«No, no, no! Non puoi farmi questo! Maledizione!» imprecò Greta, prendendo a pugni il volante della sua utilitaria il cui motore, con un ultimo asfittico rantolo era passato a miglior vita, lasciandola lì, impotente, a maledire la cattiva sorte.
«E adesso cosa faccio?» si domandò, sull'orlo di una crisi isterica. Le sue conoscenze sul funzionamento del motore a scoppio si limitavano a riempire il serbatoio di benzina e a far fare il cambio delle gomme.
«Cento euro! Cento euro mi sei costata per farti revisionare!» sibilò esasperata. Ripensò alle parole del meccanico. «Vada tranquilla, è tutto a posto» le aveva assicurato. «Tutto a posto un accidente!» proseguì Greta nel suo furibondo monologo solitario. Consultò l'orologio; per fortuna aveva ancora un paio d'ore davanti a sé per risolvere la situazione.
Era partita da Milano con notevole anticipo per non restare intrappolata nel traffico della tangenziale, rischiando così di arrivare tardi all'appuntamento. Quel colloquio di lavoro era troppo importante, anzi era vitale e doveva assolutamente essere puntuale. Negli ultimi sei mesi, cioè da quando la ditta dove lavorava aveva chiuso i battenti, e in poche righe formali, gentili e ... definitive aveva mandato in mille pezzi le sue sicurezze, aveva inviato curricula ad ogni azienda, negozio, ente che le fosse capitato di trovare su internet, o su 'A A A cercasi' e l'unica risposta che aveva ricevuto era quella di un'agenzia di viaggi del lago Maggiore. Ed era lì che era diretta.
« Forza, datti una mossa» si esortò e, determinata, afferrò piumino e borsa. Aprì la portiera e immediatamente fu investita da un turbine gelato di acqua e neve.
«Anche il tempo ci si mette!» brontolò, uscendo lentamente dall'auto e facendo attenzione a non sciupare gli stivali nuovi di pacca che insieme al tailleur acquistato per l'occasione avevano assottigliato a fetta di prosciutto il suo conto in banca.. Saltellando in punta di piedi girò intorno all'auto e aprì il bagagliaio da cui estrasse gli stivali di gomma che teneva sempre a portata di mano per le emergenze. Protetta dal portellone li infilò, afferrò l'ombrello e il triangolo di segnalazione che non aveva mai usato. Le ci volle un po' di tempo per comporlo, ma tra un'imprecazione e l'altra finalmente ci riuscì. Richiuse il portellone, posizionò il segnale ad una certa distanza dall'auto e rivolse la sua attenzione al paesaggio. C'era ben poco da ammirare; prati, prati e ancora prati fradici d'acqua, interrotti da qualche scheletrico cespuglio. Non una casa o un bar, niente di niente e la connessione del cellulare alla rete di internet si era interrotta già qualche chilometro prima.
«Bene, Greta» si disse. «Volevi smaltire le abbuffate delle feste? Eccoti accontentata, e non devi nemmeno pagare la palestra. Tutto gratis!» Dopo una mezz'ora abbondante di cammino, durante il quale non aveva incontrato anima viva, intravide delle abitazioni. Allungò il passo, rincuorata.
«Ma cos'è? Un paese fantasma?» si domandò. Non una luce, non un movimento; le case sembravano disabitate. Il suo umore era ormai prossimo al nero profondo quando il cartello pubblicitario di un Bed and Breakfast attirò la sua attenzione. «Avranno uno straccio di telefono, spero» si disse, avviandosi nella direzione indicata dalla freccia. Trovò l'insegna del locale dopo un altro quarto d'ora di cammino. Il citofono a fianco dell'alto cancello in stile liberty era acceso: buon segno. Premette il pulsante e un suono acuto si diffuse nell'aria, immediatamente sovrastato dall'abbaiare furibondo di due cani. Greta si augurò che non fossero loro gli unici ospiti messi lì a guardia della proprietà. Due splendidi esemplari di dobermann arrivarono di corsa e si avventarono contro le sbarre del cancello, mostrandole una dentatura degna della pubblicità dei prodotti per l'igiene orale canina. Li seguiva un uomo incappucciato in una cerata.
«Buoni!» ordinò alle bestiole, che immediatamente zittirono pur rimanendo in posizione d'attacco. «Desidera?» domandò, senza nemmeno degnarla di uno sguardo.
