La festa del Natale e' la celebrazione della nascita di Gesu' e ricorre il 25 dicembre. Secondo i Vangeli, egli nacque da Maria a Betlemme, dove lei e suo marito Giuseppe si recarono per partecipare al censimento della popolazione organizzato dai romani.
Per i suoi discepoli la nascita o nativita' di Cristo e' stata preceduta da diverse profezie secondo cui il messia sarebbe nato dalla casa di Davide per redimere il mondo dal peccato.
Il Natale…tra storia e leggenda.
Andando indietro lontano nel tempo, precisamente nell’antica Roma, il 25 dicembre si festeggiava la festa del dio Mitra (Dio del Sole), divinita' che godeva di molta importanza anche nei territori colonizzati. Le feste romane dei Saturnali, che iniziavano il 17 dicembre e terminavano intorno al 23 dicembre erano dei riti carnascialeschi.
La festa del sole era la piu' importante e sentita da tutte le popolazioni che risiedevano nei confini dell'impero romano le quali, pur divise in molti culti religiosi, celebravano idealmente la nascita del sole in concomitanza con il solstizio d'inverno. La festivita' era talmente diffusa ed "unificante" che l'imperatore Aureliano nell'anno 273 (MXXVI a.U.c.) la istuitui' per tutto l'impero decretandone la denominazione ufficiale di "Natalis Solis Invicti" e fissandone la data nell'ottavo giorno prima di capodanno (ante diem octavum Kalendas Ianuarias), ovvero il 25 dicembre.
Nello stesso periodo erano presenti diverse festivita' celebrate in onore degli dei egizi e latini Osiride, Giove e Plutone, o da antichi condottieri deificati, come re Nimrod.
Sul fatto che il Natale venga festeggiato il 25 dicembre vi sono diverse ipotesi che possono essere raggruppate in due categorie: la prima che la data sia stata scelta in base a considerazioni simboliche interne al cristianesimo, la seconda che sia derivata dall'influsso di festivita' celebrate in altre religioni praticate contemporaneamente al cristianesimo di allora.
Questo primo gruppo di ipotesi spiega la data del 25 dicembre come "interna" al cristianesimo, senza apporti da altre religioni, derivante da ipotesi cristiane sulla data di nascita di Gesu'.
Un'ipotesi afferma che la data del Natale si fonda sulla data della morte di Gesu' o Venerdi' Santo. Dato che la data esatta della morte di Gesu' nei Vangeli non e' specificata, i primi Cristiani hanno pensato di circoscriverla tra il 25 marzo e il 6 aprile. Poi per calcolare la data di nascita di Gesu', hanno seguito l'antica idea che i profeti del Vecchio Testamento morirono ad una "era integrale", corrispondente all'anniversario della loro nascita. Secondo questa ipotesi Gesu' mori' nell'anniversario della sua Incarnazione o concezione, cosi' la sua data di nascita avrebbe dovuto cadere nove mesi dopo la data del Venerdi' Santo, il 25 Dicembre o 6 Gennaio.
Un'altra ipotesi, invece, vede la data del Natale come conseguenza di quella dell'annunciazione, il 25 marzo. Si riteneva infatti che l'equinozio di primavera, giorno perfetto in quanto equilibrato fra notte e giorno, fosse il piu' adatto per il concepimento del redentore. Da qui la data del Natale, nove mesi dopo.
Il sorgere del sole e la luce sono simboli usati nel cristianesimo e nella Bibbia. Ad esempio nel vangelo di Luca, Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, descrive la futura nascita di Cristo, come "verra' a visitarci dall'alto un sole che sorge". Il Natale, nel periodo dell'anno in cui il giorno comincia ad allungarsi, potrebbe essere legato a questo simbolismo.
Il secondo gruppo di ipotesi spiega la data del 25 dicembre come "esterna" al cristianesimo, come un tentativo di assorbimento di culti precedenti al cristianesimo con la sovrapposizione di festivita' cristiane a feste di altre religioni antiche.
C'e' chi afferma che la nascita del Cristo derivi dalla tradizione e dalla festa ebraica della luce, la Hanukkah, che cade il venticinquesimo giorno di Kislev e all'inizio del Tevet. Il mese di Kislev e' comunemente accettato come coincidente con dicembre. Sotto l'antico Calendario Giuliano, per scelta popolare, la nascita di Cristo venne fissata al 5 a.C., il venticinquesimo giorno di Kislev. In questo senso il cristianesimo avrebbe ripetuto quanto gia' fatto per le principali festivita' cristiane come pasqua o pentecoste, che sono derivate dalle corrispondenti festivita' ebraiche.
