Ho rivisto su La 5, Mediaset, I ponti di Madison County, il cui titolo originale è The bridges of Madison County. Il film, Usa del 1995, è genere drammatico-romantico. La regia è di Clint Eastwood e gli attori protagonisti sono lo stesso Eastwood e Meryl Streep, la mia attrice preferita. Una romantica storia d’amore, tratta dall'omonimo romanzo di Robert J. Waller, ricca di passione e inconciliabili sentimenti che travolgono e sconvolgono l'esistenza dei due protagonisti.
Francesca Johnson, Meryl Streep, è una casalinga, moglie e madre irreprensibile, che si trova sola a casa per quattro giorni, senza marito e figli, partiti per una fiera del bestiame. Robert Kincaid, Clint Eastwood, fotografo di mezza età del National Geographic, giunge alla vecchia fattoria, dove vive Francesca, per chiedere indicazioni sui ponti di Madison County, che egli dovrà fotografare per lavoro. I due fanno amicizia ed in breve il loro incontro si trasformerà in un’autentica e profonda passione. Nasce un amore - proibito - nell'Iowa del 1965, dove ancora vigeva la concezione della donna adultera alla stregua di una criminale emarginata dalla comunità, in un contesto sociale dove i ruoli uomo-donna erano ben definiti e radicati. Sono soltanto quatto giorni d’amore che riescono tuttavia a stravolgere, ma anche a dare un senso all’esistenza di Francesca, forse colpevole di essere innamorata dell’amore nella sua accezione più alta.
Un incontro per caso, non voluto, non cercato, che pur nella sua brevità riesce a donare molto e per sempre. Francesca non è affatto una donna semplice, tutt’altro, e si convince che quello che lei e Robert hanno provato nei loro quattro indimenticabili giorni d'amore non sarebbe potuto continuare se fossero rimasti insieme; mentre quello che lei e il marito Richard avevano costruito in anni di vita comune sarebbe svanito se si fossero separati. Da una parte un amore che rimane tale, fine a se stesso, travolgente e unico, splendente come un diamante, proprio perché non contaminato dalla quotidianità, contrapposto ad un amore la cui essenza è proprio la quotidianità, la condivisione, il tempo passato insieme e che, tuttavia, sarebbe svanito se fossero venuti meno questi presupposti.
Quello che ho amato di più in questo film è la potenza delle contraddizioni dei due amanti protagonisti: “Io non posso fingere che questo mi basti, perché così dev'essere! E non posso fingere di non provare quello che provo, perché domani sarà finita”. Francesca è una donna di mezza età che si ritrova sconvolta dal sentimento e, nonostante i tormenti, sceglie di vivere questa breve relazione. Ma lascia esplodere tutte le sue fragilità e i contrasti interiori. É ben cosciente di non abbandonare il marito ma, allo stesso tempo, non accetta che il suo Robert riesca a farsi scivolare con superficialità tutto quello che hanno provato e vissuto insieme, per poi tornarsene tranquillamente a girare il mondo: tanto lui non ha bisogno di nessuno e vuole bene soprattutto a se stesso. Robert non sembra una figura rassicurante, vive come un artista senza fissa dimora e ama definirsi cittadino del mondo. Tuttavia Francesca ne è profondamente attratta, non riesce a rinunciare all'idea di vivere un'avventura con lui, e forse vorrebbe amarlo per sempre. Ed è per questa ragione che insiste e chiede a Robert risposte precise che l'uomo non è in grado di offrire perchè, a suo dire, non potrà comunque averla per sè. Francesca è combattuta, a volte sembra dura, altre volte cede e si strugge alla ricerca di una giustificazione alle sue azioni: “Mi comportavo come un'altra donna, eppure ero più me stessa di quanto non fossi mai stata”. Vuole la verità sul loro sentimento, perché non può fare finta che non sia successo niente, o che quello che è stato sia sufficiente solo perché la loro storia è destinata a finire. Dall’altra parte anche Robert, nonostante professi di non avere bisogno di nessuno, si rende conto che tutto ciò che ha fatto nella sua vita è stato un percorso finalizzato a portarlo da lei. Sembra spiazzato dai suoi sentimenti, improvvisamente si sente deciso, vorrebbe portarla con sè. Ed ecco che accade l’ineluttabile, esplode un amore intenso, breve, ma ricco di complicità e gratitudine. Emozioni che si provano raramente nella vita, e solo quando capita l’incontro di due anime così simili.
La naturale conclusione sarebbe stata quella di prendere al volo "il magico treno" e seguire solo le ragioni del cuore. Ma non è sempre così semplice. Fra i due ci sarà un muto e doloroso addio, suggellato da eloquenti sguardi. Robert proseguirà da solo il suo cammino. Francesca resterà ancorata alla "panchina delle responsabilità" e agli affetti ormai consolidati. Una panchina raffigurata dalla maniglia del furgone che non si apre, perché la mano resta bloccata; e da quel semaforo rosso che al suo scatto segnerà l'addio definitivo e spietato, mascherato dalle lacrime di pioggia. Ed è questa la parte più toccante e struggente del film dove si assiste alla fragilià umana e al trionfo della rinuncia. Prevarrà l’amore per la famiglia, Francesca abbandonerà, suo malgrado, il sogno d'amore. Nobile rinuncia che, in una società ego-centrista, sembra quasi un’eresia. Lo spettatore istintivamente inneggia all’amore, prova pietà per i due amanti e dimentica gli impegni che la vita impone, e la stessa sacralità del matrimonio; perché l’amore è sempre e comunque la scelta migliore, perché per la vita che resta si avrà il rimpianto di averlo volontariamente allontanato insieme a tutti i luoghi fantastici perduti. Forse è vero, ma in fondo ai nostri cuori conosciamo fin troppo bene le ragioni della scelta di Francesca, perchè solo crescendo si impara che ha più valore il senso di costruzione, anche se non si perde mai la voglia di sognare e di conquistare il mondo.
I ponti di Madison County troverà il suo riscatto solo alla fine. Una liberazione, un premio alla coscienza dei due amanti. Francesca, infatti, riceverà uno scatolone abitato dai ricordi del loro incontro, che Robert le ha lasciato unitamente ad un libro di fotografie intitolato "Four Days - Remembering", a perenne memoria della loro breve ma intensa storia d'amore. Francesca è visibilmente turbata, e nei leggeri tratti cinematografici emerge, in un pianto liberatorio, la fine del tormento: finalmente ha ricevuto la risposta che ha tanto atteso. Nel suo volto, non più giovane, appare tutta la tenerezza dei loro ricordi. Accarezza il fascio di lettere e la catenina che aveva donato a Robert con le mani ormai sciupate dalla vita, ma con la delicatezza di un soffio di vento. E ripercorre i luoghi che il suo cuore non ha mai abbandonato. “...Il mio unico legame con lui erano i posti in cui eravamo stati insieme in quei quattro giorni: così ogni anno per il mio compleanno li ho rivisitati. Non trascorse mai un solo giorno senza che pensassi a lui”. Francesca lo racconta in un diario che verrà scoperto dai figli solo dopo la sua morte, perchè ciò a cui anelava era che la storia del suo grande e impossibile amore fosse riconosciuta come parte integrante della sua esistenza.
Marina De Luca
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