Caro Presidente Napolitano, quest’anno il discorso di fine anno me lo faccio da me, avendo perso qualsiasi stimolo nei confronti delle istituzioni. Ed ecco il mio bilancio. Negativo, assolutamente negativo, e in tutti gli ambiti. Signor Presidente, non voglio sprecare più battute della mia tastiera per dire ciò che non avete fatto, una sola mi preme: nessun esempio, nessuna rinuncia. Questo punto l’ho già trattato diverse volte e non smetterò mai di ribadirlo. Credo sia il più grave, giacché dovremmo ripartire proprio dalla morale per riconquistare, perfino, i mercati. Le sembra sciocco? A me, e a tanti come me, no! Un gesto di rinuncia avrebbe significato siamo uguali, siamo qui tutti uniti a combattere lo stesso cancro. E invece no! Il cancro e tutte le metastasi sono a nostro esclusivo carico. Mi chiedo se voi seguite la televisione. Rispondo, ovviamente, di sì. Spesso in questo teatrino ci siete voi, i politici, eterni protagonisti di tutto. Orbene, una di queste ultime sere ho assistito al programma televisivo Quinta Colonna. Argomento: crisi economica, etc. etc. Ovviamente si è parlato di redditi: crisi = redditi, in un’equazione perdente. In questo caso, con assoluta certezza, fortemente perdente. Ho visto e seguito, con grande commozione e tensione, la vita di una pensionata al minimo che non arriva a percepire nemmeno 500 euro al mese. Una casa modesta, in affitto, ma tanto dignitosa, come la persona intervistata. Ci ha raccontato la sua quotidianità per la lotta alla sopravvivenza: la casa da pagare, relative bollette, l’alimentazione, i farmaci, etc. Siamo andati insieme al mercato, dove ha speso euro 3,50 per mangiare. Si, ha capito bene: non era uno dei vostri carissimi caffè era un lauto pranzo a base di sedano, pomodori e due minuscoli merluzzetti presi ad € 1,50. La frutta non l’ha acquistata, aveva mezza mela del giorno prima. Abiti? Ma non se ne parla nemmeno! Ogni tanto una sua nuora le dona una giacca per coprirsi. Luce? Una lampadina per stanza. Riscaldamento? Solo in casi eccezionali. Parrucchiere, solo una volta l'anno per il taglio, e si augura di stare bene, di non avere necessità di cure, farmaci, ricoveri o magari semplici integratori. Io non sono ricca, signor Presidente, eppure mi sono sentita milionaria. Mi è passata la fame e ho pianto. Si, pianto, con lacrime giganti. Non si può negare la dignità a nessuno. Quella signora, però, era bellissima, nella sua modesta mise, aveva lo sguardo fiero di chi non ruba e non chiede nulla di più. Lei stessa ha dichiarato infine di essere una privilegiata e di assistere spesso a scene ancora più drammatiche di anziani che vanno a pescare tra i rifiuti dello stesso mercato. I commercianti si mostravano pazienti e a volte perfino generosi nell’arrotondamento. È vero: noi poveri ci aiutiamo sempre fra di noi! La sensibilità attiene alla nobiltà dell’animo non certo della casta. E se noi sentiamo i morsi della coscienza ... magari solo per avere goduto di un buon pasto. Mi chiedo come facciate voi a riposare notte e giorno. La povertà esiste, Signor Presidente! Uscite dalle vostre dorate tane e andate a visitarla. Con gli occhi aperti si vede, ma soltanto con il cuore aperto si comprende. E voi non comprendete niente! Tutti! Signor Presidente, lei non è certamente più giovane, dovrebbe sapere cosa significhi, seppur nel più totale benessere, vivere la seconda età. Immagini chi non può viverla con un minimo di certezza, perfino nel campo sanitario. Ora anche questa piaga, pare palesarsi, in aggiunta alle altre. Lei, in qualità di Capo dello Stato, dovrebbe intervenire e richiamare all’attenzione della politica, tecnica e non, le frange più deboli della nostra società. E in primis gli anziani e i bambini. Seguono i diritti di tutti gli ammalati, le famiglie dei disoccupati e tanto altro. Ma vi rendete conto di quello che avete fatto e continuate a fare? Non abbiamo bisogno di richiami alla sobrietà. Fateveli voi piuttosto, con gli emolumenti che avete dovreste vergognarvi perfino di mangiare. Noi non abbiamo più neanche le zattere, mentre voi siete ancora sui panfili. Ma se i vostri cuori non sapranno vedere né ascoltare ... il mio discorso resterà senza pubblico di casta. Così spero il Suo, senza pubblico di massa.
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