Curiosando….il natale nel mondo.
Il Natale viene celebrato il 25 dicembre da molte delle chiese cristiane, comprese la chiesa cattolica, quella protestante e alcune chiese ortodosse (ad esempio quella greca e quella bulgara).
Le chiese ortodosse russa, serba e di Gerusalemme invece celebrano il 7 gennaio.
Il motivo di questa differenza e' che queste chiese non accettano la riforma gregoriana del calendario, promulgata da papa Gregorio XIII nel 1582, e continuano a seguire il vecchio calendario giuliano, il cui 25 dicembre corrisponde al nostro 7 gennaio (questa corrispondenza e' valida dal 1900 al 2099).
I paesi che celebrano il Natale il 25 dicembre riconoscono il giorno precedente come la Vigilia. In Olanda, in Germania, in Scandinavia ed in Polonia il giorno di Natale ed i giorni successivi sono chiamati Primo e Secondo giorno di Natale. In Gran Bretagna, Canada e Australia, il 26 dicembre viene chiamato Boxing day, mentre in Italia, Irlanda e Romania viene chiamato giorno di Santo Stefano.
Il natale ai nostri tempi....
Nell'attuale ricorrenza in occidente si festeggia il Natale con lo scambio di doni (eredita' dei Sigillaria festeggiati il 20 dicembre), con dei banchetti (in eredita' degli antichi Saturnali romani che duravano dal 17 al 23 dicembre), si addobba l'albero di Natale (introdotto da Lutero), si prepara il presepe (introdotto da Francesco d'Assisi).
Nel folklore il Natale e' in gran parte caratterizzato dallo scambio di doni all'interno della famiglia. Spesso si sostiene che i regali siano portati da Babbo Natale o da altre figure tradizionali. In gran parte del mondo occidentale, nonostante l'influenza secolarizzante dei media, le tradizioni locali del Natale sono ancora vive. Fra le usanze popolari legate alla ricorrenza, le piu' diffuse sono il presepe e l'albero di Natale.
Nei paesi prevalentemente cristiani, il Natale e' diventata la festa "economicamente" piu' importante dell'anno; e' anche celebrata come vacanza non religiosa in molti Paesi con piccole comunita' cristiane.
Non bisogna dimenticare che la festa, nonostante i regali, Babbo Natale e aspetti ed usanze sempre più volte al consumismo, di natura religiosa (Cristiana) e annuncia la nascita di Gesù bambino. Se nel periodo natalizio la pace è l'amore sono i simboli che devono essere ricordati durante le feste, gli stessi devono rappresentare il cammino ed essere presenti anche nel resto dell'anno.
La storia di Babbo Natale
Scopriamo come la tradizione, in tutti i paesi del mondo, di fare regali ai bambini sia nata e si sia evoluta. Come sia nata la figura di Babbo Natale che porta doni e regali nelle case. Chiamato con diversi nomi Santa Klaus, Father Christmas, Papa Noèl, Weithnachtsmann, oggi incarna nell'immaginario dei bambini il simbolo di dolcezza e generosità, con la sua slitta trainata da renne volanti, vola nel cielo, sopra i tetti, per portare regali a tutti i bimbi buoni.
L’uso di fare doni ai bambini in occasione del solstizio d'inverno c'è sempre stato. Ma nel passato i regali non li portava Babbo Natale. A portare i regali ai bambini ci pensavano gli elfi, gli angeli, le fate, i Rè Magi, Santa Lucia, Gesù Bambino, la Befana. La figura di Babbo Natale si ricollega a San Nicola di Mira e a Sanctus Nicolàus, che operava già nel Medioevo. Per diventare ciò che è attualmente, la leggenda e la storia di (Babbo Natale - San Nicola) dovette arrivare negli States al seguito degli immigrati olandesi e, infine, a New York trovò Clement Clark Moore, che nel 1822 scrisse per i suoi sei figli la poesia "A visitfrom St. Nicholas" in cui lo descriveva in vesti nuove.
Il successo fu immenso e lui, con i nomi di Santa Klaus, Father Christmas, Papa Noèl, Weithnachtsmann, Babbo Natale, diventò il più amato portatore di doni e regali.
