Queste le parole pronunciate dal ministro del Lavoro Elsa Fornero a margine di una visita al Centro per l'impiego di via Bologna a Torino. “Auspico che ci sia il più possibile parità di trattamento tra i lavoratori del pubblico impiego e quelli del privato, non ho mai detto che voglio licenziare, e credo che questo auspicio debba essere preso in considerazione”. Le parole del ministro arrivano poco dopo che, a margine di un evento School of Governement - Luiss e Scuola Superiore della P.A., il ministro per la Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, aveva detto: “La delega non conterrà una disposizione specifica sui licenziamenti disciplinari dei dipendenti pubblici, ma si rimetterà al Parlamento”.
Le dichiarazioni del ministro del lavoro Elsa Fornero in merito alla riforma del mercato del lavoro, ed in particolare alla parità del trattamento tra i lavoratori del pubblico impiego e quelli del privato mi trovano in perfetta sintonia. Occorre, a mio modesto avviso, dare una chiave di lettura non polemica a questa riforma, che non significa libertà di licenziare. Ed è innegabile che da tempo si avverte la necessità di riformare questo mercato, e ciò anche alla luce dei problemi che affliggono il nostro Paese in generale e il mercato del lavoro più in particolare.
Ma continuiamo ad esaminare i concetti espressi dalla Fornero e da Patroni Griffi .
Fornero: "Non mi vergogno di far parte di questo governo - ha detto poi Fornero ai disoccupati che protestavano davanti al Centro per l'impiego della Provincia di Torino - e sono orgogliosa di quello che ho fatto. Quello che ho fatto l'ho fatto per gli italiani - ha aggiunto - non è vero che il governo sta portando alla fame la gente, sta cercando di risolvere i problemi". "Il problema - ha detto Fornero nel botta e risposta con i disoccupati - è che abbiamo vissuto troppo tempo sul debito, facendo finta che stavamo bene, come una famiglia che spende tanto senza tenere conto di ciò che entra. C'é una recessione in atto e non esistono strumenti che possano portare subito all'uscita da questa recessione, dovete avere un minimo di fiducia. Possiamo anche avere sbagliato ma non abbiamo mai mentito, sono orgogliosa di fare parte di questo governo". È necessario esaminare le parole del ministro attribuendo alle stesse la più corretta chiave di lettura. E soprattutto aprirsi al dialogo in una prospettiva di crescita.
Filippo Patroni Griffi: "La delega non conterrà una disposizione specifica sui licenziamenti disciplinari dei dipendenti pubblici, ma si rimetterà al Parlamento". "La delega sulla riforma del lavoro pubblico è sostanzialmente pronta - ha aggiunto il ministro Patroni Griffi - ci sono un po' di contrasti e c'é un'aggravante perché sono sepolto in Parlamento per l'iter dell'anticorruzione, non so se mercoledì potrò essere in Consiglio dei Ministri". "Con il ministro Fornero non ci sono però contrasti", ha garantito il ministro. "Non viene meno la valutazione del merito, ma si tratta di far funzionare il sistema che fino ad oggi non ha funzionato", ha spiegato Patroni Griffi. In particolare sciogliere il nodo dei licenziamenti "non sarà semplicissimo" per il Parlamento, perché bisogna definire la "responsabilità dei dirigenti per il pagamento degli eventuali indennizzi".
