Opera in tre atti
Musica di Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma “La Dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio
Direttore Matteo Beltrami
Regia Renato Bonajuto
Orchestra della Fondazione Teatro Coccia con Orchestra del Conservatorio “Cantelli” di Novara
Scene Sergio Seghettini – Costumi Matteo Zambito
Produzione Fondazione Teatro Coccia
Allestimento del Teatro Goldoni di Livorno
Violetta Valéry KLÁRA KOLONITS
Flora Bervoix CARLOTTA VICHI
Annina MARTA CALCATERRA
Alfredo Germont DANILO FORMAGGIA
Giorgio Germont ALESSANDRO LUONGO
Gastone / Giuseppe BLAGOJ NACOSKI
Barone Douphol / Commissionario ROBERTO GENTILI
Marchese d’Obigny CLAUDIO MANNINO
Dottor Grenvil ROCCO CAVALLUZZI
Cast complessivamente buono con i vari interpreti in ruolo e da veri artisti, tutti quanti molto semplici ed alla mano. Klara Kolonits è risultata una Violetta decisamente interessante, con luminosità e facilità nelle agilità, da cui traspare la solida tecnica, che fa approcciare il personaggio con umiltà rendendolo poi con scintillante ed intensa passione! Carlotta Vichi è indubbiamente una efficace Flora Bevoix, così come Marta Calcaterra piace in Annina sia per vocalità che attorialità, ruolo in cui peraltro è di riferimento. Danilo Formaggia arrivato in soccorso veramente all’ultimo minuto, causa indisposizione dei previsti interpreti, risolve Alfredo in un crescendo di solidità e offrendo una interpretazione più che gradevole. Alessandro Luongo man mano che la vicenda si svolge acquista timbricità e colore, facendo si che papà Germont abbia il peso che ha nella vicenda. Gastone e Giuseppe sono interpretati da Blagoj Nacoski, che vanta un curriculum di tutto rispetto e qui oltre alla prestanza fisica esibisce un bel tono e timbricità accattivante oltre al meraviglioso golden retriver che con lui appare all’inizio del secondo atto suscitando tutte le simpatie del pubblico, così come al finale a ricevere gli applausi con Blagoj. Roberto Gentili, Claudio Mannino e Rocco Cavalluzzi, hanno ben reso i loro ruoli con fermezza e caratterizzazione.
Trattandosi di una produzione del Teatro Coccia, vale la pena (oltre che doveroso) spendere qualche parola su gli ‘attori realizzatori’.
Corinne Baroni direttrice del teatro che ama, ha creato una sorta di anteprima ed infatti prima della rappresentazione con il direttore musicale ed il segretario artistico, raccontano l’opera in platea; dal primo esperimento di qualche mese fa ad oggi il pubblico presente è aumentato in modo esponenziale a significare quanto la vicinanza con il pubblico sia pagante per entrambe le parti. Trattandosi dell’ultima opera in cartellone di stagione la signora Baroni è apparsa sul palco ante ouverture per ringraziare il pubblico ed invitarlo alle produzioni future. Il teatro ha un suo pubblico e svolge veramente il ruolo di ‘teatro di tradizione’, con una buona azione complessiva di marketing e comunicazione di Serena Galasso.
Il direttore musicale ed in questo caso anche direttore d’orchestra Matteo Beltrami ha diretto con consapevolezza e passione preservando le magiche atmosfere intrise di poesie che la partitura racchiude; attento ad ogni dettaglio vive la direzione con l’orchestra ed il palco in simbiosi perfetta, dedicando fedeltà alla scrittura ed amore alla realizzazione.
Le Scene di Sergio Seghettini sono davvero eccellenti e realizzate con la semplicità quasi contemporanea della regia. I costumi di Matteo Zambito rispecchiano esattamente l’epoca in cui si è riambientata la vicenda e di grande impatto ed efficacia le luci di Ivan Pastrovicchio che nella loro semplicità, sanno accuratamente accentuare il significato dei vari momenti e dell’idea registica.
Il coro San Gregorio Magno è consolidato e meriterebbe una recensione a parte per le abilità interpretative nell’assunto complessivo.
Veniamo ora alla regia di Renato Bonajuto. Questi ha riportato la narrazione verso gli anni 60, ai tempi del grande boom economico e con i primi respiri di innovazione totale, quando germogliavano già le voglie di cambiamento, di liberalizzazione e di superamento del perbenismo talvolta bigotto che ancora opprimeva la nostra società, seppur non erano ancora sopiti i ‘si fa, ma non si dice’ e soprattutto i falsi comportamenti di convenienza sociale che sempre offuscano anche le migliori intenzioni e le migliori volontà.
Siamo a Novara, proprio sulla piazza del Teatro ed infatti affiorano le sagome dei palazzi circostanti, del Castello (recentemente riportato a nuova vita) e del Coccia stesso.
Fin dal celebre brindisi iniziale affiorano il libertinaggio nascosto che sta emergendo alla luce, amori diversi accettati in ambienti ricercati ed un gran desiderio di essere se stessi ! La danza delle zingarelle è realizzata con sapiente eleganza, evitando le danze, con un solo accenno delle coriste in un tripudio di colori. Viene poi la volta dei toreri ed allora ad evidenziare il costume è una lap dance comme il faut a sinistra della scena, mentre a destra una danza erotica con spogliarello del danzatore.
Per sintesi, corro al quarto atto: la scena è buia, completamente buia con una sola luce sul letto di Violetta che sta vivendo le poche ore che le restano: tuttavia spera ed in una sorta di estrema follia vede spiriti, fantasmi e rivive la sua vita con il celebre ‘Addio al passato’. La scena è appunto popolata dai fantasmi di Annina, il medico Grenvil, Alfredo e Giorgio Germont, tutti con lo stesso funebre abbigliamento a simboleggiare l’evanescenza delle presenze, quando sul letto di morte si è sempre soli! La musica diretta da Beltrami si fa dolce, non straziante, ad interpretare quasi la scelta, l’accettazione di una situazione resa più dolce dall’apparizione dell’amato bene ed ecco che l’Amore, con l’A’ maiuscola riesce sempre a capire, perdonare e tutto superare. All’ultimo respiro di Violetta appare sullo sfondo l’anima materializzata di Violetta, che già riappropriatasi di un etereo corpo ritorna sul luogo della sua vita, in questo caso al Coccia di Novara!
La Musica vince sempre!
Renzo Bellardone
Credit Foto Mario Finotti
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