Babbo Natale è vecchio con la sua lunga barba bianca ma giovane nel suo entusiasmo, complice e paterno. Il suo vestito rosso, ornato di pelliccia e il suo inconfondibile berretto, ricorda quello degli gnomi e anche lui porta un sacco (cornucopia). Babbo Natale saetta nel cielo su un carro volante pieno di regali e doni natalizi, ma poiché viene dal paese dei ghiacci, ha una slitta trainata da renne, mitica rappresentazione dell'inverno, in cui si sommano e si accavallano folletti, santi, dei e rè. Babbo Natale è buono e tollerante. Non c'è carbone nel suo sacco e forse è proprio questo che spinge a diventar migliori. Entra misteriosamente dal camino o dalle finestre, provoca un pizzico di batticuore - quel tanto che ci vuole - lascia i regali, ammicca e se ne va.
Chissà se Babbo Natale esiste davvero…..a noi piace credere di si! Un pizzico di magia in fondo non guasta….
Il panettone.
Il panettone tradizionale milanese, sulla cui nascita la fantasia popolare ha creato le affascinanti leggende trascritte nelle pagine che seguono (nel libro), era originariamente nient'altro che un grosso pane, alla preparazione del quale doveva sovrintendere il padrone di casa, che prima della cottura vi incideva col coltello una croce in segno di benedizione.
Il grosso pane veniva poi consumato dalla famiglia solennemente riunita per la tradizionale cerimonia natalizia "del ciocco". Il padre, o il capo di casa, fattosi il segno della croce, prendeva un grosso ceppo, solitamente di quercia , lo adagiava nel camino, vi poneva sotto un fascetto di ginepro ed attizzava il fuoco. Versava il vino in un calice, lo spruzzava sulle fiamme, ne sorseggiava egli per primo poi lo passava agli altri membri della famiglia che, a turno, l'assaggiavano. Il padre gettava poi una moneta sul ceppo che divampava e successivamente distribuiva altre monete agli astanti. Infine gli venivano presentati tre grandi pani di frumento ed egli, con gesto solenne, ne tagliava solo una piccola parte, che veniva riposta e conservata sino al Natale successivo.
Il ceppo simboleggiava l'albero del bene e del male, il fuoco l'opera di redenzione di Gesu' Cristo; i pani, progenitori del panettone, simboleggiavano il mistero della Divina Trinita'. Di quest'antica e suggestiva tradizione a noi sono giunti due elementi: la credenza del "potere taumaturgico" dei resti del "pangrande" consumato a Natale, e lo stesso "pangrande" in veste di panettone.
L'origine del dolce di Natale tipico di Milano, tra storia e leggenda
Moltissime leggende ruotano attorno l’origine del panettone. La più accretidìtata vuole che sia stato “per sbaglio” inventato da un giovane di nome Toni….
C'era una volta un panettiere che si chiamava Toni. Un bel giorno Toni s'innamorò follemente di una certa ragazza contadina di nome Lucia. Ora, Lucia andava al paese tutte le mattine per vendere le uova.
Toni, ogni mattina, aspettava l'arrivo di Lucia con ansia ed entusiasmo e poi nel vederla, tanto erano forti i sentimenti che provava per questa fanciulla di campagna che non sapeva mai cosa dire e rimaneva ammutolito. Quanti sguardi d'amore scambiati, quanti sospiri e quante uova rotte proprio perché questo povero diavolo non riusciva a esprimere il suo amore. Finalmente, Toni ebbe una brillante idea: decise di preparare un dolce per la sua adorata Lucia, ma non un dolce qualsiasi, bensì un dolce speciale mai preparato prima di allora! Così, Toni preparò un dolce a base di uova, burro e frutta candita, dalla pasta soffice e profumata. Ma Toni, tanto emozionato per l'amore intenso che provava per Lucia e tutto preso dalla lavorazione di questo dono, involontariamente mise una grande quantità di lievito nell'impasto senza accorgersene. Il risultato?... un pane dolce alto, alto, alto proprio a causa dell'esagerata lievitazione.
Ma non "tutto il male viene per nuocere": lo sbaglio di Toni portò alla scoperta di un dolce davvero gustoso. Infatti, quando presentò il suo "pandolce" a Lucia avvenne un miracolo. Toni si rese conto dello sbaglio troppo tardi e non avendo tempo per ricominciare un'altra ricetta presentò il suo dono a Lucia quasi vergognato del suo lavoro mediocre.
