Domenica scorsa, un caro amico ha lasciato la vita terrena, era una benvoluta persona, di grande spessore umano e culturale. E’ sempre in queste circostanze che almeno nei più sensibili si aprono profonde riflessioni, che ci rimandano al senso della vita, la nostra vita, a volte piena di contraddizioni tra l’essere ed il fare quotidiano. In questi momenti di dolore, commozione generale, ci soffermiamo a riflettere sulle sfaccettature dell’esistenza, sul nostro tram tram generale, sugli affanni della nostra realtà, alcuni validi altri inutili. Incontriamo persone, che ahimè per questi su accennati motivi, vediamo poco o perfino esclusivamente in “particolari circostanze”… ed è proprio qui che incontro dopo tanto tempo un amico, un amico dei tempi in cui si era ragazzi, che ricordavo molto diverso e non solo fisicamente, cambiato oserei dire, soprattutto nel profondo. Mi abbraccia con affetto, un affetto vero, che avverto, lo so è sincero, mi guarda, ed i suoi occhi esprimono finalmente saggezza, calma, tranquillità, ne è così intriso che me la trasmette. Sembro ad un tratto folgorata dai suoi racconti, mi parla delle sue ripetute esperienze sul Treno Bianco, il treno che va a Lourdes. Mi racconta dei suoi umilissimi lavori su quel Treno, dell’assistenza che fa agli ammalati, del rassegnato dolore pieno di speranza che li accompagna lungo il cammino, ma anche delle espressioni di gioia di chi ha avuto realmente poco dalla vita. Resto turbata, non me lo aspetto da lui, sembrava così superficiale, com'è mai possibile mi domando, un cambiamento così radicale? Ed è in questi momenti che ti senti un verme, quando ripercorri le tue stupide lamentele, i capricci del momento, e valuti che il tuo stato di salute non è poi così male, e per un poco ti sembra di innalzarti ad un livello superiore, diventi un esteta, osservi il mondo che ti circonda con uno sguardo di pietas e amore al contempo, apprezzi le belle giornate, i gesti semplici di affetto, il sorriso di chi ci è accanto, e poi il sole, il mare, le stelle... e tutto ciò che ci circonda appare finalmente Meraviglioso, nella sua semplicità e ti ritieni fortunato, si fortunato di quello che hai, dei tuoi affetti, e perfino delle tue “sventure”. Ritorno al mio racconto… e concretizzo che queste sensazioni me le ha trasmesse un semplice uomo, che ha scelto di percorrere dopo una vita un po’ " turbolenta"…un cammino di fede, questo cammino gli ha procurato un cambiamento molto profondo, provocandogli fortissime emozioni, che gli hanno rivoluzionato il senso della sua esistenza, la sua Vita! E sembra, che anch’io da questo istante avverta, profondamente, necessità di riflessione, di preghiera, di osservazione, di curiosità e verità per questo Treno che porta ad una miracolosa Madonna che vogliamo raggiungere ad ogni costo! Ed è per questo, che per Voi, amici e lettori di Palermomania.it ho voluto fare una ricerca ed ho trovato quest’articolo che troverete su Famiglia Cristiana. Buona riflessione … Marina De Luca
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In viaggio con l’Unitalsi, da Treviso alla grotta di Massabielle. Gioia e dolore, volontari e malati insieme, tutti uniti da un filo che si snoda chilometro per chilometro, come i grani del prezioso rosario della sofferenza.
Lourdes
Adesso siamo arrivati, adesso le rocce e l’acqua dei Pirenei finalmente abbracciano il treno bianco e i suoi pellegrini. Sembra che la terra tremi sotto i piedi del binario numero 5, effetto ferroviario che tribola ginocchia e muscoli, dopo 26 ore sui binari. Osservi i volti degli anziani e dei malati e ci vedi l’essenziale, il sorriso di principi e principesse della fatica e della resistenza.
Il treno ha corso per un giorno intero, e qualcosa di più, verso Bernadette. È un privilegio, per noi, aver viaggiato su questo treno bianco, con lo stemma dell’Unitalsi, da Treviso fin qui, 14 carrozze irte di sofferenza e di gioia, Chiesa viaggiante di dolore e di allegria, ma da dove ogni sconforto, depressione e mestizia sono assolutamente banditi.
