Turi si svegliò che ancora il gallo doveva cantare. Come faceva da sempre, da cinquantatre anni e passa, sia d'estate che d'inverno e pure le domeniche e tutte le sante feste comandate. Per non perdere l'abitudine, diceva…
Ma quel giorno non avrebbe voluto svegliarsi. Anzi quel giorno non sarebbe mai dovuto arrivare. Mai... Eppure…eppure era arrivato e ora bisognava affrontarlo, in un modo o nell'altro. Perciò si alzò, ma era come se avesse un enorme peso sulle spalle. Barcollò quasi, alzandosi, come se fosse ubriaco, ma era sobrio, perfettamente sobrio…Si diresse, trascinando i piedi, verso il bagno e, per prima cosa, come faceva da sempre, aprì la finestrella e guardò la Montagna, "la sua Montagna", come per dire: "Aspetta, sto arrivando…" E gli venne in mente di nuovo, come sempre, quel ricordo, il ricordo vivido, forte di quel giorno: il giorno che suo nonno lo portò per la prima volta alla “cava” e gli mostrò i grandi lastroni di lava appena estratti dai fianchi dell’immenso vulcano e gli mostrò il Vulcano, anzi “a Muntagna”, e gli disse: - “Turiddu, lo vedi? A muntagna ciata, ‘a muntagna respira…picchì è viva, comu attia e comu ammia…Accussì c’è quannu rommi, quannu sta saggia, e c’è inveci quannu s’arrusbigghia e certi voti s’arrusbigghia nirvusa, nirvusa assai e allura…allura ni fa scantari…
Eccomu su nni fa scantari!…e accumincia a jittari di la so’ grandi vucca focu e fiammi e lampi e trona forti, accussì forti ca ni rumpi li timpani e fa cascari puru li casi e l’arvuli ‘n terra…E chistu finu a quannu non si calma di nuovo, finu a quannu non ci passa la nirvusa… E allura ritorna a essiri bona e pacifica, comu ora…Ti piaci a muntagna Turiddu? Ti piaci? - “ Sì,sì, - disse Turiddu – e poi disse ancora: “U sai, nonnu? A muntagna è mia…è mia… - “No, Turiddu, a montagna è di tutti, non è sulu da tò…eh!” – gli replicò il nonno. - “No, no, è mia, è mia!” - gridò forte Turi, stringendo i pugni e battendo i piedi per terra. - “E va beni” – disse il nonno – E’ tua, certo, è tua…Ma, arrivorditi sempri, ca la montagna è da to’, ma tu sì di la Muntagna…Non tu scordari mai!…” E così la Montagna fu sempre di Turi, e Turi fu sempre per la Montagna, in ogni momento della sua giornata. - "Aspetta, sto arrivando"…- ripetè di nuovo, facendo eco a se stesso.
Così si lavò in fretta, si rasò, si vestì, con i gesti consueti, quotidiani, consumò una frugale colazione, fatta di un po’ di caffè e di latte che Mara, sua moglie, gli aveva preparato ed uscì, dopo un rapido bacio ed un sommesso saluto alla moglie, che ora gli sembrava più vecchia e più stanca degli altri giorni.
Antonio, il suo unico figlio, dormiva il sonno dei giusti. Era in vacanza per qualche settimana, poi sarebbe ritornato nel suo piccolo paese sui monti, su, nel Trentino, dove insegnava la storia e il latino. Era orgoglioso di questo figlio professore, ancora così giovane, - aveva appena trent'anni,- e se ne stava anche lui sulle montagne, a guadagnarsi il pane, ma in maniera assai più dignitosa, da signore…Ah, sì, era orgoglioso di questo figlio, Turi, molto orgoglioso…
Fuori albeggiava appena e il gallo ora cantava a squarciagola, nervoso e risentito per la sua inutilità. Con un sforzo immenso Turi si diresse verso lo stretto viottolo che lo portava al paese: le sue gambe parevano di piombo e si rifiutavano di muoversi, di ubbidirgli. Sembravano incollati a terra. Ma doveva, Dio Santo! doveva andare! Il vecchio trenino sarebbe passato a momenti, non poteva perderlo, e poi bisognava prima passare dal grande Crocifisso di pietra lavica, quello che lui stesso aveva scolpito assieme al padre e al nonno, tanti e tanti anni prima, e che se ne stava buono, paziente, nel suo altarino, posto sulla piccola stradina che arrivava alla stazione. Qui avrebbe pregato, con una preghiera rapida, silenziosa, per suo padre e per suo nonno e per tutti i suoi cari che non c'erano più. E così fece, anche quel giorno. Quel giorno che non sarebbe mai dovuto arrivare e che gli sembrava proprio l'ultimo, tanta era l'angoscia, e la rabbia, e la disperazione che aveva dentro…Già, l'ultimo: era comunque e certamente il suo ultimo giorno di lavoro, e poi sarebbe diventato una cosa inutile, un oggetto posato in un angolo e dimenticato. Per sempre.