Lucia, invece, nel vedere l'apparentemente strano dolce dall'aroma quasi incantevole volle subito assaggiarlo e trovò che era di una squisitezza paradisiaca. A quel punto, improvvisamente Toni riuscì a parlare e subito chiese a Lucia di sposarlo. Vissero felici e contenti e anche ricchi, poiché decisero di vendere l'invenzione di Toni battezzandola "Il Panettone" cioè, il "Pan de Toni”.
La ricetta del panettone
Non e' certo il dolce piu' semplice..., anzi! Se, pero', vi ci volete cimentare, qui di seguito forniamo la ricetta meno complicata che abbiamo trovato.
Ingredienti:Farina 350 grammi, burro 120 gr, zucchero 80 gr, lievito 60 gr, uvetta sultanina 100gr, canditi (arancia e cedro) 60 gr, 4 uova e un pizzico di sale
Preparazione: sciogliere il lievito di birra in 1/2 dito d'acqua tiepida, impastare il lievito disciolto con 100 gr di farina, praticare un taglio a croce sul panetto e lasciare lievitare per circa 20/25 minuti avvolta in un panno di lana.
Riprendere il panetto e impastarlo con 125 gr di farina e 2/3 cucchiai di acqua tiepida.
Rimettere a lievitare la pasta avvolta nel panno fino a che non avra' raddoppiato il proprio volume.
Buon Appetito!
Il Pandoro
Il nome pandoro deriva dal colore giallo oro intenso di questo dolce. Le sue origini però sono incerte. A lungo gli storici hanno cercato di capire da dove provenisse questo tanto amato dolce e le tesi sono tutt'ora contrastanti. Alcuni studiosi pensano che il pandoro sia nato nella Repubblica Veneta del '500, quando venivano serviti sulle ricche tavole dei nobili dei dolci di forma conica, ricoperti da foglie d'oro, chiamati appunto "Pan de Oro".
Secondo altri,invece, l'origine deriva da un antico dolce, a forma di stella, che i veronesi consumavano a Natale: il "nadalin".
La tesi però più accreditata lega la nascita del pandoro alla Casa Reale degli Asburgo.
Fin dal '700-'800 erano ben conosciute le tecniche di lavorazione del "Pane di Vienna" che sono rimaste alla base della preparazione del pandoro.
La lavorazione del"Pane di Vienna" prevedeva di completare l'impasto aggiungendo una maggiore dose di burro con il sistema della pasta sfoglia, dove diversi strati di pasta vengono alternati a strati di burro, con il risultato che durante la cottura il dolce acquista volume.
Dall'Ottocento la produzione del pandoro si perfeziona a Verona a fine '800.Il pandoro è stato l'espressione più tipica della produzione dolciaria di Verona e oggi è famoso in tutta Italia è uno dei dolci tipici delle festività natalizie.
Dell'antico "nadalin" il pandoro conserva ancora oggi la forma stellare. La sua struttura tronco-conica, a grandi costole disposte secondo il tipico disegno di una stella a otto punte.
La ricetta del Pandoro
Ingredienti:
650 g di farina,250 g di burro,200 g di zucchero,8 uova, 30 g di lievito di birra,12 bicchiere di panna liquida,scorza di limone grattugiata,1 bustina di vanillina,50 g di zucchero a velo.
Preparazione:
Porre in un recipiente 75 gr. di farina con 10 gr. di zucchero e sbriciolarvi il lievito, poi unire un tuorlo e impastare. Se la pasta risulta troppo soda aggiungere un poco di acqua tiepida. Amalgamare bene gli ingredienti e mettere il recipiente in luogo tiepido (circa 18-20 gradi) per far lievitare la pasta per circa 2 ore. Dopo unire al panetto lievitato 160 gr. di farina, 25 gr. di burro ammorbidito, 90 gr. di zucchero e 3 tuorli. Amalgamare alla perfezione gli ingredienti e rimettere la pasta a lievitare per altre 2 ore. Dopo di che unirvi 375 gr. di farina, 40 gr. di burro sempre ammorbidito, 75 gr. di zucchero, 1 uovo intero e tre tuorli. Lavorare di nuovo la pasta per amalgamare gli ingredienti e rimetterla a lievitare ancora per 2 ore. Riporre la pasta sulla spianatoia e lavorandola con forza incorporarvi mezzo bicchiere di panna, la scorza grattugiata di un limone e un pizzico di vanillina. Adesso pesare la pasta e calcolare per ogni suo kg. 150 gr. di burro. Con il matterello stendere la pasta e fare un quadrato non molto largo, porvi al cento del burro tagliato a pezzetti e non troppo duro. Ripiegare sul burro la pasta, poi con il matterello stenderla e piegarla in tre, stenderla ancora e ripiegarla in tre. Lasciarla riposare per circa 30 minuti. Trascorso questo tempo stendere nuovamente la pasta, piegarla in tre, stenderla ancora, ripiegarla in tre e lasciarla riposare per altri 30 minuti. Nel frattempo imburrare 2 stampi a pareti alte, scannellate, senza buco centrale e spolverizzarli con il restante zucchero semolato. Mettere la pasta sulla spianatoia, lavorarla ancora per qualche minuto con mano leggera, facendola roteare su se stessa e spolverizzando, se necessario, la spianatoia con un poco di farina. Fare con la pasta due palle e metterle negli stampi già pronti; la pasta dovrà arrivare circa a metà altezza degli stampi. Porli in luogo tiepido a lievitare fino a che la pasta sarà arrivata al livello dello stampo. Mettere allora gli stampi in forno già caldo a 190° per circa 40 minuti. A metà cottura abbassare un poco il calore per far cuocere i dolci bene anche all'interno senza colorire troppo. Appena pronti sfornarli, metterli su un tovagliolo e farli raffreddare. Spolverizzarli con zucchero a velo.
