Il computer ha decretato la fine della vecchia e cara macchina per scrivere, fino a qualche decennio fa strumento indispensabile a giornalisti, scrittori e impiegati di tutto il mondo. Funge ormai da soprammobile, come la macchina da cucire della nonna. Ma tant’è: c’è chi nasce e c’è chi muore. Christofpher Latham Sholes è nome del tutto sconosciuto ai più, ma il 10 giugno 1868 brevettò l’apparecchio, destinato a rimanere invariato fin quasi ai nostri giorni. Americano, esattore delle tasse, postino, giornalista ed editore, riprese l’esperienza di Giuseppe Ravizza, avvocato di Novara, che il 14 settembre 1855 brevettò a sua volta una macchina di 32 tasti quadrati, collegati ad altrettanti martelletti collocati a semicerchio. Si chiama cembalo scrivano, l’antenato della macchina per scrivere. L’innovazione consiste nella risoluzione di un problema: l’inchiostratura. Ravizza, infatti, adopera un nastro imbevuto d’inchiostro che scorre ed è dotato anche di campanello. Purtroppo, il prototipo resta incompleto per mancanza di capitali. Nobile la motivazione che spinse l’avvocato piemontese a costruire la macchina: consentire anche ai ciechi di scrivere. In precedenza, il meccanico inglese Henry Mill, il 7 gennaio 1714, ottenne dalla regina Anna il permesso per brevettare uno strumento in grado di scrivere artificialmente. Purtroppo, non si hanno più notizie attendibili su questo primo tentativo. Conosciamo solo il numero del brevetto (385) e il titolo: “Per una macchina artificiale e un metodo per imprimere o trascrivere le lettere, singole o in progressione una dietro l'altra, così da concentrare tutto lo scritto sulla carta o sulla pergamena in maniera tanto chiara e pulita da renderlo indistinguibile da un'opera stampata”. Un altro inventore prima di arrivare a Sholes: il 23 luglio 1829, l’americano William Austin Burt mette a punto la cosiddetta “pressa familiare”. Si tratta di un altro passo in avanti, ma l’apparecchio presenta alcuni inconvenienti, come l’inchiostrazione manuale. Comunque, Burt scrive la domanda di brevetto con la sua stessa invenzione e tale escamotage entusiasma il presidente Jackson, che firma senza esitazione. Finalmente, Sholes. Sono tante le innovazioni che apporta: nastro inchiostrato, rullo portacarta a scappamento, e tastiera Qwerty, che ha le lettere dei primi sei tasti posizionati nelle fila superiore. Inoltre, mette le lettere in modo tale da potere essere battute alternativamente dalle dita delle due mani. L’invenzione ha immediato successo. Nel 1873, la Remington Fire Arms Co., fabbrica di fucili, acquista per 120 mila dollari il brevetto e inizia massicciamente la produzione. La nuova macchina pungola il genio di Mark Twain, pseudonimo di Samuel Clemens, che le dedica un articolo satirico scritto proprio con essa. Il primo romanzo fu Le avventure di Tom Sawyer, pubblicato nel 1876. Esistono, però dubbi sulla notizia. Pare, infatti, che il primo sia stato, nel 1882, Life on the Mississippi e che, inoltre, Twain avesse acquistato una Remington per la facilità d’uso, restituendola e riprendendola per ben due volte. L’esclusiva del primo lavoro letterario dattiloscritto fu contestata dalla scrittrice e attrice Fanny Kemble. Esiste anche una controversia sulla paternità stessa dell’invenzione, che molti attribuiscono all’artigiano austriaco Peter Mitterhofer. L’inventore si rivolse due volte ai tecnici del Politecnico imperiale di Vienna, ma non fu ascoltato con la dovuta attenzione. Mitterhofer costruì cinque modelli di macchina per scrivere, tra il 1865 e il 1869. Morì in condizioni di solitudine e indigenza. Solo nel centenario della sua morte, il comune di Parcines (Tirolo), sua città natale, ha dedicato un museo alla macchina per scrivere.
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