Per quanto mi riguarda i punti di vista espressi dai due Ministri sono chiarissimi negli stessi intendimenti e rispettabili entrambi. Spetterà ora il Parlamento legiferare in maniera giusta, tanto da far funzionare il sistema che fino ad oggi non ha oggettivamente funzionato, e accontentare le parti in causa senza offendere o ledere i diritti di tutti i lavoratori dei due impieghi: pubblici e privati. Tuttavia, questa tematica da sempre suscita difficoltà, contraddizioni e dialoghi a tinte forti. Perché? Perché è insito nell’italiano il concetto di proprietà, perfino del lavoro, inteso spesso solo come un diritto, dimenticando che a fronte di uno stipendio ci sono effettivi doveri e compiti da svolgere. Il concetto di lavoro-parcheggio deve finire. Il lavoro deve essere inteso sì come un diritto, che dona agli uomini dignità, stabilità e possibilità di crescita personale e in seno alla famiglia e alla società, ma deve altresì essere uno stimolo a migliorare, a dare il meglio di sé. E se questo avviene puntualmente per i lavoratori delle aziende private, da sempre discriminati in molti diritti e godimenti, non si vede perché non dovrebbe esserlo per i lavoratori del pubblico impiego, che da sempre, al contrario, godono di maggiori diritti in termini di stipendi, convenzioni, assegni familiari “reali”, ferie godute, permessi, etc. Sappiamo bene, ed è inutile negarlo, che ai privati tutto ciò spesso non è concesso, e non perché i datori di lavoro siano cattivi e crudeli, ma perché devono sudare anche loro i profitti per renderli ad uno Stato che pretende troppo in termini di tasse e contribuzioni. E questa è la realtà, una verità più che condivisibile, che brucia sulle spalle dei lavoratori autonomi, delle aziende private e dei liberi professionisti, impegnati a fare quadrare i bilanci e qualche volta ad arrivare essi stessi a fine mese, se non addirittura indebitati. Non ci dovranno più essere lavoratori con troppi privilegi e altri con nessuno o quasi. Sappiamo benissimo come funzionano entrambi i mercati e troppi scandali sono già venuti alla luce; vergognosi furti di stipendio che avrebbero già meritato il licenziamento in tronco: per quanto mi riguarda e se ne avessi avuto il potere, quest’individui oggi potrebbero essere alla ricerca di un nuovo lavoro e con un curriculum poco edificante. Anzi, ritengo che alla materia si debba applicare maggiore severità, al solo scopo di risanare la "sicura" pubblica amministrazione . È, infatti, inaudito ciò che è accade in determinati uffici della pubblica amministrazione, dell’inefficienza di alcuni settori, dell’impossibilità di svolgere le pratiche senza che si conosca l’amico di turno o l’amico dell’amico. Vergogna! I cittadini dovrebbero poter fruire dei servizi dello Stato in maniera normale, come andare a prendere un caffè al bar. Al contrario il mercato privato ha fatto dell’efficienza il fiore all’occhiello perché teme la concorrenza, perché paga troppo in troppi termini. Ad esempio in uno studio medico privato che svolge analisi di vario tipo è frequente trovare delle apposite aree dove si chiede se la prestazione è stata adeguata alle aspettative, se il personale medico o paramedico si è ben comportato, addirittura veri e propri questionari. Giusto! Sono d’accordo, chi svolge il proprio dovere con scienza e coscienza non avrà mai nulla da temere. E i sindacati farebbero bene a prenderne atto, a tirare meno una corda che si è già rotta in mille pezzetti, se vogliono che si creino possibilità di posti di lavoro, perché stante così le cose il privato temerà sempre di assumere e di non potersi liberare dei fannulloni; di contro l’impiegato pubblico si è parcheggiato per sempre e sentendosi tranquillo rallenterà, fino a fare morire del tutto, le proprie performance lavorative. Forse è insito nell’uomo il bisogno di essere sempre un po’ pungolato. Non si parla di rigore, né di leggi “capestro”. Anche se un po’ di rigore non guasterebbe: avremmo sicuramente più servizi e più efficienza. È ovvio che il primo rigore si dovrà applicare a chi ci governa. E mi chiedo se anche in tal senso riguarderanno le presenze in Parlamento. Sarebbe estremamente utile, anche questa modifica, e un buon esempio di partenza. Tutti siamo necessari ma nessuno è indispensabile. E aggiungo: assolutamente intercambiabili.
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