Non è una bella notizia, considerata l’epoca in cui viviamo, ma è rappresentativa di un punto di non ritorno. L’era tecnologica sembrerebbe avere scardinato le fragili incertezze dell’individuo. Il momento storico al quale stiamo assistendo non è una prova di forza o di sana ribellione, descrive bensì la rottura con una società istituzionale che non si può più tollerare. Si rientra in un quadro in cui tutto è la negazione di tutto. Mi spiego meglio. Il progresso, che aveva promesso ben altro epilogo, si è invece rivelato un assoluto regresso, sociale e morale. Sociale, perché ha reso l’umanità vittima di umiliazione; morale, ben lo sappiamo, è inutile disperdere voce in tal senso. Ed allora ecco riesumata dai polverosi libri di storia e di letteratura l’epoca del Decadentismo, un ritorno quasi spontaneo ad un passato che creò la spaccatura attraverso la rivolta. Il Decadentismo nacque, ed ebbe il suo sviluppo, di pari passo con l’evoluzione politica europea. E così, verso la fine dell’’800, vennero alla luce nuovi stimoli artistici anti-intellettuali ed irrazionali. Era subentrato un senso di sfiducia nelle capacità della ragione che aveva portato alla crisi dei rapporti tra l’uomo e la società. I seguaci del Decadentismo sembravano assumere un atteggiamento negativo nei confronti della vita, sempre pronta a distruggere piuttosto che affermare nuovi valori umani, e questo stato di cose si protrarrà all’incirca fino alla II Guerra Mondiale. Ecco la rottura. Senza creare inutile allarmismo, torna utile una rivisitazione alla storia del passato e alla stessa letteratura. Gli individui sembrano nati per crescere e arrivare, infine, alla stessa ricostruzione di se stessi attraverso un passaggio di totale devastazione. Il Decadentismo si espresse con un ripiegare dell’io in sé, rompendo ogni vincolo con la società verso la quale il decadente cominciava a provare sentimenti di sterminio e ad avere perfino atteggiamenti malvagi. Naturalmente da una tale visione nacque una nuova morale, perché il decadente non accettava quella corrente ma pretendeva di ritrovare le leggi del mondo morale in sè. Il Decadentismo fu una risposta al post risorgimento, dove si era sperato che l’Italia unita sarebbe stata una grande potenza mondiale; cosa che in realtà non fu, anzi la si accusò di essere inadeguata. Furono attribuite colpe al regime parlamentare che, secondo i decadenti, aveva privilegiato il predominio della quantità sulla qualità. Ne conseguì che la grandezza non poteva essere opera di un piccolo gruppo di uomini d’eccezione. Fu questo che determinò alcuni aspetti principali dell’ideologia decadente che vedeva un esasperato individualismo e una frattura profonda fra lo stesso individuo e la società circostante. Da ciò si espanse il culto della violenza e della guerra; e una visione politica - la dittatura - individuale secondo la quale alcuni uomini, particolarmente dotati, erano sciolti da ogni vincolo morale. E per concludere la totale sfiducia nelle scienze e la certezza che soltanto la poesia potesse penetrare nelle zone più misteriose dello spirito umano. Ora, volgendo lo sguardo al triste passato, seppur in forma diversa – siamo nel 2013 - eccolo riesumato nella sua complessità. Il troppo potere ha annientato ciò che resta dell’umanità, trascinando l’uomo ai confini del decoro. Il troppo progresso allora è solo un puro regresso, ecco la verità. L’uomo non sa vivere nel benessere perché è insaziabile e vuole sempre di più fino ad arrivare al suo annullamento. Quella che vediamo oggi è la storia che si ripete; c’è una Nazione in ginocchio, sconfitta nella propria onorabilità, soprattutto di fronte ad un’Europa sempre più potente e aggressiva che si permette ingiurie e sberleffi. E a ragione. Chi ci doveva proteggere e governare ha coltivato i propri interessi in modo esclusivo ed egoistico. I media sono ormai un veleno quotidiano. Nessuna giustificazione o pietà, dunque. Ed ecco perché la spontanea e giusta insurrezione, espressa con l’esasperato populismo, per ora! Ma attenzione: non è soltanto un’errata scelta ai fini politici, è bensì una scelta significativa di un disagio profondo di un’umanità oramai alla deriva. E poi? Forse la terza guerra mondiale o una dittatura per una nuova ripresa, in un ciclo senza fine? E ancora, tutto questo è insito nella stessa natura umana? Forse la cura è semplice: o la guerra o l’amore. E se invece riesumassimo un po’ di poesia, dentro noi stessi?!
Marina De Luca
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