E’ una calda sera d’estate. Decidiamo di andare fuori a cena, mangeremo una pizza. Sono in compagnia di carissimi amici, giriamo un po’ per la città e ci fermiamo in una pizzeria di Palermo che ha un nome familiare e rassicurante: Nonna Nina. Questa è una sera particolare che pretende raccoglimento e anche qualcosa in più, ma lasciamo che l’argomento resti un fatto privato. Ci accoglie una giovane fanciulla che, senza tanti preamboli, ci mette sul tavolo, ancor prima della carta dei menu, un libro. Scopriamo subito che è il romanzo autobiografico del titolare della pizzeria: La nostra strada di periferia di Maurizio Cottone. Mi intriga l’idea di questo scrittore-ristoratore, chiedo se è presente, in tal caso mi piacerebbe conoscerlo. La ragazza che serve ai tavoli, la stessa che ci ha accolti, mi dice che di lì a poco sarebbe venuto a presentarsi. Nel frattempo incontro due miei cugini che stavano andando via e che saluto ben volentieri; non li vedevo da tempo. Mi accorgo che trattengono il libro fra le mani e capisco subito il business del ristoratore. Istintivamente provo simpatia per quest’uomo che si auto vende e gestisce il suo libro, la sua creatura, il suo romanzo. “Forte!”, penso tra me e me. Ha iniziativa e ha trovato il modo di pagare l’editore e nel contempo ha assecondato la sua fame di scrittura. Intanto eccolo arrivare. Noto subito che è un bell’uomo. Alto, distinto e decisamente cordiale. Mi presento e iniziamo con gli altri commensali un interessante dialogo. Al tavolo c’è anche una mia carissima amica, anche lei è incuriosita da questo strano e geniale personaggio. Ci racconta un po’ del suo vissuto e del suo prepotente desiderio (alla vigilia dei cinquant’anni) di mettere sulla carta la sua vita e le sue intime emozioni. Impiegherà nove mesi a scriverlo, giusto il tempo di una gravidanza. Ci annuncia, infine, un po’ mortificato e quasi scusandosi ripetutamente, che il contenuto del libro è forse un po’ forte per una signora … Lo rassicuro che la lettura in sé non avrà alcun effetto devastante sulla mia persona, e nemmeno su quella dei miei amici. E questo non perché abbiamo fatto chissà che, ma perché l’arte è arte! Spero...
Dopo un po’ di “storie di vita” e i soliti convenevoli il ristoratore si congeda: finiamo la nostra serata gustando la nostra pizza e conversando piacevolmente. Alla fine paghiamo il conto e i libri e, intanto che stiamo per andare via, il ristoratore-scrittore ci viene incontro per un ultimo saluto. Resterà in attesa di una mia personale critica, nel bene o nel male. Ed eccomi qua, proprio in questa veste: mantengo sempre la mia parola, ma vi assicuro che non ho nessuna pretesa di essere precisa.
E’ difficile recensire una vita, perché di questo si tratta, anche se è un po' arricchita, e non è certo la recensione di un romanzo che nasconde, come di consueto, una parte di vita nella trama e tra le sapienti parole. Maurizio Cottone, in questo romanzo autobiografico, pone l’accento sulle personali avventure e sui singolari (a dir poco) incontri che ne hanno accresciuto le riflessioni e i sentimenti, dando una decisiva impronta alla sua formazione. Un'esistenza tormentata e incentrata alla continua ricerca di sè, in un’incessante sfida che ha trovato sviluppo e seguito, sia pure nelle volute interruzioni e i viaggi, proprio nella strada di periferia dov’è cresciuto e dove ha tratto le sue personali esperienze e meditazioni e approfondito la sua innata sensibilità. Non è la banale vita di un adolescente: tutt’altro! Il protagonista si dimostra subito adulto e abbastanza maturo per la sua età. Molte avventure mi hanno decisamente impressionata e non perché sia bigotta, ma proprio per l'età del protagonista, che, in realtà, avrebbe dovuto ancora giocare. Una vita, dunque, di singolari esperienze, intrecci ed emozioni, sensazioni e sentimenti non proprio alla portata di qualsiasi giovane della sua stessa età. La narrazione presenta talvolta episodi poco credibili dal punto di vista cronologico, come ad esempio il concorso per diventare finanziere: mi sono chiesta quanti anni avesse, e se fosse vero il racconto di quelle pagine. Ho notato, da lettrice donna, quanto sia diversa la percezione dell’amore, del sesso e della sessualità, vissuta al maschile: non che non lo sapessi o immaginassi, ma leggere le considerazioni di un uomo, così esplicite, nero su bianco, è stato davvero illuminante sul costrutto dell’universo maschile; un viaggio nei meandri del cervello uomo, anche in quello apparentemente più sensibile. Nel pagine si legge anche tanta tristezza mascherata ed esorcizzata sempre dal compulsivo e sfrenato sesso. Un giovane uomo un po' narciso e tanto bambino - in senso buono - nei sentimenti. Un moderno pinocchio che si lascia trasportare da(lle) lucignolo nel paese del "bengodi", un posto dove crede di trovare la felicità e il successo e invece si ritroverà solo. E a vent'anni essere soli è tristissimo. Come il grillo parlante della fiaba, il buon consigliere Mariano gli indica la retta via nella strada di periferia. E' lì, in quella strada, che si esprime tutto: dove il giovane protagonista vive la dicotomia tra il rispetto dei valori della famiglia e della cultura sicula e la prepotente voglia di fare, di trasgredire per uscire fuori dalla solita routine e per arrivare al successo. Ma il vincitore reale sarà il dolore, come accade, quasi sempre, nella vita di tutti. Il dolore, dunque, lo renderà adulto e farà emergere le sue reali caratteristiche. E' un romanzo coraggioso, per chi, come nel caso dell’autore, dovrà restare a lavorare sui luoghi della narrazione, incontrando persone e personaggi che sono descritti nel romanzo e che ne hanno condiviso le speciali avventure e calpestato la stessa strada di periferia. Maurizio Cottone si è messo a nudo (e non solo nel senso metaforico), ha proprio reso alla piazza tutte le sue debolezze, i suoi privati pensieri e i suoi affanni: insomma tutta la sua straordinaria e incredibile vita intrisa di pura sicilianità. E non è così semplice. Nonostante la sua ossessione per il sesso, servito in tutte le salse, nelle pagine c'è anche una spiccata razionalità ed emozionalità, soprattutto nei capitoli alla fine del romanzo e in riferimento ad alcuni dolorosi accaduti. Dove c’è dolore, si sa, c’è sempre abbondante percezione di sentimenti e profonda riflessione: in questo caso sulla Sicilia e sulla leggendaria mafia. Una riflessione che sensibilizza il lettore, in particolare siciliano. II romanzo, che chiamerei altrimenti confessione di vita, non mi è dispiaciuto, nonostante lo stile semplice di scrittura, perchè esalta il sentimento della vera amicizia e perchè ha la capacità di emozionare. Mi è sembrato di leggere e violare il diario privato di un adolescente che via via diventa uomo, ma che tuttavia non ha ancora raggiunto la maggiore età. Lo scrittore-ristoratore è ancora giovane: mi chiedo cosa potrà ancora sperimentare, la stoffa c’è! Se penso alla mia vita fino ai miei diciotto anni, e anche fino ad oggi, io e Maurizio (lo scrittore) siamo pressoché coetanei, mi viene in mente la battuta televisiva di Sandra Mondaini con il piede in aria: “Che barba, che noia! Che piatta vita, che vita piatta.”. La mia, s’intende.
Marina De Luca
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