"Fiuuu! Fiuuu!". Il fischio imperioso del vecchio trenino lo riportò alla realtà, e fu come un colpo di frusta, secco, nelle sue spalle e nei suoi pensieri. Via! Via! bisogna andare, adesso.Via! Via! La Montagna, la sua Montagna, lo aspettava, ancora per quel giorno sarebbe stata sua. Ancora per quel giorno. L'ultimo. "Fiuuu! Fiuuu! Corri, piccolo vecchio treno, corri! Tu sei come la vita, lo sai? Corri e poi, ogni tanto, ti fermi: qualcuno scende, qualcuno sale… Ecco, è arrivato finalmente il momento. La cava è vicina, bisogna cominciare la santa giornata.
- "Ciao, Turi!" – "Come và, Turi?"...Erano i suoi compagni che lo salutavano. Per l'ultima volta.
- "Come vuoi che vada? Come sempre…". Già, come sempre…
- "Buon lavoro, Turi!…"
- "Anche a te…"…
"Pam! pam…pam!...Si cominciava a martellare, prima con le grosse mazze, per spaccare i grandi lastroni di lava, e poi con i mazzuoli e gli scalpelli, per dare forma e vigore alla grigia e dura pietra. La sua forma definitiva. "Pam! pam! pam!...". Forza e sudore!…Forza e precisione!…Forza e determinazione!…quello era il segreto!…Solo quello!…
-"Turi, il ragioniere Pitalà ti deve parlare…Vacci subito…" - Gli disse ad un tratto don Carmelo, il suo compagno di sudore e di fatica, senza smettere di battere con il martello e lo scalpello.
- "Va bene, ora ci vado – rispose Turi, anche lui senza smettere di battere…
- "No, ci devi andare subito…Perché dopo ha da fare…"
-" Sì, sì, ora ci vado, ci vado…tanto lo so, quello che mi deve dire…
-" Eh, beato te che hai finito…Io non ne posso più di questo schifo di lavoro…E siamo sempre qui all'acqua e al vento…"
Così Turi smise di martellare, si alzò, si ripulì alla belle e meglio i vecchi calzoni e la vecchia giacca tutta inzaccherata di polvere e di minuscole schegge di lava e si presentò al rag. Pitalà, che lo aspettava serio e a testa bassa.
-"Io sono qua, ragioniere Pitalà…" – disse Turi, anche lui a testa bassa.
-Ah, buongiorno…Turi…accomodati…accomodati…facciamo in un secondo…Io ho preparato già tutto…E spero che non ci saranno problemi…e che rimarrai contento…Dopo tanti anni che sei con noi…Ecco…come puoi vedere…(E gli porge una grossa busta gialla).
-"Quello che vedo – disse Turi impallidendo – quello che vedo è che mi state trattando come… come una cosa vecchia che si mette da parte perché non serve più…Questo è quello che vedo…
-"Ma che dici, Turi?…Ti stai sbagliando, non è così, ma ci mancherebbe!…"
-"Va bene, grazie…Grazie e arrivederci…" – replicò Turi, afferrando la busta e andandosene.-
-"Turi!...Turi!...Signor Santanocito! Signor Santanocito!...- Fece il rag. Pitalà alzandosi, come se volesse inseguirlo, ma, in realtà senza muoversi dalla scrivania – "Signor Santanocito!"…
Ma guarda un po’, e dovevo andare in pensione per farmi chiamare "signor Santanocito!"…
Arrivederci, ragioniere Pitalà…anzi addio! – E così Turi chiuse la porta alle sue spalle e se ne andò. Uscendo all'aperto chiuse gli occhi, perché il sole lo abbacinava ma anche perché non voleva vedere, e non voleva sentire…E voleva essere già morto e sprofondare sotto terra, sotto quella terra nera, di cenere e di lava, e sotto quel manto di ginestra, giallo e splendente come quel sole che non voleva più vedere…
- "Oh, Turi, Turi, che hai? Ti senti male?...che hai preso un colpo di sole?" – disse don Carmelo -
O i troppi soldi ti hanno dato alla testa? Ah ah ah!!