Un giorno sui binari dentro un treno bianco, a riempire le pagine del taccuino e le schede digitali della macchina fotografica, è uno stupefacente ribaltamento di prospettive sui nostri poveri crucci quotidiani. Qui, il sacrificio è la norma per centinaia di volontari, e non una fastidiosa eccezione. Non è turismo religioso. È pellegrinaggio, forse l’unico da fare, perché crudo, essenziale, semplice come deve essere la fede.
Da Bernadette bisogna andarci in treno. Per Treviso è un anno speciale. Fu papa Pio X, Giuseppe Sarto, trevigiano, a incaricare, nel 50° anniversario delle apparizioni di Lourdes, cento anni fa, il vescovo della città, Andrea Giacinto Longhin, che verrà beatificato da Giovanni Paolo II, dell’organizzazione del pellegrinaggio nazionale alla grotta di Massabielle. Longhin scrisse una lettera piena di emozione, che l’attuale vescovo monsignor Bruno Mazzocato ha riproposto all’attenzione dei fedeli di oggi. È un buon ripasso della memoria che lega Treviso a Lourdes.
l treno è un paese che viaggia: 600 abitanti, una chiesa senza campanile, cucina e ospedale nell’ultimo vagone: la "carrozza barellata", proprietà delle Ferrovie, e attrezzature a cura dell’Unitalsi. Così come la carrozza-cucina e quella, un vagone postale, trasformata in chiesa parrocchiale. L’organizzazione è efficiente, ci sono medici, infermieri, sacerdoti, volontari per ogni mansione, dalla pulizia alla distribuzione dei pasti, alla raccolta dei rifiuti, rigorosamente differenziata, cuochi, addetti ai bagagli. E ci sono tanti giovani, con la maglietta blu, dove è riprodotto il volto sereno di Bernadette.
Il viaggio dell’Italia normale
A bordo viaggia un tecnico delle Ferrovie. Ma il direttore del treno è Mario Ruzzante, vent’anni di treni bianchi, impiegato in pensione. Lo aiuta Dario Capello, imprenditore di Treviso, capo dei barellieri. È un paese che viaggia verso i Pirenei, Italia normale, che risparmia da mesi per salire su questo treno, gente invisibile ai media, che fa la spesa al mercato e la coda alle poste.
Dal finestrino sfila la pianura. Si recitano i Vespri tra Vicenza e Brescia. A Verona, dai finestrini aperti, le parole dei Salmi e i canti fanno girare il capo a qualche viaggiatore in attesa. Il treno si infila a Milano-smistamento, gira a sud verso Tortona e poi arriva a Genova.
Patrizia Nicolin ha 35 anni, da cinque va a Lourdes a prestare servizio per una settimana al Salus Infirmorum, l’ospedale dell’Unitalsi nella città di Bernadette, dove ci sono anche 11 giovani in servizio civile. Dice: «Dovevo sciogliere qualche nodo della mia vita».
La ricerca spirituale la raccontano in molti, soprattutto tra i più giovani. Don Paolo Magoga otto anni fa era il responsabile della pastorale giovanile della diocesi, adesso è parroco a Brada di Piave. È lui che ha inventato i "giovani per Lourdes", esperienza unica nelle diocesi d’Italia: «Lourdes è servizio ai malati. E i malati danno tanto ai giovani».
Al primo pellegrinaggio erano 60, quest’anno sono 180, divisi in due treni. Distribuiscono pasti, animano le preghiere, suonano la chitarra nel vagone delle barelle. Cantano Celentano, Battisti, le canzoni degli anni Sessanta, s’arrangiano con la Montanara, ma molti chiedono a gran voce le canzoni di Andrea Boccelli. Loro, qui, un po’ faticano. Soprattutto ascoltano. I più anziani raccontano la loro gioventù, intrecci di saggezza, ricordi sbiaditi che riaffiorano aiutati dalla lentezza del treno.
Don Edoardo Cestaro, capo della pastorale giovanile di Treviso, lo definisce un "noviziato" questo viaggio per i suoi ragazzi con la maglietta blu e il volto di Bernadette: «Oggi si tende a isolare i giovani dalla sofferenza. Salire su questo treno serve a capire la vita».