«La mia auto ha avuto un guasto e il cellulare non funziona. Può farmi telefonare, per favore? È importante!» rispose.
L'uomo alzò lo sguardo e si prese il tempo di esaminarla da capo a piedi; Greta sostenne pazientemente il suo esame, consapevole di essere ben poco presentabile con i capelli in disordine, il trucco semisciolto e, tocco di eleganza, gli stivali di gomma. Sotto il piumino era sudata fradicia, si augurò che il doppio strato di deodorante stick facesse il suo dovere. Senza dire una parola, l'uomo si voltò e, accompagnato dai cani, tornò indietro.
«La prego, mi faccia entrare!» implorò Greta. «Le pago la telefonata! Per favore!» Ma le sue parole si persero nell'aria. Consultò l'orologio; in quel momento avrebbe dovuto essere seduta in un ufficio di fronte ad un lui o ad una lei a perorare la sua causa. Non aveva nemmeno potuto avvisare, pertanto poteva dire addio a quell'unica opportunità che le si era presentata. Delusione, rabbia, amarezza si sciolsero in lacrime nere di rimmel. Appoggiata al cancello chiuse gli occhi e si concesse un momento di autocommiserazione.
«Serve aiuto?» La giovane donna che aveva parlato, facendola trasalire, la fissava preoccupata.
«No, grazie» rispose, con una smorfia che voleva essere un sorriso e si scostò dal cancello, ma l'altra le sbarrò la strada.
«Aspetti! Come è arrivata fin qui? Non ho visto auto parcheggiate in piazzetta.»
«A piedi; la mia auto s'è guastata in mezzo alla campagna e il cellulare non funziona. Ho seguito le indicazioni del cartello. Speravo di poter fare una telefonata, ma il signore che è venuto al cancello non ha voluto aprirmi.» Le mancò la voce perché il groppo di pianto le chiudeva la gola.
«Venga con me,» la invitò, posandole una mano sul braccio. Pigiò tre volte il pulsante del campanello e subito la serratura del cancello scattò.
«Su, venga» la esortò, vedendo che Greta non si era mossa.
«Ma ... i cani?» domandò.
«Ah, quelli stanno sempre appiccicati a mio fratello, se non si muove lui, non si muovono nemmeno loro. A proposito, io mi chiamo Selena e quell'orso che ti ha lasciata qui fuori è mio fratello Arrigo. Non ti dispiace vero se ci diamo del tu?» le chiese, sorridendo rassicurante.
«Al contrario, mi fa piacere. Io sono Greta» rispose, stringendole la mano.
«Bene Greta, adesso ci beviamo un bel te caldo, ti dai una rinfrescata e poi studiamo il da farsi per risolvere il tuo problema.»
«Sei molto gentile, Selena, ma non credo che tuo fratello ... »
«Non preoccuparti per lui» la interruppe Selena. È un lupo solitario, ma è un lupo buono, credimi. Con l'umore di traverso non è per niente divertente, brontola, impreca ma lui sa che con me le sue 'litanie' non funzionano» disse, aprendo la porta d'entrata.
«Sono io!» gridò entrando in cucina. «Ho portato con me un'amica!»
«Buona sera» salutò Greta quando Arrigo apparve sulla soglia; corporatura robusta, occhi castani, capelli neri che si arricciavano appena sulla nuca, un filo rilasciato in vita, ma nel complesso agile e tonico come un gatto.
«Lei è Greta» la presentò Selena, continuando a svuotare le borse della spesa.
«E lei sarebbe una tua amica?» latrò.
«Non potresti cercare di essere più civile?» lo rimproverò la sorella, inviandogli uno sguardo contrariato.
«Scusa» mormorò a disagio, per la mancanza di buone maniere che aveva appena dimostrato. «Salve, io sono Arrigo» si presentò, stringendole la mano con un gesto meccanico.
L'atmosfera era carica di elettricità e Greta non avrebbe potuto sentirsi più a disagio. Le venne in soccorso Selena.
«Il bagno è a metà scala sulla destra. Fai con comodo, intanto preparo il tè.»
«Si può sapere che cosa ti è venuto in mente di portare in casa quella là?» blaterò Arrigo quando rimasero soli.