- "Ma allora è vero che te ne vai in pensione? – fece un altro – allora dobbiamo brindare…
Ma Turi non li vedeva e non li ascoltava nemmeno e continuava a vagare come un povero fantasma, cieco e sordo, per la grande cava che non avrebbe più rivisto e dove non avrebbe mai più messo piede. Si bloccò solo davanti ad un grosso blocco di lava appena estratto e pronto per le altri fasi della lavorazione. Aprì gli occhi finalmente e lo guardò fisso, con curiosità, come se non ne avesse mai visto uno prima di allora. Davanti a lui c'era anche una grossa mazza, poggiata sul blocco, come se aspettasse di essere afferrata. E l'afferrò infatti e con una forza inaudita sferrò un terribile colpo sul blocco, per liberarsi di tutta quella rabbia e di tutta quella disperazione che aveva dentro.
Non l'avesse mai fatto!...Dio mio, che succede? Che succede? Un boato enorme, una esplosione terribile quasi lo fa stramazzare a terra, mentre una immensa colonna di fumo nero e rovente lo sovrasta e lo minaccia. E' la Montagna, la sua Montagna che ruggisce ferita e addolorata, sì,addolorata e offesa con lui e come lui, per il suo abbandono, per la sua rabbia, per la sua disperazione…Ammaliato e annichilito dal suo grido di dolore ma anche dal terrificante e pur maestoso spettacolo, Turi andrà verso il grande cratere, come già ebbe a fare il vecchio Empedocle, dimentico di tutto e di tutti…E camminerà per tutto il giorno e per tutta la notte senza curarsi dei lapilli che gli bruciano i capelli e i vestiti, senza curarsi della lava rovente che gli brucia le scarpe, e poi la pelle, senza curarsi di nulla…
"La Montagna è di Turi, ma Turi è della Montagna!"…
"La Montagna è di Turi, ma Turi è della Montagna!!"
"La Montagna è di Turi, ma Turi è della Montagna!""
Dentro la sua testa sempre quelle parole, che gli scoppiano dentro e poi come un'eco gli rimbombano nelle orecchie e vanno espandendosi sempre di più come le onde sulla superficie di uno stagno colpita da un sasso.
"La Montagna è di Turi, ma Turi è della Montagna!"…
"La Montagna è di Turi, ma Turi è della Montagna!!"
A casa Mara e Antonio hanno già allertato le forze di polizia e la guardia forestale, e lo stanno cercando dappertutto, anche se la violenza dell'eruzione e il buio non aiutano affatto e non danno speranze di poterlo presto ritrovare. Bisogna aspettare l'alba, la luce, e bisogna sperare in una pausa eruttiva, che faciliti le ricerche…E' arrivato intanto anche un famoso vulcanologo, il dottor Marco Sineri, che dirà come e quando muoversi e in che direzione.
Sono arrivati anche gli elicotteri, quando sarà giorno si alzeranno in volo e lo cercheranno; dall'alto è più facile e meno pericoloso. Bisogna aspettare che faccia giorno…Bisogna solo aspettare…
E' già l'alba. E la Montagna adesso si è calmata. Niente esplosioni, niente cenere e niente lapilli. Adesso è calma e placida, come se niente fosse successo. Le ricerche sono riprese, con rinnovato vigore. Gli elicotteri si sono levati in volo. Le guide con i cani sono andati fin su in cima al cratere per cercare qualche traccia…Ma Turi non si trova, e già si comincia a temere il peggio.
Mara e Antonio sono sempre stretti l'uno all'altra, per farsi coraggio, per poter sperare… Poi d'un tratto si sentono chiamare…
- "Mara! Antonio! Sono qui…sono qui…"
- "Papà!...ma dove sei stato, ma che hai fatto?...
Piero Juvara
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