2 luglio 1961, 47° Gran Prix de l’ACF, Reims (Francia): fa il suo esordio un giovanissimo pilota italiano, Giancarlo Baghetti. Guida una Ferrari 156 F1 della FISA (Federazione italiana sport automobilistici). Alla gara partecipano nomi da fare terrore: Jim Clark, Innes Ireland, Bruce Mclaren, Graham Hill, Jo Bonnier, Roy Salvadori, Phil Hill, Masten Gregory, Richie Ginther, Stirling Moss, Willy Mairesse, Maurice Trintignant, Wolfgang von Trips, Hans Herrmann, Jack Brabham, John Surtees, Olivier Gendebien. Li ho citati quasi tutti in modo intenzionale, per dare l’esatta idea dei valori in campo. Alcuni, infatti, diventeranno campioni del mondo. Tutti, in ogni caso, dal piede pesante e dal cosiddetto pelo sullo stomaco. Dunque, per un esordiente sarebbe stato già un successo qualificarsi e terminare la gara negli ultimi posti. Invece, quel giovane di 27 anni, si colloca in 12^ posizione nelle prove e vince la gara! Un’impresa storica, rarissima. Solo Nino Farina, il primo campione mondiale di F1, ha vinto all’esordio. Baghetti brucia sul traguardo la Porsche di Dan Gurney e la Lotus di Clark. Per rendere onore al trionfo di Reims lo chiamavo, appunto, il francese. Decisamente il 1961 è il suo anno di grazia: vince altre due corse famose, anche se non valide per il Campionato del mondo: Napoli e Siracusa. Tre vittorie nelle prime tre gare! Eugenio Dragoni, che voleva lanciare un talento italiano in F1, ha visto bene: Baghetti diventerà pilota ufficiale della Ferrari nel 1962. Poi, come spesso accade nella vita, le cose non andarono per il giusto verso e la stella non riuscì a brillare come avrebbe potuto e dovuto. Non per sua colpa, però, contro la sfortuna non si può nulla. A Siracusa, in particolare, si esaltava ed esaltava: un coraggio impressionante e una bravura ancor più.
Anche in Targa Florio ha donato momenti di autentica gioia agli appassionati. Purtroppo, il suo nome non è scritto nell’albo d’oro, ma non ha importanza, ribadisco che non occorre vincere per entrare e rimanere nel cuore dei tifosi. Nel 1962, in coppia con Bandini e a bordo della Ferrari Dino 196SP, giunge secondo per colpa di un’uscita di strada che gli fa perdere quasi quindici minuti. Nel 1966, su Ferrari Dino 206S, ancora secondo con Jean Guichet. Peccato! Ho avuto modo di osservarlo molte volte e di parlargli. Calmo, sorridente, gentile, disponibile. Gli piaceva il contatto con la gente, non risparmiava né autografi né foto. Proprio nel 1966 gli parlai a lungo, durante le prove: chiesi alcuni particolare tecnici e rispose con grande amabilità, da vero gentiluomo. E poiché la timidezza mi ha sempre condizionato, fu lui a esortarmi e sostenermi, accorgendosi dell’imbarazzo. Per un ragazzino, esperienza indimenticabile. Ma si comportava in tal modo con chiunque. Tant’è che, alla soglia della senilità, ho il privilegio di rendergli onore e conservo quei momenti nell’albo d’oro del mio cuore. Un grande dolore perderlo per sempre a 61 anni! Ciao, grande e nobile francese.
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