«Volevi che domani mattina qualcuno la trovasse morta assiderata davanti al nostro cancello come la piccola fiammiferaia?» rispose Selena, senza scomporsi.
«Quanto sei melodrammatica! Semplicemente si sarebbe stancata di starsene fuori al freddo e se ne sarebbe andata.»
«Dove, secondo te? Non so se te ne sei accorto, ma siamo un tantino isolati.»
«Se questo posto non ti piace, puoi anche andartene, me la cavo benissimo anche da solo.»
«Non meriti neanche che sprechi il fiato a risponderti. Ti stai dimostrando anche più lunatico e cupo del solito. E per quanto riguarda Greta, lei è mia ospite e questo è quanto.»
Arrigo sapeva di aver esagerato e lanciò un'occhiata mortificata alla sorella che si sforzava di mantenere un'aria di dignità offesa. Ma serbare rancore non era nella sua indole; i suoi occhi cominciarono a brillare e gli angoli della bocca si curvarono all'insù. Gli allungò un colpetto amichevole: «Avanti, non tenermi il broncio!» disse, arruffandogli i capelli. Appollaiato sullo sgabello come un gufo meditabondo, Arrigo le rivolse un mezzo sorriso.
«Ho del lavoro da sbrigare» grugnì e sgattaiolò fuori dalla cucina, e per poco non si scontrò con Greta. «Oh, maledizione!» imprecò.
«Il tè è pronto, vieni sediamoci in salotto.» la invitò Selena.
«Accetto il tè volentieri, e poi tolgo il disturbo. Sei stata gentile a invitarmi, ma tuo fratello non sopporta la mia presenza e ... »
«Arrigo non sopporta nessuna presenza; lui è allergico agli estranei. E per questa sera non vai da nessuna parte. Ormai si sta facendo buio, resterai qui questa notte, è deciso. Ci sono un mucchio di stanze. Arrigo nemmeno si accorgerà che ci sei. Domani penseremo alla tua auto, tanto se non va, nessuno te la porta via.»
«Sei molto gentile e accetto volentieri il tuo invito; il pensiero di dover tornare a piedi fino all'auto mi preoccupava non poco, ti confesso. Il colloquio di lavoro ormai posso metterlo nel dimenticatoio.» rispose Greta.
Sorseggiando il dorato infuso, si soffermò ad osservare la stanza, dove aleggiava un profumo di cera d'api misto ad incenso. Le pareti erano fittamente coperte da quadri e specchi racchiusi in elaborate cornici dorate. Il tappeto era quasi invisibile a causa dei mobili massicci; sofà, poggiapiedi imbottiti, tavoli e tavolini drappeggiati con pesanti broccati. Le enormi -e confortevoli- poltrone dove stavano sedute, poste davanti al caminetto contribuivano a far sembrare ancora più minuscolo l'ambiente.
«È la parodia di un tipico salotto inglese» disse Selena, posando la tazza sul tavolino. «Per anni qui ha abitato una coppia di londinesi e questi sono i loro mobili. Qui dentro si potrebbero girare gli interni di un film del tipo "Orgoglio e Pregiudizio". Io lo trovo abbastanza kitch, ma i turisti, specialmente gli stranieri impazziscono! Adesso siamo fuori stagione, ma da aprile ad ottobre abbiamo sempre un continuo via vai di clienti. Siamo a dieci minuti di auto dal lago, teniamo dei prezzi molto contenuti, abbiamo dotato le camere di tutti i confort, aria condizionata, wi-fi, TV satellitare.»
Mentre Selena parlava, Greta ne osservava i tratti sbarazzini del volto, i corti capelli neri e gli occhi color caramello. Selena era bella, molto bella, favolosa. Guardando il gioco delle espressioni sul suo viso, mano a mano che raccontava, involontariamente sorrise.
«Perché sorridi?» le domandò Selena.
«Pensavo a voi due, tu e tuo fratello. Siete come il giorno e la notte, come l'acqua e l'olio.»
Selena si fece seria, chinò il capo e nascose gli occhi sotto le lunghe ciglia.
«Scusami, non volevo essere invadente ... » disse Greta, intuendo il suo disagio.
«Arrigo non è sempre stato così. Aveva un carattere schietto e amichevole ed era uno dei ragazzi più popolare della scuola. Ma questo era una vita fa', prima che...»
