Eccoci arrivati alle ultime battute di un Referendum fin troppo ‘sentito’ che ha spaccato l’Italia fra rifomisti e conservatori, ma non solo. E oggi forse anche la sterile polemica delle matite ne è stata un triste epilogo. Sospetti, inciuci, volgarità, hanno permeato questa particolare campagna referendaria come non mai. Anche le percentuali dei votanti stanno rispecchiando il climax, ben oltre le fisiologiche aspettative. Abbiamo infatti assistito a una campagna bellica, verrebbe da dire, piuttosto che referendaria, e fino agli ultimi scorci.
Dibattiti poco edificanti, quasi rappresaglie di natura personale. Tutti i partiti e i loro onorevoli hanno mostrato il lato peggiore di sé. Di certo non producente per la nostra antica Carta Costituzionale, scritta dai nostri Padri costituendi, che mai avrebbero immaginato il degrado morale e l’incapacità totale che hanno dominato negli ultimi decenni, carente più che di riforme di uomini, veri leader, punti di riferimento, della 'sacra' politica. Il referendum è un bellissimo strumento politico che richiede la consultazione diretta del popolo, che viene chiamato a pronunciarsi con una votazione, in termini di approvazione o di rigetto, su una specifica legge o su un atto normativo atto a migliorare la vita dei cittadini; ma se utilizzato male, con manipolazioni e a scopi personali, e dunque per fini diversi da quello istituzionale per cui è stato concepito, può diventare nocumento per lo stesso popolo chiamato a pronunciarsi.
Una riflessione spontanea (subito dopo il mio voto), quasi un atto conclusivo e una liberazione da scenari politici terribili, e un civilissimo scambio di opinioni con gli scrutatori, molto colpiti dall’enfasi dei votanti: precisi, puntuali, attentissimi. Resta il dubbio che questo Referendum non abbia del tutto rispettato il significato di cui è intriso, che non abbia marcato la libertà di una scelta libera e consapevole, perché pervaso da un cumulo di rigurgiti di odio partitico. Forse abbiamo perso una buona occasione per i cambiamenti: sono passati tanti anni, la società non è più basata sull’agricoltura e sulla famiglia patriarcale. Quindi, niente scandali se la Carta dovesse essere modificata, aggiornata. Forse ci saranno, ma non cambierà niente perché in realtà la vera crisi italiana è una crisi di valori, di scelte condivise, di onestà in tutti gli ambiti del potere. Ecco perché oltre al senso di liberazione da volgari e sterili diatribe, non mi preoccupa più di tanto come finirà. I veri cambiamenti devono avere radici più profonde, e non basterà modificare o cancellare qualche punto della nostra Costituzione se non cambieranno i dialoghi fra le parti che rappresentano gli italiani, di un’Italia che ha bisogno di rifacimenti integrali.
Marina De Luca
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