Quando un libro emoziona e riesce a farti ridere e piangere nello stesso tempo ecco che, al di là di qualsiasi giudizio, ha sortito il suo effetto. Non conoscevo, come tanti immagino, Emma Treves, per il semplice motivo che è un’autrice al suo esordio, e come spesso accade la prima volta è quasi sempre un’autobiografia. Ma questa volta i toni non sono melensi né mascherati dalle tipiche fantasie dei romanzi. La scrittrice è sincera, fin troppo, ed utilizza un linguaggio che proprio aulico solenne non è, e per tale ragione risulta assolutamente diretto ed efficace penetrando nell’intimo individuale con sapiente ironia e utilizzando una scrittura fluida ed essenziale (si legge in un fiato). L'ho letto con interesse, facendo nello stesso tempo una personale analisi introspettiva, una confessione intima e liberatoria.
Non adesso è molto più di un semplice romanzo, è una storia che consente di entrare un po' alla volta nell'intimo dell'animo femminile e per certi aspetti anche in quello maschile, di scoprirne le differenze e le complessità, insieme ai bisogni celati e spesso più indecifrati dai più semplici codici maschili. Con un tocco di finezza, che ho molto apprezzato, l’autrice non accusa nessuno e inizia un'ossessiva ricerca, attraverso un doloroso percorso introspettivo, delle proprie responsabilità e buona parte degli errori, almeno quelli immediati che riconosce e interpreta come possibile causa del fallimento del suo matrimonio, finendo col ridicolizzare la sua - non sbiadita - personalità accusandosi dei lunghi silenzi e delle cose volutamente tralasciate ad un marito quasi “perfetto” e troppo idealizzato per amore. Un amore che non finisce mai, nemmeno di fronte alla cruda realtà di un terzo elemento fra di loro, della delusione di aver appreso - dallo stesso –, in una di quelle confessioni che nessuno vorrebbe mai ascoltare, di essere innamorato di un’altra donna, bellissima, bionda, alta (al contrario di lei che è piccolina di statura), insomma completa sotto molteplici aspetti e perfino più giovane, con la quale successivamente farà anche un figlio, nonostante i suoi 63 anni. Lo perdona, lo odia, lo giustifica lasciando sempre ricadere su se stessa anche le colpe del marito perché ne è ancora innamorata. Un aspetto importante quello del perdono perfino di fronte a tante, infinite manchevolezze (quando si dice che l’amore rende ciechi!). Sono arrivata alla fine del romanzo sempre più coinvolta dalla storia e dalle pene, l'ansia, la rabbia, l'impotenza e il groviglio di sentimenti che pervadono la protagonista.
Non adesso è un racconto assolutamente empatico. Emma soffre e soffre anche il lettore di tanta umanità ferita, di tanta ricerca di se stessi, di questo mettersi a nudo di fronte agli psicologi, perfino psichiatri. Il romanzo è permeato dal percorso emotivo e dall’ossessiva necessità di sapere il più possibile di quella parte della vita dell’altro che si ignorava del tutto, per poi rifugiarsi nell’illusione che prima o poi tutto tornerà come prima. In realtà quando ci sono ferite così profonde niente tornerà come prima, è una consapevolezza che giorno dopo giorno diventerà sempre più granitica. E dunque non resta che imparare l’arte di sopravvivere, in tutti i modi e a qualsiasi costo, per superare il vuoto emotivo e fisico lasciato dall’altro. E così sarà. Dopo tre anni di malattie psicosomatiche, di comportamenti isterici, punitivi ed auto isolanti, Emma riuscirà ad attuare un nuovo stile di vita insieme a nuovi interessi, anche se permarrà un sotterraneo senso di vuoto, quando ad esempio torna a casa e la trova “vuota”. Ma ormai ha elaborato il lutto, ha imparato a starsene da sola e persino a combattere e a vincere la paura di volare.
Si potrebbe pensare: perché punirsi con una lettura così forte? Orbene, non è così. Nonostante ciò, la lettura risulta gradevole soprattutto per chi vive la vita chiedendosi tanti perché, anche a costo di volersi meno bene. Forse, se non sottovalutassimo questa ricerca sentimentale e obiettiva tanti matrimoni o rapporti d'amore più in generale si potrebbero salvare. La Treves non si pone l'idea della sopravvivenza o degli alimenti (anche perché la sua posizione è fortunatamente agiata), ma esclusivamente della necessità di comprendere dove ha realmente sbagliato, perché è di questo che si fa colpa.
Per quanto mi riguarda ho trovato che la bellezza del romanzo, emotiva poesia, consista proprio in quest’analisi crudele, dove spogliarsi del proprio orgoglio e mostrarsi in tutte le fragilità possibili ed immaginabili diventa rivelazione e anche il vero successo della narrazione. Cosa rimane? Un grande insegnamento, cioè quello di valutare anche i bisogni del partner uscendo dal proprio ego, eliminando quelle forme comuni di narcisismo, parlando insieme di tutto quello che in verità ci piacerebbe che fosse e spesso non è. Insomma essere audaci e tenaci nell'essere intimamente coppia, al di là delle abitudini consolidate e dei soliti rituali che alla lunga spengono il rapporto sentimentale. L’amore non può mai essere mortificato, ma solo coltivato come un delicatissimo fiore.
Auspico sia l'inizio di una lunga serie di libri della Treves che di certo non eviterò. I miei più sinceri complimenti!
Marina De Luca
Emma Treves è nata a Milano nel 1948, città dove vive e dove si è laureata in lettere, alla Statale di Milano. Ha lavorato come redattrice di moda per Vogue Italia negli anni Settanta-Ottanta e poi per varie testate Rizzoli fino al 1995, girando il mondo a fianco dei più grandi fotografi. Adesso è in pensione e fa volontariato in ospedale. Questo è il suo primo libro.
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