I recenti fatti di cronaca sono terribili circostanze che mi hanno fatto ricordare un meraviglioso romanzo letto tempo fa, ambientato in Afganistan in un periodo che va dagli anni ’60 ad oggi. Nella meditazione, le esperienze reali e fantastiche si sono sommate alle infinite emozioni e ad intensa tristezza. E, nonostante sia già trascorso molto tempo dalla lettura di “Mille splendidi soli”, me n'è rimasta una profonda traccia nei miei ricordi. Quando penso a Mariam e ai personaggi del libro, pur essendo perfettamente consapevole che si tratta di personaggi costruiti, non posso fare a meno di commuovermi.
“Mille splendidi soli” è un romanzo intenso e, nel contempo, bellissimo. Ho perfino pianto, perché non riuscivo a comprendere quegli orribili scenari. La crudeltà e la smania di potere sono in grado di distruggere una cultura millenaria e perfino causa di tante atroci sofferenze al genere umano. Pur essendo personaggi di pura fantasia, sono tuttavia personaggi che vivono una realtà che, sfortunatamente, non è finzione e che è ancora attuale e oggi sembra riproporsi come non mai.
Il romanzo racconta la storia di due donne molto diverse tra loro, per età, cultura ed educazione. Mariam è una bambina di Herat, figlia illegittima di Jalil, un uomo ricco, proprietario di un cinema. E' ancora ragazzina, quando dopo la morte della madre va in sposa a Rashid, che le impone di mettere il burqa e di seguire gli altri precetti islamici. Rashid la tratta secondo la tradizione, senza alcun rispetto per la sua dignità, i suoi desideri e il suo corpo. Laila, invece, che abita a pochi metri di distanza dalla casa di Mariam, è di costumi più "liberali": la madre non indossa il burqa e il padre la manda a scuola. Laila è molto intelligente ed indipendente e sa che potrà fare molto per il suo popolo. Due donne molto diverse, che si ritrovano a vivere in Afganistan nel periodo forse più brutto di tutta la sua storia. Due donne, che istaurano tra loro un sentimento di amicizia talmente grande e profondo da andare oltre l’immaginazione. Diventeranno grandi amiche e, nonostante le loro differenze, sapranno aiutarsi e sostenersi a vicenda, nelle grandi prove che si troveranno ad affrontare durante i lunghi anni di guerra. E’ una storia permeata di nobili sentimenti, passioni, sofferenze, piccole gioie che, in certi contesti assumono proporzioni smisurate. E poi, c’è soprattutto la storia di un paese: l’Afganistan che, fino al drammatico 11 settembre era quasi del tutto sconosciuto al genere umano. Diviene famoso, ma nel senso più tragico della parola. A tutti sembra una terra barbara, povera, disastrata, abitata da gente ignorante ed estremista, pronta anche a dare la vita dei propri figli in cambio di una ricchezza effimera. Ebbene, non è affatto così! Un tempo l’Afganistan era un paese civile, vessato sì, da una serie di tensioni di natura razziale, ma un paese in cui splendidi palazzi ed immensi giardini facevano da cornice agli abitanti. La gente viveva, studiava, lavorava, si curava dai medici, faceva la spesa ai mercati, andava perfino alle feste: insomma viveva quella che noi definiamo civiltà. C’erano i ricchi, i poveri, le persone cattive, ma anche coloro che difendevano i diritti dei più deboli, così come avviene in tutti i paesi civili del mondo. Ma c’era soprattutto la pace ed un modo di vivere la religione con serenità e senza estremismi. Poi, sono accadute tante terribili cose, raccontate attraverso le parole ed i ricordi di chi in questa terra ci ha realmente vissuto. Ricordi vivi di bombe che sibilavano sopra i tetti e annientavano intere famiglie. Ricordi di divieti come ridere, cantare e ballare. Per noi occidentali, impossibili da concepire e comprendere. Così come il valore attribuito al genere umano femminile, considerato meno che niente. Si, la storia è triste, commovente e bellissima! E ci fa capire questa terra così bella e al contempo così tormentata. Ritengo questo libro di nuovo molto attuale. Ripercorrerlo potrebbe perfino offrirci una diversa visione della stessa storia, una diversa chiave di lettura di un paese meraviglioso, ma, anche molto tormentato. Auspicandone, infine, una reale rinascita sociale e culturale.
Marina De Luca
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