La vigilia e il Natale a Palermo! Usi e costumi
In occasione del Natale i palermitani sono soliti preparare cibi particolari che ormai da secoli la tradizione impone.
Alla cena della vigilia non può mancare lo sfincione, che fa la sua parte come vivanda principale. A seguire cardi e carciofi in pastella, broccoletti (cavolfiore) sempre in pastella.
Un’altra pietanza tradizionale è il baccalà fritto o in umido o quantomeno con la salsa insaporito dalle “passole” (uva sultanina) o stoccafisso, precedentemente mantenuto in acqua per farlo ritornare e renderlo commestibile, lo si prepara alla “ghiotta” con salsa di pomodoro, capperi, uva sultanina, sedano e olive nere.
Alla fine sono i dolci che prevalgono: a “petrafennula”, dura come una pietra, che di solito si mangia nella novena dell’Immacolata o il buccellato (ù cuccidatu) grossa ciambella, ripiena di fichi secchi, ricoperta da confettini multicolori. I pasticcieri palermitani confezionano poi la cosiddetta pastaforte, “a cubbaita” di mandorle e miele cotto, la preparano anche di “giuggiulena” il nome dialettale del sesamo.
Ma a prevalere per il Natale per i palermitani è la tradizionale “mustazzola”, durissimi dolcetti di zucchero, farina e miele, dove nella parte biancastra vi è raffigurato generalmente un bambinello dormiente, dolce che rievoca l’antica vivanda “mustacca” che i romani mangiavano nella festa pagana del saturnalia. A Palermo la forma più piccola come un bocconcino viene chiamato “nucatolo” che si mangia il giorno dei morti.
Le nonne, rievocando vecchi tempi, preparano le sfinci, specie di frittelle fritte e cosparse di zucchero e miele. Dopo il dolce si beve solitamente un bicchierino di marsala o di rosolio, generalmente fatto in casa.
Abitualmente tra una pietanza e l’altra, gli adulti giocano a carte, o si divertono con la “tombola” occupando il tempo sgranocchiando frutta secca, lo “scaccio”, atto ad essere schiacciato come noci, mandorle e nocciuole.
E’ consuetudine, prima di recarsi alla partecipazione della messa notturna, di scambiarsi i “doni”: quest’antica usanza rievoca momenti di vita contadina quando le prime primizie venivano regalate ai padroni.
Poco prima della mezzanotte, i più avvezzi si recheranno a messa per partecipare alla funzione religiosa, nella quale vi è la rievocazione della nascita del bambino Gesù, luce del mondo, la luce del cero natalizio lo simboleggia e la fiamma a proprio questo significato, anticipata dal periodo dell’Avvento, natività ricordata soprattutto con l’allestimento del presepe.
Di questa pratica c’è lo ricorda il Pitrè, nei tempi antichi il popolo si recava in chiesa di buon’ora, portandosi dietro abbondanti libagioni con le quali accompagnava devotamente la sacra funzione.
Sono gli evangelisti Luca e Matteo a descrivere la natività, nei loro sacri testi, mettendo in evidenza la sacra rappresentazione della famiglia: Maria, Giuseppe e Gesù, il messia.
