Mostra Antologica Rosario Genovese 1979 - 2011
Palazzo della cultura 29 Ottobre 20 Novembre 2011.
Via Vittorio Emanuele II 121 (95131) Catania
La mostra presenta collaborazioni eccellenti che hanno dato luogo alla pubblicazione del catalogo edito da Skira con uno scritto di Demetrio Paparoni ed una conversazione con Marco Meneguzzo. Un excursus di 30 anni della sua produzione artistica che raccoglie e racconta la sua ricerca dal 1979 ad oggi. Un’arte, quella di Genovese, che transita utilizzando varie forme espressive come la fotografia, il disegno, la pittura, la scultura e opere installate. Espressione artistica, frutto del connubio tra immagini surreali, misure, proporzioni, spazio, materia, colori, mito e fantasia. Dalla tematica fotorealista, al dualismo visivo del dipinto fotografato, all’esigenza della similarità con lo spazio che dalla bidimensionalità della tela si sposta a favore di opere tridimensionali che rappresentano pianeti e galassie. Ed è proprio questa realtà ultraterrena ad incuriosire l’artista e a condurlo ad uno studio approfondito della relazione tra uomo e cosmo. Sedotto dalla grandezza e dalla maestosità dell’universo, ne ricerca regole, equilibri e composizione per offrire al fruitore una visione privilegiata dell’universo rappresentata in microcosmo, con precisione matematica, ed arricchita e pervasa dal suo estro creativo. Non si può che rimanere affascinati da questa arte che emoziona l’artista così come colui che la osserva. La conferma è nelle parole dello stesso Rosario Genovese: “Gli artisti hanno sempre avuto la pretesa di far sognare gli altri con ciò che fanno. Lo so bene che il limite maggiore al quale va incontro un artista è ritenere che gli altri possano provare le stesse cose che prova lui mentre realizza il proprio lavoro. Mettiamola così: mi piace pensare che chi guarda una mia opera o legge i miei brevi testi avverta un centesimo della scossa che avverto io mentre lavoro.” (tratto dalla conversazione con Marco Meneguzzo).
La mostra sarà visitabile tutti i giorni con orario: 9– 13, 15.30 – 19.00. Domenica pomeriggio chiusura. INFORMAZIONI Tel. 3473212006 - e-mail: antologica@rosariogenovese.com
Saggio breve dell’autore : “Narrando la mia ricerca”
Il mio ipotetico viaggio inizia alla fine degli anni Settanta. Dopo un primo periodo di analisi, rivolto al mondo che mi orbita attorno e precisamente agli angoli delle strade, attratto dalla visione reale delle cose, nasce in me il desiderio di una rappresentazione legata all’immagine fotografica che diventa subito attrazione, quindi, indagine poetica affascinante, fase propedeutica per la mia prima vera ricerca dopo gli studi accademici. Inizia la prima rappresentazione pittorica in cui la pittura sfiora la realtà imitandola, una nuova visione pittorica che mi porta a realizzare opere che rientrano in una poetica definita “realismo fotografico”. Negli anni Ottanta, rivisito la tecnica del realismo per sostituirla ad una forma di fusione con l’astratto. Le opere assumono un aspetto evanescente, in cui la pittura realistica diventa via via pennellata programmata e misurata che imita flussi di energia che, a loro volta, orbitano attorno ai soggetti rappresentati avvolgendoli e velandoli. Ma il fascino della fotografia non mi abbandona e così, una volta finita l’opera dipinta sulla tela, mentre fotografo l’opera, un forte desiderio nasce in me: quello di poter ripercorrere quel meraviglioso passaggio magico che l’opera fotografata fa quando si specchia nel supporto di celluloide, ribaltandosi in negativo. Sento, così, la necessità di trovare il modo per rappresentare quel momento. L’idea è quella di riproporre l’immagine dell’opera fotografata su una tela emulsionata, filtrata, prima, da un passaggio tecnico di foto meccanica. Il negativo ritorna positivo su una nuova pellicola, da questa, con un nuovo passaggio di stampa su tela emulsionata in bianco-nero, ottengo l’immagine al negativo, che vado ad accostare alla tela dipinta facendole diventare una sola opera. Il risultato visivo è quello dell’opera pittorica a colori che si specchia ribaltandosi, cambiando il suo aspetto da positivo a negativo e in bianco-nero.