Dario Bernadi, capocuoco dell’Unitalsi, è pronto con la pasta al sugo. Niente catering, né precotti. Butta la pasta a Milano e a Tortona è già servita: 20 minuti per servire un treno di 14 carrozze, con il passamano di piatti e vassoi. L’organizzazione è perfetta, in cucina ci sono Fabio Pandolfo e Michele Emiliano, che studia ingegneria, ed è salito a 15 anni per la prima volta su un treno bianco. Scorre il mare della Liguria: Gloriosa mater Christi, benedicta mater nostra. Pregano tutti nel buio della notte.
La cappella è illuminata da una luce fioca. Sull’altare, nel tabernacolo, è custodito il Santissimo e per tutta la notte l’adorazione è continua. Accanto, c’è una piccola statua della Madonna di Lourdes, l’acqua in una ciotola di alluminio e un mazzo di fiori gialli. Cammini per il treno e respiri una fede semplice, capisci che il rosario è un oggetto d’uso quotidiano. Ecco Ventimiglia.
Il treno si ferma per quattro ore nel cuore della notte. Le ferrovie francesi instradano per ultimi i convogli dei malati. Da qui in avanti, fino ai Pirenei, è un calvario di velocità ridotta e lunghe fermate in stazioni secondarie. Qualche mese fa, il segretariato dei pellegrinaggi italiani ha scritto una lettera di protesta al presidente francese Sarkozy.
La gioia vince la sofferenza
Sul treno s’intrecciano storie. Ci sono le "dame" dell’Unitalsi, che sorridono sempre. Si chiamano "sorelle", e una divisa le fa tutte uguali. A Treviso sono 300. Sergia Tafarello, che da 22 anni fa questo servizio, è la loro responsabile. Qualcuna ha il marito barelliere. Qualcuna ha un cognome importante, ma qui non conta. Ci sono avvocati, dirigenti d’industria, impiegati, infermiere, operai, storie di fede perduta e ritrovata per l’esempio di un malato. S’intrecciano ragionamenti sulla sofferenza e la speranza. Giorgia ti fulmina con una domanda: «A Lourdes sono tutti nella stessa condizione davanti alla grotta, sani e malati. Ma davvero siamo noi i sani?».
Nella carrozza delle barelle, la gioia attorciglia la sofferenza e la vince. C’è Raffaella con la flebo del cibo infilata, malata di sclerosi multipla, da nove anni. Fino a 33 anni faceva la fisioterapista. Va a Lourdes con la sorella Emma e la mamma Lina: «Non andiamo a chiedere un miracolo, ma solo la forza di andare avanti per lei, per aiutarla a vivere». Non parla, comunica tracciando lettere sul palmo di una mano. La capisce solo la mamma. Ogni tanto, gira il volto verso i ragazzi con la chitarra. E con una fatica immensa sorride.
C’è Mario, colpito da distrofia muscolare all’età di due anni. Viaggia su una carozzina elettrica, che guida con due dita del piede sinistro. È capace di rendere allegri tutti, lui che ha scritto un libro in cui si prende in giro e lo ha intitolato Non ho rincorso le farfalle.
Passano Marsiglia, Nimes, la Camargue, Montpellier. I cuochi preparano il pranzo. A Tolosa attaccano un locomotore di spinta, perché si sale sui Pirenei. Nello scompartimento dei medici si ragiona di scienza, di fede, di guarigioni inspiegabili, di miracoli.
Il farmacista di Rifondazione
Il dottor Marcello Godde da 30 anni fa su e giù sui treni dell’Unitalsi: «Non ho mai conosciuto nessuno che va a Lourdes a cercare il miracolo o inseguire magie». Da tre anni l’accompagna la figlia Veronica, 30 anni, medico anche lei: «Alcuni miei colleghi, quando torno, mi chiedono se ho visto un miracolo. Ma c’è molto rispetto tra i medici per Lourdes, soprattutto tra i non credenti. Credo che un medico su questi treni ritrovi l’essenza della professione, libero dalla burocrazia, affrancato dall’idea che il nostro sia solo un mestiere».