«Non sei obbligata a raccontarmi niente» la interruppe Greta.
«No, voglio parlarne» rispose, levando i palmi per tranquillizzarla. «Arrigo si era iscritto all'università e nel raccogliere i documenti necessari ne ha trovato uno che l'ha sconvolto. Non ha detto nulla per giorni, ma era cupo, scostante. All'inizio né io né i nostri genitori abbiamo dato peso a questo cambiamento improvviso e inspiegabile, poi però più i giorni passavano più Arrigo diventava ombroso, intrattabile, persino villano. Poi, una sera scoppiò la bomba. Durante una futile discussione nostro padre lo contraddisse e Arrigo lo aggredì dicendo che non poteva permettersi di contraddirlo visto che non era suo padre. Io rimasi di sale; mi aspettavo che mio padre reagisse, ma lui non replicò e mia madre cominciò a piangere. Scartabellando tra i documenti aveva trovato quello della sua adozione. La prese molto male, credimi. La sua autostima scese sotto il livello di guardia, non si fidava di nessuno, ripeteva in continuazione che era un bastardo, che non valeva niente, se perfino i suoi genitori naturali non l'avevano voluto. Per mesi non uscì di casa perché si vergognava; passava intere giornate chiuso nella sua stanza, non rivolgeva più la parola né a me né ai nostri genitori. Un giorno annunciò che se ne sarebbe andato; aveva trovato un lavoro a Londra. Dopo molte insistenze riuscii a convincerlo a darmi almeno il suo indirizzo, ma mi fece promettere che non l'avrei rivelato a nessuno. Piansi per giorni, dopo la sua partenza. Il nostro piccolo mondo fatto di certezze era andato in pezzi. Per farla breve, restò a Londra per quasi un anno, poi tornò e andò a studiare a Roma. Si è laureato in archeologia, la sua grande passione. Sembrava che avesse ritrovato la serenità, poi l'anno scorso ha preso un'altra batosta. Il governo iracheno ha chiuso il sito dove lui stava lavorando col suo gruppo e ha dovuto rientrare in Italia in tutta fretta. Ha salvato la pelle per un pelo. Ad alcuni suoi colleghi non è andata altrettanto bene. Quando sono andata a prenderlo all'aeroporto, quasi non lo riconoscevo. Venne a stare da me, a Milano, dove lavoravo. Ma lui stava sempre peggio; collaborava saltuariamente con vari enti, ma vedevo che era insoddisfatto. Allora ho preso in mano la situazione; avevo avuto in eredità dai nonni questa casa che era disabitata da un paio d'anni, da quando i coniugi inglesi erano tornati a Londra. Senza dirgli niente, ho fatto fare dei lavori e l'ho messo davanti al fatto compiuto. Ovviamente ha dato di matto, quando gli ho detto che saremmo venuti a stare qui.»
«Sì, ero molto restio ad affrontare un altro cambiamento» proseguì Arrigo che era entrato, reggendo un vassoio di cruditées. «Ma Selena è una tosta ed è andata avanti nel suo progetto come un carroarmato.»
«Già, a lui l'idea di avere gente tra i piedi non andava proprio giù» confermò Selena, rivolgendo al fratello uno sguardo affettuoso e, secondo Greta, non propriamente fraterno. «Ma, come dice il proverbio 'non tutti i mali vengono per nuocere'. Poco lontano da qui Arrigo ha scoperto un sito celtico praticamente sconosciuto ed è su quello che ora sta lavorando, lasciando a me la gestione di tutto.»
«Smettila di piagnucolare! Te la cavi benissimo e io ti sarei solo d'intralcio» disse, posandole un bacio sui capelli. Selena lo guardò di traverso, arrossendo lievemente, ma non disse una parola. Greta, ormai completamente a suo agio, aveva assistito divertita al tenero battibecco. Il suo intuito di femmina, però, le inviava un altro tipo di messaggio. Un preoccupante odore, proveniente dalla cucina la distolse dai suoi pensieri.
«Non sentite anche voi odore di bruciato?» domandò.
«Oh!» ad Arrigo sfuggì una parola di cinque lettere .... una brutta parola, e si fiondò verso la cucina. Tornò dopo qualche minuto, con un'espressione contrita dipinta in volto.
«Avanti, sputa il rospo» lo esortò Selena.