Questa scena verrà raccontata durante la messa notturna in chiesa con la partecipazione dei vari componenti la comunità parrocchiale, che allo scoccare della mezzanotte farà nascere il bambinello per porgerlo in una mangiatoia di un allestito recinto, il nome latino di presepium, che la tradizione vuole come il “presepe”, ovvero recinto chiuso.
Questo simbolo voluto da San Francesco che la notte del 1223 volle che si riproponesse nella santa messa notturna a Greggio piccolo paesino dell’Umbria, dove successivamente Origene, aggiunse il bue e l’asinello che divengono simboli del popolo ebreo e dei pagani.
La prima serie di novene, cioè subito dopo l’Immacolata dove per l’occasione vengono festeggiate le varie “concette e concetti” che a Palermo erano diffusi tra i nomi popolari.
Il giorno di Natale la famiglia in tutta la sua entità gerarchica si riunisce ancora attorno al tavolo della stanza da pranzo per celebrare un rituale atto a santificare la festa con il copioso banchetto.
Anelletti al forno è il piatto della festa per eccellenza, dove l’ingrediente principale è la carne “capuliata” insieme alla salsa di pomodoro, che può essere preparata con ragù di maiale e ricotta; seguono il “brociolone” di carne di vitello o di maiale, o gallina ripiena con contorno di patate o brociolone di “cotenne”, salsiccia ecc., accompagnati quasi sempre da verdure e da insalate come quella d’arance con aringhe.
La conclusione copiosa è rallegrata dalla presenza del dolce che per la Sicilia patria della pasticceria apre le porte ad una vera e propria invasione di panettone e pandoro.
La frutta conclude l’abbondante pasto, in genere si mangiano arance, mandarini, pere e mele, fichidindia, “nespuli d’invernu”.
La tradizione vuole che nelle ore pomeridiane, alcuni componenti della famiglia con i bambini continuano a girare per la città a visitare i presepi.
Era consuetudine in tempi passati iniziare il percosso con la chiesa dei “Tre Re” sita in via Montevergine all’angolo con la via Celso, l’unica al mondo dedicata ai Re Magi, ubicato nella relativa cripta, il presepe allestito dai confrati della “congregazione dei Tre Re” che riuniva in sé i venditori di frutta secca, questi li avevano scelti come loro patroni, una decisione quasi imposta dal periodo natalizio dove il consumo di “scacciu” è maggiore.
Si prosegue per altri luoghi, come la Basilica di San Francesco d’Assisi dove i frati minori, ogni anno organizzano il presepe all’interno della chiesa o in un locale attiguo, con la sorpresa di trovarlo sempre rinnovato con le tecniche più avanzate.
Altre sedi come le chiese della confraternita della Madonna della “Mercede” in via Maqueda o quella di piazza Sant’Anna che lo rappresenta con uno scorcio di un quartiere, quella di Santa Caterina a piazza Bellini allestito all’altare maggiore, a San Matteo in corso Vittorio Emanuele e alla Cattedrale.
Particolare è il presepe di pane, interamente strutturato con questo tipo di materiale, preparato dalla confraternita dei fornai è visitabile nell’omonima chiesa.
Da alcuni anni in via Bara all’Olivella, alcuni artigiani hanno fatto della strada un punto di riferimento dove si possono reperire: bambinelli di cera, pitture su vetro che rappresentano la sacra famiglia o il bambin Gesù, realizzati da Giuseppinella Tedesco, piccoli e grandi presepi allestiti di tutto punto e ambientati in vari temi paesaggistici in miniatura confezionati da Alfio Ferlito, oggetti in legno che rappresentato Angeli e Cherubini, candelieri e cornici, lavorati al tornio e dorati da Giuseppe Vitrano, presepi e pupazzi in pasta di sale, stampe litografiche che riproducono immagini devote sulla natività, realizzati da Dario D’oca come gli antichi stampasanti e, tanti altri prodotti inerenti al Santo Natale.
In terracotta sono eseguiti dei presepi particolari che rappresentano i mercati storici della città: vucciria, capo, ballarò e “u Burgu” dove nella confusione di un mercato spicca la sacra grotta.
La visita al "laboratorio teatrale Figli d’arte Cuticchio" ci farà scoprire come anche i "pupi dell’opra" possano essere i partecipanti di un grande presepe.
Alla fine della lunga nottata, soddisfatti e saziati da ogni leccornia, si fa rientro a casa dove si continua a giocare fino a tarda notte.
Auguri a tutti!
Fonte: redazione palermomania.it
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