Nell’Angelus del 23 giugno 2013, Papa Francesco ha rivolto il suo discorso soprattutto ai giovani invitandoli a non avere paura di andare controcorrente quando qualcuno vuole rubare la speranza proponendo valori “avariati”.
“Vedo che tra voi ci sono tanti giovani – dice Papa Bergoglio – Oggi, in molte parti del mondo, ci sono martiri: uomini e donne che sono imprigionati, uccisi per il solo motivo di essere cristiani. Sono in numero maggiore che nei primi secoli della Chiesa”. “Non dovete avere paura di andare controcorrente, quando vi vogliono rubare la speranza, quando vi propongono questi valori che sono valori avariati come un pasto andato a male bisogna andare controcorrente ed essere fieri di farlo. Avanti, siate coraggiosi, andate controcorrente e siatene fieri”.
Quando ho riascoltato le parole pronunciate all’Angelus da papa Bergoglio, ne sono rimasta assolutamente attratta. Amo andare controcorrente, è una mia naturale inclinazione e l’ho esercitata sin da giovanissima. Se c’è una mia specialità è proprio questa, odio le mode massificate e qualsiasi forma di omologazione. Preferisco la personalità e l’intelligenza alla massa scolorita e informe.
La dichiarazione di Papa Francesco mi ha fatto enorme piacere e ha confermato la stima che nutro per questo Pontefice che “pontifica” … ma soltanto a modo suo. Adoro le sue diserzioni alle “parate” ufficiali, le trovo di assoluta gran classe; così come tutte le manifestazioni anticlericali a favore dei poveri, che confermano una scelta di vita più consona ad un uomo di fede, vicino al popolo di Dio e non. Quella poltrona vuota al centro dell'aula Paolo VI, mentre ieri pomeriggio invitati e autorità ascoltavano un po' stupiti il “Grande concerto di musica classica per l'Anno della Fede”, è destinata a diventare un'icona simbolo di un pontificato che ha voluto denunciare la “mondanità spirituale” in tutti i suoi aspetti. Ha, infatti, già rinunciato agli abiti, ai monili e alle vacanze. E sono convinta che questa importante e profonda dichiarazione di fronte a migliaia di persone - durante l’Angelus - non sia nata per caso, ma sia stata studiata per svegliare le coscienze addormentate e assuefatte alle mode “vip” e "festaiole" di questi orribili anni.
Ho già esposto tante volte i miei credo attraverso le pagine di questo giornale e, quindi, chi mi segue sa che non sono così morbida e superficiale e che rispetto le mie convinzioni, anche senza seguito. Ma so tornare indietro quando mi rendo conto di avere sbagliato, insomma so e posso anche cambiare idea. Ho notato in questi ultimi anni, specialmente nella gioventù, una certa omologazione di atteggiamenti, ideali e anche sostanziale. E questo non mi è piaciuto. Ho osservato il vuoto di idee e ideali, di liberi pensatori, di visioni panteistiche a fronte di altre ristrette e tutte in un’unica direzione. Perfino la moda ha segnato la sua più spiccata epoca degli uguali. Si, tutti uguali con quei “cioè” e quella noia incorporata e sonnolente. Una massa di intelligenza sprecata e nessun muretto da vivere con gli amici per sperimentare la vera vita. Dialoghi a monosillabi per decantare il nulla impastato col niente. Visioni scolorite di orizzonti irraggiungibili perché nemmeno ci si prova. Volontà pallide che crollano di fronte al primo ostacolo. Questa è la descrizione di chi, in effetti, non brilla per carattere. E se non brilla per carattere perché vive la noia come imperativo, come può andare contro corrente? Mi dispiace perfino pensarlo, ma credo che continuerà a seguire la corrente dei tanti “idem” spenti e senza speranza perché non sanno osare o, forse, non vogliono cambiare. La prima rivoluzione per cambiare le cose della vita deve avvenire in noi stessi. Dire no agli stereotipi sarebbe già un primo passo per svegliarsi ad una nuova coscienza, dove vedrei bene la rinascita delle idee. Una sorta di “dolce stil idea”, perchè no? Ai miei tempi si faceva a botte con le catene per inseguire gli ideali politici. Ricordo con apprensione l’attesa dei nostri compagni di liceo, quando dalla finestra dell’aula al quarto piano li vedevo tornare feriti, col naso rotto, qualche ecchimosi, ma fieri e felici di avere dato respiro ai loro ideali. Si sentiva l’esigenza della fede e la si cercava in ogni dove. Il prossimo era un prossimo vivo, visibile e attento e non evanescente come oggi, dove invece vige “mors tua vita mea”. I poveri erano orgogliosi della loro povertà e andavano fieri dei loro jeans acquistati ai lattarini e le loro sacche tipo militare dove mettevano i loro libri, tutti scritti in ogni dove e per lo più a brandelli, perché acquistati di 5^ o 6^ mano. Non avevano bisogno di finte marche clonate dai cinesi per essere omologati ai ricchi, né si sarebbero sognati di indossare marchi contraffatti acquistati per pochi euro pur di dire di avere una cintura o una borsa “tal dei tali”… E quando discutevano i loro occhi erano vivaci, la loro voce tremula ed emozionata, e il loro cuore batteva forte quando pativa sofferenza. Non esisteva l’indifferenza che vige oggi, perfino dinanzi alla morte.
Fra quella gioventù c’ero anch’io... Oggi sono orgogliosa e felice di avere attraversato quel percorso di storia, perché ha dato colore e amore alle pagine della mia vita; anche se qualcuna, come tutti del resto, ha subito qualche strappo, ma di sicuro non ha perso la sua più bella tinta: la personalità!
Giovani, ve lo ha chiesto il Papa, un papa umile e alla portata, uno che diserta le visite ufficiali. É un ragazzo dei miei tempi, uno giusto, uno di cui ci si può fidare … E allora fidiamoci, fidiamoci tutti, grandi e ragazzi. Facciamo riemergere le nostre personalità, impariamo a dire "no", fuggiamo dal torpore dell’omologazione e della noia. Andiamo controcorrente! Riprendiamoci la nostra vita, seppur nel disastro. Era bello sorridere sui muretti, senza niente, ma con tanto carattere, infiniti sogni ed inesauribile speranza. Le pagine della nostra vita sono, e dovranno essere, solo nostre e sempre uniche.
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