Scientificamente viene definito aneurisma la dilatazione permanente localizzata in un tratto di un vaso ematico. In particolare l’aneurisma dell’aorta addominale è una condizione comune, la cui rottura è associata ad una mortalità solo di poco inferiore a quella riscontrata nel cancro della prostata e della mammella. Proprio come un palloncino, infatti, l’aneurisma può scoppiare con esiti fatali nella maggioranza dei casi. Si stima che in Italia ne siano affette 84.000 persone, con una significativa prevalenza nella popolazione maschile (il rapporto uomini/donne è di 5:1) ed è definito "killer silenzioso" poiché il più delle volte decorre in forma asintomatica e il primo segnale è spesso conseguente proprio la sua rottura.
L’intervento chirurgico rappresenta l’unica soluzione terapeutica. Va tuttavia sottolineato che l’esito operatorio varia in maniera significativa a seconda che l’intervento venga compiuto in acuto, in situazioni cioè di emergenza post-rottura, oppure sia programmato. Nel primo caso, le statistiche sono agghiaccianti: 8 pazienti su 10 soccombono a seguito della rottura, o prima dell’intervento o per l’insorgenza di successive complicanze legate all’intervento stesso. Quando, invece, il paziente è sottoposto al trattamento chirurgico di tipo profilattico, pre-rottura quindi, il rischio di mortalità scende al di sotto del 3%.
L'ecocolor-doppler può salvare la vita.
È evidente quindi l’importanza di diagnosticare la patologia tempestivamente, in modo da pianificare l’intervento chirurgico prima che il rischio di rottura diventi elevato. Per scongiurare questo pericolo basta eseguire un semplice ecocolor-doppler addominale, esame non invasivo ed innocuo, da ripetersi periodicamente nei soggetti a rischio” (uomini, over 65, fumatori, con familiarità positiva per AAA )
Chirurgia classica o chirurgia endovascolare mininvasiva?
Fino a pochi anni fa l’unica opzione terapeutica era rappresentata dall’intervento chirurgico “a cielo aperto” oggi invece è possibile ricorrere alla chirurgia endovascolare mininvasiva, in anestesia locale, ad accesso percutaneo con l’utilizzo di endoprotesi sempre più avanzate, capaci di adattarsi a caratteristiche anatomiche diverse. Questa seconda opzione terapeutica è indicata per tutti quei pazienti le cui condizioni di salute non consentono di procedere con l’intervento classico.
La procedura endovascolare prevede, mediante accesso inguinale con l’introduzione di uno stent che viene posizionato in aorta come di una specie di camera d'aria a rivestimento interno, creando una nuova “via”dove far scorrere il sangue, evitando di riempire e quindi pressurizzare l’aneurisma.
I risultati dello studio Innovation
L’affidabilità della chirurgia endovascolare con utilizzo di endoprotesi dell’ ultimissima generazione è confermata dagli incoraggianti risultati dello studio Innovation, indagine “first in human” multicentrica, prospettica, non randomizzata in aperto. Lo studio ha coinvolto 3 centri di eccellenza italiani nella chirurgia endovascolare l'IRCSS San Raffaele di Milano l'Osp. Careggi di Firenze e l'Univ. di Modena e Reggio Emilia. I risultati di questa indagine, a due anni di distanza, hanno evidenziato che il ricorso ad endoprotesi di terza generazione, in chirurgia endovascolare ad accesso percutaneo, ha garantito buone prestazioni nei pazienti, senza incidenze di rigonfiamenti o maggiori eventi avversi legati al dispositivo o alla procedura. Le nuove protesi a differenza di quelle utilizzate in passato consentono di intervenire in maniera “sartoriale” a livello dei vasi, perché si adattano alle caratteristiche anatomiche di ogni singolo paziente, grazie ad un rivestimento idrofilico che conferisce loro maggiore flessibilità.
Un altro passo è stato compiuto nella ricerca dell’AAA e con orgoglio possiamo dire che l'Italia è all’avanguardia nella chirurgia vascolare.
Prof. Fortunato Arena
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