“Che bei tempi! Erano i tempi delle spaghettate, delle grigliate improvvisate, delle partite a carte davanti al camino della tua villa, durante le festività natalizie … E le notti brave; le infinite risate; le innocue bugie dei compiti non fatti; e tutte le marachelle della giovinezza …
” Caro Renato, stamattina in chiesa eravamo tutti attoniti! Tu, dentro una cassa di legno chiuso lì per sempre. Dalla prima fila i tuoi tre ragazzi ascoltavano con dignitosa compostezza l’omelia per il tuo ultimo saluto alla vita: questa terrena, si spera! E poi Gianni, carissimo amico e compagno di scuola, tra singhiozzi soffocati e non trattenuti, ha parlato di te, ha voluto in questo modo renderti omaggio e salutarti per sempre. Lo ha fatto in modo semplice, senza termini artefatti, senza nessuna ricercatezza, ma lasciando ben trasparire la tua essenza con singolari esempi. Lui era il tuo miglior amico, si è definito un fratello e infatti conosceva molto bene tutta la tua travagliata vita, e la tua indiscussa generosità e signorilità. Tutto vero … E sei stato sempre così, sin da ragazzo, malgrado la vita non sia stata generosa con te. Ti ha messo a dura prova sin dall’adolescenza con la morte di tuo fratello Riccardo, il primo vero immenso dolore. Ora l'avrai riabbracciato. Ricordo ancor oggi la tua sofferenza. E posso assolutamente confermare fino alla fine dei tuoi giorni terreni. Avevi soltanto 52 anni e molta vita da vivere, e sei volato via in pochissimi giorni per una diagnosi nefasta. E tu, sempre pronto ad incoraggiare tutti: i tuoi cari, i figli, gli amici, i colleghi di lavoro e perfino i conoscenti. Sembravano ben preparati, e raccontavano quanto minimizzassi dinnanzi a loro, e quanto avessi accettato di morire, quasi con razionale rassegnazione. Noi, quelli del liceo scientifico siamo così: analitici, ma con un gran cuore! Eri consapevole, e senza tanti giri di parole, così mi ha raccontato una comune amica tra le lacrime. Perdonami se non ti ho cercato al cellulare, so che altri amici lo hanno fatto, me lo hanno detto, ma io non ho avuto il coraggio perché non avrei saputo cosa dire, che termini utilizzare. Renato eri troppo intelligente per lasciarti confortare da deboli parole, o magari da chissà quali promesse di speranza di possibile guarigione o di un più “luminoso futuro”: nell’alto dei cieli. Questo vorrei sperare per te, perché lo meriti, e anche per noi tutti! E se è così, finita l’esistenza travagliata si annuncia un’eternità meravigliosa ... Spesso il dolore resta soffocato in un grido muto, com'è successo a te, e anche a tanti di noi, perché non si può più - come quando si era ragazzi ed era normale e consentito - urlare e ribellarsi. Ora si piange in silenzio, quasi vergognandosi, e mantenendo fuori una corazza sempre sorridente e felice anche quando non è vero, anche se non si è felici di vivere, e troppe volte non lo si è! L‘omelia del sacerdote mi è piaciuta e ti sarebbe piaciuta: lo so! Alcuni argomenti saranno spunto di riflessione quando sarò più serena. E anche se ricca di accenni biblici, non è sembrata scontata. C’erano molti compagni di classe, alcuni senza capelli, alcuni un po’ ingrassati, altri decisamente cambiati. Ma gli occhi erano gli stessi: vivi, vigili, e ricolmi di pianto! Nessuno ha detto ci rivedremo, perché è inutile essere ipocriti, non sarà così, lo sappiamo: non è mai così. Però una cosa è vera: l’affetto sincero non si è perduto. Siamo venuti per te perché su quei banchi di scuola si è consumata un pezzo della nostra vita, forse la migliore, anche se a quei tempi non ne eravamo consapevoli. C’era tanta verità e purezza, ed erano perfino belle le nostre liti per quelle “sciocchezze”. Oggi non si litiga più per quelle straordinarie banalità perché siamo diversi, molto cambiati, e tutti impegnati ad inseguire la carriera e il successo ad ogni costo, o a sopravvivere in questa giungla chiamata vita. E poi, un bel giorno, si va dal medico per un “banale disturbo” - così si crede - com’è successo a te, e in pochi giorni si chiude il capitolo di una vita, un’esistenza che nessuno potrà mai restituire, o raccontare, se non lo stesso protagonista. Non ti è stato concesso neanche il tempo per raccontarlo, o per sistemare alcune faccende che ti stavano a cuore. Bene, Renato, racconterai la tua vita a chi dovrà ascoltare le tue ragioni, a chi ti dovrà spiegare tutti i perché che tante volte non riesco a comprendere; tutte le ingiustizie a cui siamo sottoposti ogni giorno; e le infinite mostruosità … E se tutto è giusto, ti prego di chiedere perdono anche per me, perché adesso non posso, non riesco! So che lo farai anche per me, con la stessa signorilità di sempre.
Con affetto.
Marina De Luca
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