L’altro medico è uno che non ti aspetti. Si chiama Giannantonio Sassolo,è il responsabile della farmacia di bordo. Un po’ si schermisce: «Vede, io non sono tanto cattolico». E racconta dei suoi compagni di Rifondazione, che mai lo hanno preso in giro, e che tutte le volte che parte gli dicono: «Prega anche per noi e accendi un cero per le famiglie».
Per cinque giorni, pellegrini e malati, sorelle e barellieri e giovani volontari cercheranno di preservarsi dall’industria del pellegrinaggio che stringe il santuario. Loro sono venuti per pregare. Il vescovo Mazzocato qualche preoccupazione ce l’ha, ma dice: «Noi qui ci organizziamo per difenderci».
Chi viene a Lourdes, cerca speranza: l’acqua, il cero o l’immaginetta non sono tutto. La speranza è un filo sottile e forte, contrappunto di preghiera e di perdono, un filo come quello che tiene insieme i grani del rosario, che qui tutti hanno stretto in pugno.
Si svolgerà dal 18 al 24 ottobre prossimi il pellegrinaggio a Lourdes (e altri santuari mariani), organizzato da Famiglia Cristiana con l’Opera Romana Pellegrinaggi, per il 150° anniversario delle apparizioni mariane. Da Roma a Civitavecchia, poi in mare su una nave Grimaldi fino a Barcellona. Il secondo giorno, sosta nella città spagnola, con visita alla Sagrada Familia, quindi, spostamento in pullman a Lourdes, dove ci si fermerà tre giorni, per il Giubileo indetto da Benedetto XVI. Nel viaggio toccheremo anche Torreciudad, Vall Nuria per la visita al santuario di Nuestra Senora (che sarà raggiunta col trenino a cremagliera) e Montserrat. Quindi, ritorno a Barcellona e ancora la nave fino a Civitavecchia, da dove i pellegrini faranno rientro a Roma. Le quote di partecipazione partono da 772 euro a un massimo di 812 a persona (i bambini da due a 12 anni, in cabina con due adulti, pagano 295 euro) e comprendono viaggi in pullman, alberghi a pensione completa e visite. Per prenotare: numero verde 800.91.74.30; sito: www.josp.com. DA FAMIGLIA CRISTIANA Dalla metà del XIX secolo, l’iconografia dell’Immacolata Concezione più diffusa è quella legata alle apparizioni, in particolare quelle di Lourdes. Bernadette descrive Maria come una giovane donna con una veste bianca e un lungo velo. Intorno alla vita porta una cintura blu, che scende in due bande: tiene le mani giunte al petto e dal braccio destro pende un rosario. Si sviluppano, però, nelle statue della Madonna presenti nel santuario, due modelli iconografici: la statua della grotta, di J. Fabich, raffigura la Vergine in base alla descrizione di Bernadette, che, comunque, ne rimase molto delusa, mentre le altre due presenti nell’area sacra, quella di E. Cabouchet e quella nell’Esplanade, raffigurano la Vergine incoronata, con ai piedi la palma offerta da Pio IX. La forma più comune e popolare della Madonna di Lourdes è la statua, anche se questa raffigurazione non è la migliore, perché contraria allo spirito stesso dell’apparizione, in cui l’elemento dominante è la luminosità che emana da Maria. Vi furono diversi tentativi di raffigurare l’apparizione di Lourdes, soprattutto con immagini devozionali, che alla fine del XIX secolo mostrano la Vergine in piedi su una nuvola e Bernadette inginocchiata davanti a lei con il rosario in mano, mentre sotto è raffigurata la scena di una processione alla grotta, oppure alcuni miracoli. L’iconografia del XX secolo insiste, invece, sulla presenza della grotta o di una roccia da cui appare Maria: a volte, invece, vi sono dei raggi che le fanno da corona, ma, spesso, l’elemento della luce non è evocato e il rosario è assente. Gli artisti contemporanei non hanno saputo produrre una propria iconografia dell’Immacolata delle apparizioni, nonostante i dettagli forniti dai veggenti, ma è interessante l’opera di W. Congdon, nella quale la Vergine emerge da uno sfondo luminoso con i tratti del viso appena accennati: una silhouette quasi abbagliante, i segni tradizionali si sono ormai dissolti e resta una pura forma di luce. Micaela Soranzo
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