Per ultimo aggiungete i canditi, e riponete anche in questo caso l’impasto a lievitare per 8 ore circa sempre al caldo e sempre coperto.colomba_lievitaz_ric.jpg
Quinto impasto: Lavorate un ultima volta l’impasto per fargli perdere il gonfiore e riponetelo nello stampo di cartoncino a forma di colomba che potete tranquillamente trovare in tutti i supermercati, e lasciatelo lievitare per altre 6 ore. Nel frattempo preparate la glassa con la quale andrete a ricoprire la colomba poco prima di infornarla. Macinate le mandorle pelate fino ad ottenere una farina, che unirete allo zucchero a velo vanigliato e all’albume delle 3 uova che non avete usato nell’impasto della colomba; mescolate il tutto fino ad ottenere una glassa non troppo fluida che altrimenti colerebbe ai lati. Ricoprite con questa glassa la colomba e per ultimo cospargetela con lo zucchero in graniglia e le mandorle non pelate.
Infornate la colomba in forno già caldo a 200°, e poi dopo i primi 10 minuti abbassate la temperatura a 180°, cuocendo per altri 30 minuti circa, coprendola con un foglio di carta da forno per proteggere la glassatura. Una volta raffreddata, cospargete la colomba con zucchero a velo.
I simboli della pasqua. Il coniglietto pasquale. Tra i diversi richiami pasquali che fanno bella mostra di sé nelle vetrine dei negozi compare anche un simpatico coniglietto che porta delle uova. La sua presenza non è casuale ma si richiama alla lepre che sin dai primi tempi del cristianesimo era presa a simbolo di Cristo.
Inoltre, la lepre, con la caratteristica del suo manto che cambia colore secondo la stagione, venne indicata da sant'Ambrogio come simbolo della risurrezione.
La tradizione delle uova di Pasqua. Apparentemente la tradizione dell’uovo pasquale sembra non avere niente a che fare con la tradizione cristiana della Pasqua, ma questa - come vedremo - è una convinzione errata.
Fin dagli albori della storia umana l'uovo è considerato la rappresentazione della vita e della rigenerazione. Questo lo possiamo vedere dall’uso simbolo che molte culture antiche facevano di esso. I primi ad usare l’uovo come oggetto benaugurante sono stati i Persiani che festeggiavano l'arrivo della primavera con lo scambio di uova di gallina. Anche nella antica Roma erano, esistevano tradizioni legate al simbolo delle uova. I Romani erano soliti sotterrare nei campi un uovo dipinto di rosso, simbolo di fecondità e quindi propizio per il raccolto. Ed è proprio con il significato di vita che l'uovo entrò a far parte della tradizione cristiana, richiamando alla vita eterna. Nella cultura cristiana questa usanza risale al 1176, quando il capo dell'Abbazia di St. Germain-des-Près donò a re Luigi VII, appena rientrato a Parigi dalla II crociata, prodotti delle sue terre, incluse uova in gran quantità. L'uso di regalare uova è collegato al fatto che la Pasqua è festa della primavera, dunque anche della fecondità e del rifiorire della natura. L'uovo è appunto simbolo della vita che si rinnova ed auspicio di fecondità.
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