Il 23 settembre del 1973, a pochi giorni di distanza dal golpe di Pinochet e dalla tragica morte del presidente Allende, moriva il poeta cileno Pablo Neruda. Oggi, nella ricorrenza del 41mo anniversario della Sua morte, è mio desiderio commemorarlo attraverso una breve biografia e una poesia. Premio Nobel per la letteratura nel 1971, Neruda fu riconosciuto uno dei poeti più rilevanti del panorama sudamericano del XX secolo, ma fu universalmente famoso ed apprezzato. Il suo vero nome era Ricardo Neftalí Reyes Basoaltoma, ma scelse lo pseudonimo di Pablo Neruda in onore dello scrittore e poeta cecoslovacco Jan Neruda, nome che in seguito gli fu riconosciuto anche legalmente.
Nato a Parral sessantanove anni prima, nel 1904, in una modesta famiglia, a soli diciannove anni scrisse e pubblicò, sotto lo pseudonimo di Pablo Neruda, la sua prima raccolta di versi Veinte poemas de amor y una canción desesperada che gli valsero subito una grande notorietà anche se non poche furono le critiche per la disinvoltura dei suoi versi.
Nella seconda metà degli anni Venti Neruda cominciò ad accettare una serie di incarichi diplomatici per il suo paese, inizialmente per far fronte ad una difficile situazione economica, che lo portarono negli anni successivi a girare mezzo mondo e ad entrare in contatto con molti paesi e diverse realtà. Visse così, in particolare, un incontro con la Spagna, che ebbe un’importanza primaria nel percorso intellettuale e nella crescita personale e, per conseguenza, nel suo riconoscimento letterario. Affrontò, in prima persona, la tragedia della guerra civile spagnola, della sconfitta del Fronte repubblicano e della dittatura franchista. Quest’esperienza lo segnò profondamente e contribuì alla sua adesione al comunismo e alla conseguente evoluzione dei suoi versi nel senso dell’impegno sociale e della lotta politica. Emblematico della sua poesia impegnata è il Canto general, monumentale raccolta di versi dedicati all’America latina, la sua natura, la sua storia con le sue luci e le sue ombre. Ma la poesia di Neruda deve la sua popolarità e interesse per la sua semplicità, per il carattere universale, e per la capacità del poeta di racchiudere nei suoi versi - carezze per l’anima -, i sentimenti più profondi e complessi dell’animo umano. Definito da Gabriel García Márquez "il più grande poeta del XX secolo, in qualsiasi lingua" e considerato da Harold Bloom tra gli scrittori più rappresentativi del canone Occidentale, è stato insignito nel 1971 del Premio Nobel per la letteratura; un premio che vuole un riconoscimento di carattere mondiale, e dove la scelta di Neruda fu una delle più indovinate.
In Italia, la figura di Neruda è collegata al popolare film "Il postino", benché il vero protagonista del film non sia il poeta ma il pescatore impersonato da Massimo Troisi.
Voglio che tu sappia
una cosa.
Tu sai com'è questa cosa:
se guardo
la luna di cristallo, il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra,
se tocco
vicino al fuoco
l'impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna,
tutto mi conduce a te,
come se ciò che esiste,
aromi, luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m'attendono.
Orbene,
se a poco a poco cessi di amarmi
cesserò d'amarti a poco a poco.
Se d'improvviso
mi dimentichi,
non cercarmi,
ché già ti avrò dimenticata.
Se consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
che passa per la mia vita
e ti decidi
a lasciarmi alla riva
del cuore in cui ho le radici,
pensa
che in quel giorno,
in quell'ora,
leverò in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.
Ma
se ogni giorno,
ogni ora
senti che a me sei destinata
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amor mio, ahi mia,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne né si dimentica,
il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
e finché tu vivrai starà tra le tue braccia
senza uscire dalle mie.
Pablo Neruda
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