Da tempo non scrivo più opinioni di carattere personale; preferisco raccontare l'esperienza tratta dalle mie letture o magari la mia partecipazione ad uno spettacolo teatrale, né mi sento molto animata dal commentare la triste quotidianità: mi sembra un’operazione inutile perché avverto il peso di un’anemia spirituale personale e sociale dilagante. E soprattutto senza età.
Si sa che i giovani, presi dall’entusiasmo del buon vivere, poco si occupano di vicende politiche e di affari familiari, loro si cibano di gioie personali, delle uscite settimanali (un tempo ormai lontanissimo concessioni meritate solo il sabato sera), della moda sempre in progress, e del resto poco interessa perché tanto non cambia nulla. E come dargli torto? Chi scrive ha superato da tempo gli entusiasmi giovanili, sicuramente vissuti con altro spirito, ma che oggi, perfino di fronte ai gravissimi avvenimenti della vita, avverte con irreversibile "anemia". Cosa commentare? Cosa aggiungere? Come rimediare? Tutto ha una sola sigla: “MA”. Malavita, Malaffare, Mafia, Malviventi, Malapolitica, Malasanità, Malessere diffuso, Malgoverno, Malafede, Malagiustizia... perfino da chi, dovrebbe invero amministrarla. Con tristezza mi accorgo che ogni giorno, e giorno dopo giorno, la corruzione aumenta, dilagando nelle istituzioni e affascinando l'animo delle genti, quale che sia la loro provenienza o collocazione sociale. E questa - a mio parere - è la forma più grave e di non ritorno perchè chi è colpito da questa grave “malattia” pensa soltanto a se stesso, e tutt'al più alla stretta cerchia familiare, come la cronaca spesso ci riporta. Il prossimo insomma non esiste. Allora con stupore mi interrogo e arrivo a drastiche conclusioni, penso che forse questo è il periodo del governo del MALE, che sembra essersi risvegliato, potente e furibondo, riuscendo ad ottenebrare perfino le menti più forti, annichilendole e asservendole ai più devastanti malefici. Stiamo infatti assistendo a brutali fenomeni del male: omicidi efferati, corruzione nei palazzi di potere senza limiti di casta e di appartenenza, e a giornalieri fatti di cronaca che lasciano sgomenti anche i meno sensibili e i più distratti ai fenomeni sociali. E nascono spontanee le domande accompagnate da crisi di acuto dolore e amarezza, di voglia di abbandonare tutto quello in cui si è creduto (ad esempio il lavoro) e per cui si è lottato un’intera vita, impegnandola possibilmente ad immani sacrifici. Dov’è finita la Suprema Giustizia? Dov’è la fonte della Verità? Viviamo ancora in uno Stato di diritto con meccanismi ritenuti agli occhi del popolo quasi perfetti? Non credo che questo sia solo un mio disagio, anche se spesso ho l’impressione di interloquire e di non capire il mio prossimo, insomma di non parlare più, come si suole dire, la stessa lingua, perché ormai ognuno comunica la personale convenienza. No, non c’entrano gli ideali, questo lo so bene, almeno per me. Ed è proprio per questa ragione che si innesca una solitudine profonda, che appartiene molto di più a chi avverte il peso di una morale diversa, non sempre accomunata da principi improntati sulla logica e sulla saggezza sociale o magari generazionale, a salvaguardia di alcuni importanti stili di vita e della stessa famiglia. Il distacco di pensiero galoppa dirompente spezzando i tempi di un più fisiologico e sano salto generazionale. É caduto nell’oblio il tempo della ricerca di una seppur effimera libertà, che non ha più voce per gridare i colori di un credo, di un partito, di un’ideologia, e che appare lontana e - ben distinta. Ma forse anche questa ricerca di ideali di libertà non è più così importante, col tempo ha subito inevitabile mutazione e ai più è sufficiente l'illusione di essere liberi. Anche i daloghi sono cambiati, adattandosi ai tempi della tecnologia e della praticità. Addio dunque all'arte, alla poesia, alla storia come strumento di analisi e di confronto, alla letteratura... Nei miei colloqui di lavoro, ad esempio, mi accorgo di interloquire - pienamente - solo raramente, sacrificando quasi del tutto la cultura, perché tutto il resto è noia… come la bellissima canzone di Califano. Oggigiorno, ahimè, questo è vero, leggere un quotidiano o ascoltare un telegiornale non procura più spinta di ideali, dialoghi costruttivi, ma rassegnazione ed assoggettamento ad una oligarchia che decide per tutti a seconda degli umori e delle faccende di partito e di palazzo. Questa fragilità sociale deve essere combattuta perché è il vero, forse l’unico cancro della democrazia. Una notevole massa di Italiani da tempo non ama più lo Stato perchè in Esso non si riconosce, tuttavia desidera che ci sia ed accetta passivamente regole, discutibili leggi e disumane pressioni fiscali, per mancanza di fiducia in sé e per non avere responsabilità rispetto ad alcuni meccanismi risolutivi che sembrano impossibili da affrontare. Ormai non ci sentiamo più di appartenere ad uno stato chiamato Italia, non è più il nostro bellissimo e martoriato Stivale, è una comunione e una commistione di stati diversi con diktat comuni. E allora tutto ci sembra complicato: come fare a districarsi, come salvarsi, come uscirne fuori? Ma forse non è poi così vero, ci basterà guardare le intellighenzie che ci rappresentano per capire che non sto scrivendo eresie. Ma l’anima è come bloccata, dice no!, rispettando l’anemia sociale fatta di banali sfoghi, magari nei social, fini a se stessi e per nulla conducenti, ma sufficienti per sentirci meglio e tirare a campare.
Ma chi ci governa intanto se ne frega, non ama il suo popolo, lo sfrutta, aggiorna tagli su tagli sulla pelle dei più deboli e non si sacrifica per niente, nemmeno per facciata. Lo so, ho detto le stesse cose trite e ritrite, quasi sonnolenti. Ma uno Stato di diritto che si rispetti dovrebbe essere portatore di sani ideali, di amor patrio, di onestà, di libertà, di eguaglianza… ma, inevitabilmente, ogni giorno di più diviene terreno di lotta tra il malaffare e il buongoverno.
E così la FEDE; la GIUSTIZIA; la PATRIA; e perfino la SACRA FAMIGLIA... sono diventati concetti da trattativa e di imponenti tavoli tematici. Triste. Si, dannatamente triste! La mia anemia spirituale mi ha consentito soltanto di sfiorare appena qualche tematica, di lasciarla intuire e non di prenderla di petto, per urlare giusti sentimenti di condanna o magari di soluzione.
Forse sono troppo pessimista, non so, forse non riesco più ad intravedere una via d’uscita, forse il bene e il male, il potere e l'amore, la pace e la guerra saranno sempre in eterno conflitto, perché la cultura, il libero pensiero e la - troppa - democrazia non sono riusciti nei loro nobili compiti. E la storia di ieri e di oggi ne fornisce chiare testimonianze, in un crescendo di difficoltà.
Marina De Luca
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