«Ho dimenticato le lasagne nel forno e si sono un po' annerite» confessò.
«Carbonizzate» puntualizzò la sorella, mentre, seguita da Greta e da Arrigo entrava in cucina dove un acre fumo azzurrognolo fuorusciva dallo sportello del forno. Selena tolse la teglia frigolante e la scaraventò nel lavandino. Arrigo cercò di sgattaiolare fuori, ma Selena lo bloccò: «Dove credi di andare?»
«È l'ora della passeggiata di Cip e Ciop» annunciò, defilandosi.
Gli spaghetti aglio olio e peperoncino vennero divorati in un clima rilassato e amichevole. Anche Arrigo, di solito taciturno, partecipò alla conversazione; a dire il vero la monopolizzò lanciandosi in un entusiasmante monologo sul sito archeologico da lui individuato sul territorio.
«Mi pare di aver capito che stai cercando lavoro» disse, rivolto a Greta, che annuì con un sospiro. «Se vuoi, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a ordinare gli appunti e potresti aiutare Selena nell'organizzazione della sua attività, così la smetterà di lamentarsi che deve pensare lei a tutto. E magari la prossima estate potremmo concederci una vacanza, lasciando qui te a sgobbare!» chiosò con un luccichio malizioso negli occhi. Selena lo fissava sbigottita; mai si sarebbe sognata di udire quelle parole uscire dalla sua bocca. «Pensaci,» concluse Arrigo alzandosi da tavola. «Buona notte.»
«Ti do una mano» si offrì Greta, vedendo Selena che si apprestava a sparecchiare.
«E questo cos'è?» domandò, prendendo in mano la statuetta di un clown rabberciata il cui naso rosso a palla era appoggiato ai suoi piedi. Selena gliela prese dalle mani e la posò davanti a sé.
«È la mia vita» affermò seria, accarezzando teneramente il pupazzo. «Me la regalò Arrigo tanti anni fa'. Quando se ne andò, in un impeto di rabbia la scaraventai a terra e andò in pezzi. Avrei voluto buttarla, ma non ne ho mai avuto il coraggio. Quando tornò, ne incollai un frammento, quando Arrigo scoprì il sito archeologico ne ho incollato un altro, e così via. Mano a mano che la mia vita si rimetteva insieme, incollavo un frammento.»
«E il naso? » domandò Greta. Selena rigirò tra le dita la piccola palla rossa. La sua sicurezza e la sua disinvoltura erano sparite.
«Non credo che lo attaccherò» affermò, con un tremito nella voce. Greta posò la mano sulla sua: «Invece penso che lo attaccherai molto presto.»
«Ahhhhhhh!» disse Selena stringendosi nelle spalle.
«Anche se siete cresciuti nella stessa famiglia, lui non è nemmeno tuo parente ... » proseguì Greta. «Non c'è niente di sbagliato ... » la rassicurò.
«Come l'hai capito?» domandò Selena con un filo di voce.
«Hai un display in fronte con tanti cuoricini rossi rossi che si illuminano, mia cara!» scherzò Greta.
«Quando mi sono resa conto di amarlo non come fratello, credevo di impazzire» iniziò a raccontare..«Non sapevo cosa fare, e non avevo nessuno a cui chiedere consiglio. Cominciai a trattarlo male, a evitare di stare con lui; insomma mi comportavo da perfetta stronza. Poco tempo dopo successe il casino che ti ho raccontato e fu lui ad allontanarsi da me.»
«Non gli hai mai confidato cosa provi per lui?» domandò Greta
«Non gliel'ho confidato, gliel'ho urlato in faccia quando disse che sarebbe partito. Mi rispose che era un motivo in più per andarsene. È stato allora che gli ho lanciato addosso il clown.» Dopo quella confessione si sentiva più leggera, ma c'erano ancora dei fili da annodare, dei frammenti da incollare.
«Ho intenzione di accettare la proposta di tuo ... di Arrigo, se anche tu sei daccordo Così avrete più tempo libero per stare insieme e non può farvi che bene. E quella vacanza che ti ha proposto profumava di fiori d'arancio lontano un miglio.»
«Dici?»
«Dico.»
Per un po' rimasero in silenzio, poi Selena prese il naso del pagliaccio e lo mise in mano a Greta. «Lo attaccheremo insieme» affermò, convinta.
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