Questa unione genera una nuova identità concettuale della pittura, facendo nascere un’opera che affronta il mito di Narciso ovvero ritrovare l’altro da sé. Nasce, così, un’opera narcissiana che mi vede protagonista del gruppo Narciso e soprattutto, un nuovo desiderio: quello di spostare l’obiettivo della mia macchina fotografica che non vuole più fotografare immagini legate alla mia terra, ma nuove figure cosmologiche come la Luna, Marte, Giove e anche la nostra stella si fa interessante. Siamo alla fine degli anni Ottanta, inizia una nuova indagine rivolta al cosmo che ci circonda. Lo stesso concetto dell’imitazione non viene abbandonato, anzi, si rafforza, cambia il soggetto, ma non la ricerca fotografica di indagine verso l’universo, che mi guida facendomi innamorare dei nuovi soggetti cosmici. Il desiderio dell’imitazione mi porta verso la mimesi del soggetto, nasce l’esigenza di un supporto di rappresentazione adeguato al concetto astrale più similare, una superficie circolare o comunque, una forma ovaleggiante. Dalla pittura bidimensionale, il passaggio alla quarta dimensione spaziale diventa naturale; così, inizio a realizzare strutture lignee a calotta o a tutto tondo in cui predomina la forma ovaloide. Queste strutture a calotta vengono, a loro volta, ricoperte con sottili fogli di alluminio anodizzato, ritagliato a pezzi e inchiodato sul supporto ligneo seguendo un ordine che imita la superficie del pianeta scelto. Infine ,intervengo con la pittura a pigmenti grassi, che percorre le traiettorie segniche che caratterizzano il pianeta o l’astro. In altre opere cambia il supporto realizzato in vetro-resina. Su questo deposito il colore impastato con pigmenti naturali e con aggiunta di sabbia inerte: ottengo una matericità dello stesso. Altre opere lignee dalla struttura a gabbia vengono fasciate con corde naturali di cocco o d’agave, torte artigianalmente o ricoperte con comuni strofinacci grezzi da pavimento a nido d’api. Questi, incollati sulla struttura, le donano una tessitura particolare; la pittura, quindi, viene realizzata con pigmenti materici colorati con aggiunta anche di materiali inerti, come la sabbia vulcanica. Su queste superfici il colore scivola come se fosse magma descrivendo percorsi che imitano scrupolosamente visioni realistiche del soggetto, assecondando la forma, diventando, così, sintesi rappresentativa della nuova tematica affrontata.
In seguito, negli anni che vanno dal 1990/2000, le opere assumono una nuova configurazione spaziale. Si presentano come strutture aeree svuotate che vanno installate a terra, a parete o in sospensione, sono realizzate come gabbie lignee o di alluminio e alcune volte, sono modulari per ottenere, così, diversi aspetti compositivi all’atto di un nuovo momento installativo. Lo scopo è quello di ottenere un supporto che possa in qualche modo imitare il senso della spazialità ed ecco perché la scelta di una struttura che sia costruita con pieni e vuoti, in cui il fruitore possa avere il senso dell’attraversamento, in cui lo spazio esterno transita dall’interno all’esterno dell’opera e viceversa. Sulla superficie sono rappresentati schemi di costellazioni di cui mantengo sempre il rapporto matematico della forma e delle proporzioni. Questi sono realizzati con cinghie di juta che viene, prima, colorata con un pigmento denso e grasso e poi, a loro volta, adagiate sulla struttura e fissate mediante bulloni di acciaio, che rappresentano le stelle, con testa a lenticchia di diverso diametro per differenziare e sottolineare la diversa magnitudine di ogni singolo astro che fa parte della costellazione rappresentata.
Infine, tra il 2000/2011, mi trovo a realizzare delle installazioni a parete o in sospensione aerea, ottenute dall’accostamento di tele dipinte o di strutture lignee a calotta che rappresentano alcune costellazioni. In queste, si evince l’attenzione della misura proporzionale spaziale che appartiene a ogni singola stella, che, a sua volta, determina la composizione dipinta. Il diametro di ogni singola tela è ricavato dalla magnitudine apparente degli astri e anche la loro colorazione viene registrata scrupolosamente sulla tela. La rappresentazione grafico-pittorica sulla superficie nasce, invece, dopo un’indagine sulla origine etnologica del nome dato alla stella e dalla sua mappatura, che diventa un momento di riflessione, che fa scaturire, a sua volta, un testo poetico, in cui narro tipologia, caratteristiche e rapporti anche di mito con le altre stelle della costellazione. Questa analisi mi servirà come stimolo verso la successiva fase di rappresentazione grafico-pittorica dell’astro. Infine, giungo alla realizzazione vera e propria dell’opera con una prima campitura monocroma a guazzo che ripropone la tinta originaria di cui mantengo l’identità di appartenenza. Dalla prima campitura del colore informe passato a guazzo nasce una figurazione fantastica, stimolata sia dalle macchie sia dal contenuto del testo poetico precedentemente scritto. Il tutto mi guida verso una sorta di auto suggestione che mi porta verso uno stato visionario che fa scattare in me la mera creatività, conducendomi verso un profondo viaggio nel fantastico.
Rosario Genovese
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